giovedì 25 marzo 2021 - Phastidio

Il fantasma dell’inflazione che aleggia tra mercati e banche centrali

Forti stimoli fiscali accomodati dalla politica monetaria, che promette di tenere bassi i tassi, mettono sul chi vive gli investitori, che potrebbero liberarsi del debito e causare forti turbolenze all’economia reale

di Mario Seminerio – Domani Quotidiano

È in corso un braccio di ferro, tra mercati finanziari e banche centrali. Soprattutto una, la più potente del pianeta, la Federal Reserve americana. Un braccio di ferro che ha al centro un fenomeno di cui ci eravamo scordati e che ora è balzato ai primi posti delle consultazioni sui motori di ricerca: l’inflazione.

Il forte stimolo fiscale dell’Amministrazione Biden e del Congresso a controllo Democratico causerà una brusca risalita dei prezzi? L’alleanza tra politica fiscale e monetaria, con la prima che fa debito e la seconda che in qualche modo lo accomoda, promettendo di tenere bassi i tassi, segna di fatto un epocale cambio di paradigma. Ma rischia di dover fare i conti con un terzo, decisivo incomodo: il mercato finanziario, cioè gli investitori. 

La montagna di debito

Il mondo è letteralmente sommerso da debito, emesso grazie alla politica di tassi a zero e sotto zero delle banche centrali. Questo debito è nei portafogli d’investimento, grandi e piccoli. Un tempo, quando i tassi erano positivi, funzione delle obbligazioni era quella di proteggere dai ribassi azionari. Oggi, con rendimenti ai minimi storici assoluti, quella funzione è venuta meno e non tornerà prima di un rialzo che, per evitare crolli e disordini monetari, dovrà essere graduale. 

Ma è difficile chiedere gradualità ai mercati finanziari, che tendono ad anticipare gli eventi con velocità del tutto incompatibile con quella dell’economia reale, che da essi viene condizionata, in una sorta di profezia che si autoavvera. 

Ecco quindi la forte risalita dei rendimenti, e il conseguente calo dei prezzi delle obbligazioni, che negli Usa è ormai motivo di preoccupazione: da inizio anno i titoli del Tesoro a scadenza superiore ai dieci anni hanno perso circa il 15%. Sono perdite teoriche, almeno per chi non ha venduto, ma che difficilmente possono essere ignorate.

Powell e le cene fuori

Il catalizzatore, come noto, è stata l’ultima misura espansiva di Casa Bianca e Congresso, che giunge in un momento in cui l’economia sta ripartendo grazie ai successi della campagna vaccinale. Sarà eccessivo, questo stimolo? Per Jay Powell, che guida la Fed, non esiste problema di inflazione perché, come ha detto in modo suggestivo, “si può uscire a cena solo una volta per sera”. Come dire, riferito al settore dei servizi, che è quello che ha sofferto pesantemente i lockdown, che la loro domanda non può essere immagazzinata.

Vero, ma il problema non sta solo nei servizi. La manifattura potrebbe soffrire di colli di bottiglia non temporanei, legati a tensioni geopolitiche e riconfigurazione delle catene globali di fornitura. Sarebbero shock di offerta anziché di domanda ma la loro durata potrebbe essere non breve, come invece prevedono la Fed e altre banche centrali e istituzioni internazionali. 

Sopra queste considerazioni si pone tuttavia la reazione degli investitori. Che potrebbero non accettare l’ipotesi di temporaneità dei rialzi dei prezzi e decidere di liberarsi delle obbligazioni. Questa del resto è, da sempre, caratteristica dei mercati finanziari: la loro capacità di inverare profezie. Investitori messi sul chi vive anche dal nuovo obiettivo della Fed: accettare “temporanee” pressioni sui prezzi per recuperare i lunghi periodi in cui i medesimi sono stati inferiori all’obiettivo della banca centrale. 

Braccio di ferro tra banche centrali e mercati

Un rialzo disordinato dei rendimenti costringerebbe le banche centrali a comprare a pie’ di lista i bond di cui gli investitori si sbarazzano e potrebbe causare crolli azionari e disordine monetario, destabilizzando il dollaro. 

La Fed ha deciso, di concerto con la sua ex presidente oggi Segretaria al Tesoro, Janet Yellen, che l’economia va “surriscaldata” per riassorbire la disoccupazione tra le minoranze e i soggetti marginali del mercato del lavoro ma occorre essere vigili, visto che un aumento dei prezzi colpisce proprio quelle categorie deboli che si vuole difendere e riattivare al lavoro. 

Un tempo si diceva ai mercati finanziari “non combattere la Fed”. Ora potremmo scoprire che il consiglio si è rovesciato.

Foto: Federalreserve/Flickr




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