giovedì 24 dicembre 2015 - Antonello Laiso

Il diritto di una scelta

La signora Dominique ha evitato per sua scelta che il male incurabile di cui era afflitta le togliesse, oltre che la propria vita, anche la dignità e la serenità di fare una morte migliore,una morte assistita, di scegliere, ha ottenuto l'eutanasia in Svizzera vivendo libera di scegliere fino alla fine ovvero per il tempo che le rimaneva ancora disponibile per fare tale tipo di scelta.
È incredibile la sordità a tale tema, ai suggerimenti e agli appelli del mondo scientifico. Considerando che per la comunità scientifica a partire dalla Federazione degli ordini dei medici “che ha presentato da tempo al Parlamento un documento, scritto e votato a Terni nel giugno del 2009, in cui si chiarisce che alimentazione e idratazione artificiale sono terapie che vanno somministrate mediante consenso informato e che vanno sospese quando questo consenso viene meno”.
 
Urgono modifiche strutturali sul biotestamento che non pongono quei limiti per quel diritto di scelta attualmente non concesso benché in altre nazioni sancito. Quella "sentenza" legislativa, ovvero che la nostra vita non ci appartiene è una "sentenza" anticostituzionale, e dovrà in futuro essere cancellata con eventuale referendum. Quel diritto alla vita a tutti i costi deciso da altri per noi non pone alternative per la scelta di un diritto altrettanto legittimo di non restare aggrappati né a quelle macchine che tengono in vita artificialmente quei nostri organi vitali, né ad aspettare una morte che busserà di sicuro, ma quando e come vuole, magari tra atroci sofferenze.
 
Chi ha sempre predicato per una vita che non ci appartiene deve avere lo stesso rispetto e consapevolezza per quella vita che non è più tale. Una vita è vita quando vi sono tutti quei requisiti atti a definirla tale, comprese le cure quando necessarie ed efficaci. L'accanimento terapeutico per una vita che non esiste più non ha senso, non porta giovamento, non potrà portarlo.
 
Non si può pretendere quell'imposizione che ci priva di un altrettanto diritto subordinato solo alla nostra ragione e coscienza e di quella di chi ci è accanto in quei particolari momenti, ossia il diritto alla morte. Molte situazioni specifiche del tema in oggetto, per essere capite, dovrebbero far parte del nostro vissuto o della nostra conoscenza indiretta a casi del genere sotto i nostri occhi, Piergiorgio Welby o Eluana Englaro ne sono esempi.
Il dolore tante volte non può essere compreso, se non da chi ha provato o è stato partecipe di quello stesso dolore. Quegli insegnamenti religiosi fondati in quod pugnat malis et doloris e contrari a tali decisioni per un diritto di scelta dovrebbero considerare quelle sofferenze e quei dolori in tutti i sensi per chi non può decidere e chi sta vicino in quelle situazioni non più considerate vita biologica.
 
Quella misericordia necessaria non potrà essere attuata se non con molte difficoltà solo da quella scienza che ha deciso in tale senso. Porre fine ad un agonia non è un peccato, non può essere visto come tale, sarebbe un'offesa, sarebbe esso stesso un peccato, porre fine a una sofferenza può essere un semplice atto d'amore.



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