mercoledì 8 agosto 2018 - Pressenza - International Press Agency

Il caporalato uccide, l’indifferenza pure. Un appello

Ancora una strage di lavoratori, schiacciati non solo da lamiere accartocciate sulle strade italiane dopo aver raccolto pomodori per due euro l’ora, ma dallo sfruttamento da parte di padroni, padrini e sfruttatori vari. 

Sono lavoratori uccisi dal bisogno, dalla disperazione, da un lavoro lasciato troppo spesso nelle mani del mercato criminale e dall’indifferenza. Ma anche dalle lacrime di coccodrillo di chi dopo ogni strage invoca controlli e (contro)riforme, salvo riprecipitare nell’oblio dopo pochi giorni, per poi riparlarne alla strage successiva, dimenticando che nel nostro paese vi è un morto sul lavoro ogni otto ore e duemila infortunati al giorno: quindi ogni giorno è strage.

Chi evoca il “business dell’accoglienza dei migranti” e la conclusione della “pacchia” per quanti si mettono in mare dall’Africa, nulla dichiara in merito alla “pacchia del business” che con i contadini senza terra, soprattutto migranti (ma anche autoctoni), fanno centinaia di imprenditori italiani da Saluzzo a Foggia. Per questi “colletti bianchi color sangue” senza scrupoli che tiranneggiano e sfruttano, i “porti restano aperti”, possono esportare i loro prodotti ovunque. L’economia di un territorio vale molto di più di 16 vite umane, specie se africane! E ogni giorno aumenta la responsabilità di chi non vede, non sente, ma parla quando si contano i morti. Solo nell’agricoltura sono 430 mila i lavoratori e le lavoratrici sfruttati, di cui 130 mila in condizioni paraschiavistiche. E poi c’è l’edilizia, i trasporti, i servizi etc.

Per questo non facciamo appello alle Istituzioni, le quali conoscono i loro doveri e se non li adempiono ne risponderanno davanti a chi democraticamente li giudica e controlla. Vogliamo invece rivolgerci a uomini e donne di buona volontà che non vogliono chiudere gli occhi davanti a un prodotto sottocosto sul banco di un supermercato, dietro il quale c’è una filiera che inizia con il sangue di disperati, migranti e italiani. Chi produce, vende, compra, usa un tale prodotto è l’altro capo dello sfruttamento. E non può più rimanere indifferente.

Facciamo appello ad associazioni, sindacati, persone e organizzazioni che ogni giorno vivono e combattono la violazione di diritti umani, le mafie, il caporalato, la tratta e ne sopportano il peso, vedendo calare ogni anno l’indice di dignità e legalità, dunque di democrazia del paese.

Non ci stancheremo di ripetere che lo sfruttamento del lavoro, il controllo del territorio e l’umiliazione della persona sono il terreno in cui nascono e crescono le mafie. Così come contro le mafie, non basta chiedere che tutte le istituzioni facciano la loro parte, ma è necessario che ciascuno di noi apra gli occhi e combatta collettivamente perché i diritti non vengano dopo i prezzi, le persone dopo i prodotti, gli interessi economici criminali e illegali prima del lavoro legale.

Bruno Giordano, magistrato presso la Corte di Cassazione

Marco Omizzolo, sociologo

Carlo Colloca, sociologo dell’ambiente e del territorio

A questo appello, con idee e fatti, si può aderire scrivendo a [email protected]




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