venerdì 3 gennaio 2014 - Luigi Colella

Il bullismo mediatico di casa nostra

Asimmetria di potere, intenzionalità e sistematicità sono le caratteristiche che identificano una particolare forma di comportamento meglio conosciuta come bullismo. 

Siamo abituati a sentir parlare di questo fenomeno attraverso i media che ci raccontano del classico bullismo scolastico, ma spesso non ci si rende conto che proprio i media, alcuni media, anche alcuni media, attuano giornalmente il bullismo mediatico.

ASIMMETRIA DI POTERE

Tra le parti coinvolte, “il bullo” e “la vittima”, c’è una differenza di “potere”, dovuta principalmente alla forza mediatica del primo.

Anche se qualcuno prova a minimizzare asserendo che la libertà di espressione personale non è contestabile (tutti conosciamo l’art. 21 della Costituzione), l’arte della parola è appunto, un’arte, e come tale è un potere che bisogna saper usare e gestire.

Il problema sorge quando non c’è fondamento in alcune argomentazioni, o peggio ancora quando si sfoggia l’arte di sfruttare le “giuste parole” a proprio favore con l’obiettivo di persuadere il proprio uditorio “denigrando terzi“. Abitudine che sempre più spesso capita anche fuori dalle aule di tribunale dove la ricerca delle totale assoluzione dal reato o della pena minima per il proprio assistito, avviene attraverso arringhe capaci di capovolgere a proprio beneficio l’oggettività degli atti processuali, dimenticando che uno studio televisivo, una pagina di giornale o un post, non sono un tribunale.

La forza mediatica del bullo cartaceo è ovviamente relativa, semmai più di facciata, in quanto si può essere anche la testata più venduta in un comprensorio, ma con numeri irrisori. 

Pochi numeri ma che fanno opinione, specie nei bar, in coloro che si soffermano su quanto stampato e non indagano sulla veridicità scritta, coloro che nel tempo di un caffè si erudiscono su ciò che è scritto. Opinioni che fanno breccia in chi fornisce le “note” da stampare e quindi divulga i suoi stessi concetti con altri mezzi.

La “vittima” non ha lo stesso mezzo a disposizione e apparentemente potrebbe avere difficoltà a difendersi rischiando un forte senso di impotenza. Così non è perché, a quanto pare, non c’è la minima intenzione di attuare difese di sorta.

“Difendersi da chi? Da poche centinaia di copie l’anno?” E’ questo che pensa la “vittima” che a stento si cimenta in tali letture che definisce faziose.

L’INTENZIONALITÀ

Il bullismo è una forma di comportamento “aggressivo” che viene messo in atto volontariamente e consapevolmente.

E’ infatti cosa comune che se un organo di stampa basa la maggior parte dei suoi articoli su “note” provenienti da una parte politica, è palese la tendenza critica a senso unico, peraltro senza contraddittorio.
E’ paradossale che, anche se un mezzo ti mette a disposizione il contraddittorio, capita sovente che chi scrive sui giornali e lo fa anche sui social media, si limiti al suo pensiero e non risponda agli interlocutori. Deformazione “professionale”?

LA SISTEMATICITÀ

Il comportamento succitato viene messo in atto più volte e si ripete quindi nel tempo. Vuoi per colpire più spesso il bersaglio, vuoi per la carenza di altre argomentazioni.

Ecco allora appigliarsi ad altri media, pubblicare post di account personali apparsi sui social network e creare articoli guarniti da titoli a tutta pagina.

Oppure continuare a remare contro anche se si resta sulla stessa barca. O interrogare le istituzioni sui social media invece di farlo nei modi canonici, per non perdere l’allenamento al proselitismo, segno questo che si è sempre in campagna elettorale e che poco importa la rinascita della città.

Di solito è il web che viene etichettato come “canale di propagazione di ingiurie, minacce, piccole o grandi vessazioni”, c’è però chi attinge da questi difetti, prende il peggio dal web, si arricchisce di brutte abitudini.




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