venerdì 20 maggio 2022 - Piero Tucceri

Il brivido della velocità

“Gli anni 2.000 saranno velocità” (Bill Gates)

 

La velocità rappresenta sicuramente uno degli aspetti fondamentali della nostra vita quotidiana. Essa incrocia orizzontalmente ogni aspetto della vita sociale, scientifica e culturale.

Quella della velocità, non è soltanto una questione tecnica e destinata pertanto al conseguimento di esclusivi vantaggi operativi e funzionali: infatti, essa si propone come il momento essenziale della società odierna, investendo ineluttabilmente la competitività interpersonale. Così che, l'obiettivo prefissato appaia sempre più prossimo e quantitativamente più consistente. Solo che, così facendo, risulti sempre più compresso il margine temporale disponibile, con il conseguente appiattimento del presente e la relativa proiezione verso l'utile immediato. Il frenetico processo di accelerazione, implica fra l'altro la ulteriore frammentazione degli specialismi, mentre il continuo mutare delle informazioni rende impraticabile il valore dell'esperienza trascorsa.

Si sente sempre più spesso parlare di qualità della vita. Peccato soltanto che l'odierno ritmo sociale celi scelte strategiche prospettanti eterogenee modalità di aggregazione culturali e di pensiero.

Il concetto di velocità evoca automaticamente la questione della efficienza e della rapidità nella comunicazione. Questo aspetto nasconde però il fenomeno dello spreco, dell'usa e getta, il quale non consente di valorizzare in maniera appropriata i prodotti e le proposte del mercato. Queste sono le mode, le espressioni contingenti, finalizzate a frastornare e ad annichilire irreversibilmente l'opinione pubblica dalle tematiche esistenziali.

Dovremmo, di conseguenza, ripensare i nostri ritmi di vita; dovremmo rallentarli, amplificando e approfondendo le nostre potenzialità percettive, riappropriandoci della autentica complessità della vita, focalizzando la nostra presenza attiva e proiettandola nello spazio e nel tempo personali. Anche perché, in fondo, l'innaturale ritmo imposto dalla velocità altro non traduce che la sfida lanciata dall'uomo alla morte. Quasi che, facendo tutto più in fretta, si potesse vivere più a lungo. Quando in effetti ciò vuol dire semplicemente rendere più prossima la propria fine.

Uno dei cardini della società occidentale, è il funzionalismo, legato a sua volta all'incessante evoluzione tecnologica. La priorità di questo aspetto si relaziona con uno pseudosviluppo economico articolato sull'aspetto quantitativo più che su quello qualitativo, comportante il dispendio delle risorse umane e naturali in senso riduttivo e di breve durata.

L'informazione dominante, si propone di frastornare il pubblico riversandogli addosso ingenti quantità di notizie sistematicamente svuotate di ogni riferimento critico, le quali, anziché promuovere lo sviluppo individuale, ne espropriano le implicazioni dialettiche, tanto da renderlo inerte di fronte all'impetuoso accavallarsi degli eventi e delle comunicazioni.

Un sempre più frenetico ritmo di vita, mina inoltre le menti e le coscienze, espropriando le persone della capacità di riflessione, oltre che della memoria, esitanti nell'oblio delle pregresse esperienze di vita, dei relativi insegnamenti ricevuti e rendendole di conseguenza vulnerabili in maniera assai più rapida alla reiterazione degli errori precedente commessi.

Il delirio di onnipotenza dell'uomo tecnologico, comporta la sottostima di questioni di prioritaria importanza per l'equilibrio interiore di ciascun individuo, generando dubbi e perplessità sul futuro. Tale angosciante situazione, solleva un inquietante interrogativo: cosa nasconde la vertiginosa corsa dell'umanità verso il futuro? Così essa cerca di nascondere il senso di inquietudine prodotto dall'ineluttabile attesa della morte o altri aspetti della coscienza etica? O, piuttosto, avevano ragione gli Indiani Nativi d'America, quando ricordavano: “La velocità non giova a nulla se si corre nella direzione sbagliata”?

 




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