martedì 31 gennaio 2023 - Mario Barbato

Il bilancio dei primi cento giorni del governo Meloni tra immobilismo e passi indietro

Il bilancio sui primi cento giorni del governo Meloni non si può dire che sia positivo. A questo ci credono solo gli elettori della destra, i fan della premier della Garbatella, e forse neanche più loro. Il governo ha attraversato questa fase facendo un passo in avanti e cento indietro, distinguendosi più che altro per immobilismo e indecisioni politiche. 

La premier ha preferito finora seguire le orme di Mario Draghi e la sua agenda di governo, così, tanto per andare sul sicuro. Non appena ha osato prendere una decisione autonoma, come nel caso del prezzo della benzina, si è infilata in un pantano dalla quale non sapeva più come uscirne. Certo, la coperta era troppo corta e sborsare un miliardo al mese per tenere basso il prezzo del carburante non era facile. Ma il tentativo di scaricare la colpa sui benzinai è stata una mossa scellerata che ha fatto imbestialire buona parte degli italiani, già irritati da certi ripensamenti di Meloni, come nel caso del ritiro di Opzione Donna. 

La strategia della premier finora è stata una sola: rinviare continuamente. La premier decisionista si è trovata impegnata a non decidere un bel niente: sulle concessioni balneari, sull’autonomia differenziata, sugli investimenti del Pnrr, sul presidenzialismo, sulla riforma della giustizia, su un fantomatico blocco navale contro gli immigrati che non poteva mai essere applicato, per questione di diritto internazionale. Quanto fumo la Meloni ha gettato negli occhi degli elettori! Parliamo di quella fascia di votanti che, dopo averli provati tutti, hanno deciso di provare pure lei. Perché è inutile dire e ribadire che Meloni è stata votata più per speranza, che per convinzione. 

Non si pensi però che la prima presidente del Consiglio proveniente dalla destra più radicale ed estremista se ne sia stata con le mani in mano. E infatti lei è attivissima. Ma non sul fronte interno, quanto piuttosto su quello esterno. La Giorgia nazionale viaggia a destra e a sinistra per assicurare i poteri internazionali che gli slogan antieuropeisti, urlati nelle orecchie degli elettori, erano solo una favoletta per racimolare voti e consensi, facendo leva sul nazionalismo degli italiani. Un nazionalismo che si è sbriciolato come fette biscottate davanti ai diktat di Bruxelles. Chi se la sarebbe immaginata la sorella Giorgia trasformata in sacerdotessa del rigore, dei conti pubblici, dell’austerità finanziaria, dello Spreed e dei Mercati?

Giorgia Meloni ha indossato alla perfezione la maschera della Masaniella che guidava il popolo italiano alla riscossa contro l'arroganza europea. Poi, salita al governo, ha indossato la maschera dell'asservimento europeista, rassicurando le lobby e le cricche. Più che una rivoluzionaria, Meloni sembra l'ennesima cortigiana. Ma pure per essere cortigiani ci vuole abilità. Soprattutto quando si tratta di convincere gli italiani che quello che hai promesso in campagna elettorale erano destinato a rimanere lettera morta.




Lasciare un commento