venerdì 14 ottobre 2016 - enzo sanna

Il Nobel a Dylan, poeta in jeans e stivali a punta

Ci sono voluti circa vent'anni, ma alla fine è arrivato. E sì; da tanto si vociferava di una probabile investitura a Bob Dylan del più alto riconoscimento mondiale in campo letterario. Ora si può (e si deve) dire che se lo è pienamente meritato e ciò a onta dei detrattori, non pochi, per i quali premiare un cantante equivale a sminuire lo stesso istituto del Nobel.

Se ne facciano una ragione quegli intellettuali con la puzza sotto il naso, pronti a denigrare chiunque non rientri nei ristretti canoni da loro definiti, nei recinti che solo a loro è dato pascolare, nei salotti ristretti in cui pochi eletti possono sorseggiare cultura. Dylan, e con lui tanti altri nel resto del mondo, ha portato cultura in ogni strada, in ogni stanza, in ogni corridoio, in ogni prato, persino in ogni cesso. Le sue rime mai scontate, mai banali, hanno saputo toccare le corde più sensibili dell'animo umano.

Si può sostenere che il Comitato per il Nobel, premiando Dylan, abbia voluto lanciare un segnale forte all'universo della cultura obbligando di fatto gli intellettuali a scendere dai piedistalli per confrontarsi col mondo contemporaneo a trecentosessanta gradi, senza pregiudizi, senza barriere, senza muri, riappropriandosi del ruolo che fu loro negli anni sessanta e seguenti dello scorso secolo, quelli appunto del giovane Bob.

Uno degli extra-dotti regimentati, intervistato da una rete radiofonica, ha sostenuto essere una forzatura il considerare Dylan un poeta in quanto l'uomo scrive testi per canzoni, con ciò che ne consegue. Dunque, secondo costui, spogliando il testo dalla veste musicale e leggendolo su carta si perde gran parte del fascino. Insomma, il testo scritto su un foglio non è più poesia. Sarà, ma per fortuna milioni di persone al mondo la pensano diversamente. Eppoi, dobbiamo ricordare noi a questo intellettuale che la poesia è esistita ben prima della carta e persino della scrittura?

Non vi è obiezione tale da poter sminuire il significato di un riconoscimento ampiamente meritato, da far inorgoglire anche molti della generazione che con Dylan e i suoi versi hanno condiviso gli ideali di pace, uguaglianza, solidarietà, giusta distribuzione della ricchezza, diritto alla cultura, alla salute, al futuro, quegli ideali oggi, e da qualche decennio, calpestati se non derisi da governanti cialtroni e venduti.

Chissà se i membri del Comitato per il Nobel nel decidere hanno anche pensato a un atto dissuasivo diretto all'elettorato americano innamorato di uno come Trump? Ora attendiamo le celebrazioni ufficiali convinti che Bob Dylan si presenterà a ritirare il premio con tanto di frac e farfallino, come da tradizione. Ma controlliamogli i piedi: calzerà gli stivali a punta?

Foto: Elsa Dorfman/Wikimedia




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