mercoledì 18 giugno 2014 - Aldo Giannuli

Il Grande Circo delle istituzioni italiane

Questo è un paese impazzito, lo sappiamo da tempo, ma ormai siamo ai fuochi di artificio.

Partiamo da questa fotografia:

-un Presidente della Repubblica: unico caso di eletto per un secondo mandato, che però ha sempre detto di ritenersi inquilino temporaneo del Quirinale e, nel frattempo, incassa bordate di rara potenza (Friedman, Geithner) ma non si sa cosa altro sia in arrivo;

-un Parlamento delegittimato dalla Corte Costituzionale che lo dichiara frutto di un sistema elettorale illegittimo, che continua come se nulla fosse, pretende di mettere mano alla Costituzione e fa una legge elettorale identica a quella appena bocciata

-un Presidente del Consiglio non eletto da nessuno, che non controlla neppure i gruppi parlamentari del suo Partito, che sognano di liberarsene alla prima occasione. Segretario di un partito che ha stravinto le elezioni, ma che non sa come usare questo successo e dove andare.

In questo quadro, già di per sé desolante, piovono avvenimenti che allargano a macchia d’olio il caos istituzionale presente. Iniziamo dal recente G7 (formula resuscitata ad hoc per escludere la Russia contro la quale si cerca di dar vita ad un fronte euro-americano), preceduto dalle commemorazioni del 70° dello sbarco in Normandia: il Presidente del Consiglio non è invitato alle celebrazioni e non partecipa al G7, dove l’Italia è rappresentata dal Capo dello Stato e non del Governo (unica fra tutti i partecipanti). E questo in una sessione in cui si devono assumere decisioni di non poco conto e con un Presidente della Repubblica, per sua ammissione, pronto a far le valigie.

Avevamo capito che Renzi non sta simpatico agli americani (ne riparleremo), ma non immaginavamo una sberla di questa ruvidezza. Bel modo di iniziare il semestre italiano alla Ue!

Nel frattempo si avvicinano due scadenze istituzionali di non poco conto: il rinnovo del Csm (e nel pieno della bufera che investe la Procura milanese) e quello di 4 giudici costituzionali (2 di nomina parlamentare e 2 di nomina presidenziale, i primi a giugno, i secondi a novembre). Sin qui, la consuetudine era quella di riservare 3 degli 8 seggi in Csm all’opposizione. Quanto alla Corte Costituzionale, siccome la scadenza dei giudici non è collettiva, ma individuale, e che le decisioni del Presidente non possono essere condizionate da intese fra i partiti, non c’è mai stata una vera e propria intesa per la divisione, ma si è sempre avuto cura di riservare qualche posto all’opposizione.

Ma era tutto più semplice: c’era un blocco di maggioranza ed uno di opposizione. Ora le opposizioni, numericamente quasi equivalenti, sono due, per di più le coalizioni si sono sciolte (con l’uscita di Lega e Sel dai rispettivi schieramenti) e ci sono state scissioni nei due partiti di opposizione. E fare i conti è diventato diabolicamente difficile. La soluzione più semplice sarebbe quella di una intesa fra Pd e Fi, mandando tutti gli altri a letto senza cena. Sarebbe una cosa decisamente anti democratica (sommando i voti popolari del M5s con quelli della Lega, di Fdi, di Sel, del centro e il presumibile 4% di Alfano, si ottiene che la maggioranza sarebbe esclusa dal gioco) ma il problema non è questo: figuriamoci: non è la faccia quello che manca! Il problema è che la sommatoria dei parlamentari Pd+Fi supera di pochissimo il 60% dei voti necessari all’elezione dei membri del Csm, basterebbe qualche franco tiratore per mandare tutto all’aria. Poi c’è un altro problema, il Ncd è ancora necessario per fare maggioranza al Senato e questa storia della “doppia maggioranza” non può durare in eterno: potrebbe essere la volta buona che Alfano perde la pazienza e si fa una bella crisi di governo.

Inoltre, bisogna tener conto anche dei 2 giudici che spettano a Napolitano? E Come vincolarlo alla spartizione fra partiti? Come se non bastasse, la non contestualità delle tre votazioni (per i giudici della Corte costituzionale di nomina parlamentare si inizia a votare già adesso, per il Csm a Luglio e le nomine presidenziali sono previste a novembre), rende non del tutto affidabili gli accordi. Infine: il dramma è tutto in casa Pd, dove c’è la sorda lotta fra gruppi parlamentari e Renzi. Si sa che alla Corte Costituzionale aspira da tempo Luciano Violante (qualche tempo fa si era addirittura parlato di un tandem Violante-Pecorella, poi naufragato) e Violante non è uno qualsiasi. Il guaio è che nel frattempo ha iniziato a farsi strada una candidatura della Finocchiaro, altro pezzo da novanta della nomenklatura Pd. Unico modo per far digerire due Pd in una botta sola è metterne uno nella doppietta parlamentare e l’altro in quella Presidenziale. Però, si sa che nel cuore del Presidentissimo c’è da tempo il nome del costituzionalista Michele Ainis, per cui le due caselle presidenziali così sarebbero già occupate, sempre che l’inquilino del Colle sia d’accordo. Però si sa che Ainis non è lontanissimo dal Pd, e, pur entrando come giurista di alto livello, sarebbe comunque un’infornata di 3 su 4 in area Pd, il che effettivamente sembra un po’ troppo.

Senza contare che non è del tutto sicuro che Napolitano resti sino a novembre. Di qui l’idea di alcuni di mediare sulle nomine per il Csm, mollandone una delle 5 riservate alla maggioranza al Ncd. E gli altri tre dell’opposizione a chi? Per primi vengono i giudici costituzionali, ed anche dandone uno a Fi e l’altro al Pd occorrerebbe assicurarsi la compattezza dei due gruppi parlamentari (ed in particolare quello del Pd non sembra fatto di granito), mentre sulla speranza che gli altri votino questo tandem, in attesa di avere qualcosa al Csm, non c’è da fare troppo affidamento, dato che sarebbe alta la probabilità di restar buggerati.

Già, perché il prossimo Csm ha davanti compiti straordinari e delicati (si pensi al nuovo assetto della Procura milanese) e non è aria di sguarnire questa postazione. Per cui il Pd non può fare troppi regali in questa direzione.

Dunque, la cosa più probabile è che l’elezione dei giudici costituzionali si trascini per molte settimane fra votazioni andate a vuoto, per venire a coincidere con quella del Csm e fare un’unica infornata. Ma anche trovando una quadra sulla carta, poi bisogna vedere quale sarà il comportamento concreto dei parlamentari. Quello che si profila è un mega ingorgo istituzionale.

Ovviamente, in tutto questo, nessuno si pone il problema della qualità degli eletti e tantomeno della loro indipendenza e, magari, di un diverso modo di sceglierli, magari cercando l’accordo non sulla brutale spartizione ma su nomi di comune gradimento e garanzia (che sarebbe una bella novità).

Nel frattempo prosegue l’iter della riforma costituzionale più sgangherata del sistema solare (spiegheremo più avanti il perché la definiamo così) e, siccome l’attuale Parlamento è già troppo rappresentativo e legittimato - come ricordavamo all’inizio - lo facciamo sostituendo brutalmente tutti quelli che, nella commissione Affari Costituzionali, non siano allineati alle indicazioni del partiti di maggioranza (Mauro e Mineo), così non si corrono rischi. È una cosa senza precedenti ed, a questo punto, potremmo evitare anche il passaggio in Commissione: tanto vale che si incontrino i segretari di partito o quelli da loro delegati, e facciano il testo da mandare in aula. È una cosa gravissima che dice bene quale sia la concezione del il Pd nutre del ruolo dei parlamentari e spiega il perché non voglia sentir parlare di preferenze. Per il Pd i parlamentari sono meri funzionari di partito che devono eseguire.

A tutto questo poi si aggiungono: i rilievi della burocrazia parlamentare (sia Camera che Senato) sulla questione degli 80 euro, l’inesistenza del ministro degli Esteri in un momento come questo, una ondata di scandali bipartisan che sta mandando in frantumi l’Expo, l’amministrazione comunale di Venezia, la Guardia di Finanza e non sappiamo ancora cosa altro…

Ormai sono saltate tutte le regole: Costituzioni, leggi, regolamenti, consuetudine.. è tutto lasciato al libero arbitrio dei signorotti protempore che, peraltro, non sanno esattamente come usare il potere che hanno e si producono in gag pietose.

L’Italia ha grandi tradizioni circensi, abbiamo avuto il circo Barnum di cui parlò Gramsci, poi il circo Togni ed il circo Orfei fra gli anni cinquanta e gli ottanta. Nulla in confronto a quello che stiamo vedendo ora fra Quirinale, Palazzo Chigi e Montecitorio…




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