mercoledì 24 novembre 2021 - Giovanni Greto

I was sitting on my Patio di Bob Wilson e Lucinda Childs al Teatro Goldoni

Un lungo monologo interpretato da due singoli attori, riprodotto a 44 anni dalla creazione, dal Theatre de la Ville di Parigi, in associazione con il TSV – Teatro Stabile del Veneto

 

Per festeggiare gli 80 anni di Robert( Bob ) Wilson (Waco, Texas), compiuti il 4 ottobre, il Theatre de la Ville – Paris, ha riprodotto uno spettacolo andato in scena per la prima volta il 5 aprile 1977.

I was sitting on my Patio. This Guy appeared. I thought I was Hallucinating – ero seduto nel mio patio. Questo tipo è apparso. Ho pensato di avere un’allucinazione – è stato ideato, scritto e diretto da Bob Wilson, con la coregia di Lucinda Childs( New York, 1940 ), entrambi anche unici attori/interpreti.

A distanza di 44 anni, il lavoro viene rimesso in scena dagli stessi registi, ma con due nuovi interpreti, il tedesco Christopher Nell( Kaufbeuren, Baviera, 1979 ), attore, cantante e musicista, che già aveva lavorato con Wilson( “Faust I und II”, “The Life and Death of Marina Abramovic” ) e la danzatrice australiana Julie Shanahan( Adelaide, 1962 ), per 21 anni protagonista, fino alla morte della fondatrice, nel Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch.

Il testo della pièce risulta difficile da seguire, perché è costituito da un flusso ininterrotto di frasi e di associazioni di idee del tutto casuali e spiazzanti. Ad esempio le tre frasi del titolo potrebbero far pensare ad una storia drammatica : chi è questo tipo e cosa ha in mente di fare all’unico protagonista in palcoscenico?.

E invece non succede niente. Altre frasi slegate fra loro vengono recitate in maniera diversa dai due interpreti, più o meno durante uno stesso periodo di tempo, con un piacevole sottofondo di musiche di J.S.Bach, Franz Schubert, Jean-Baptiste Lully e Michael Galasso, compositore e violinista americano contemporaneo, scomparso nel 2009.

Il primo protagonista, Christopher Nell, è un One Man Show : attore drammatico, cantante cabarettista, che potrebbe ricordare l’animatore-presentatore nel film Cabaret( 1971 ), diretto dall’ex ballerino Bob Fosse, una maschera dell’ambiguità maligna e perversa. La sua recitazione, fatta di grida e gestualità copiosa, cattura l’attenzione dei presenti, i quali dimenticano il non senso di un lungo sproloquio, affascinati dalla bravura di chi sta sul palco.

Completo nero, capelli impomatati, riga perfettamente disegnata a metà del capo, volto imbiancato, un accenno di rossetto, Nell, incrocio fra una drag queen e un giovane dracula, soffre, si infuria e satireggia per quasi tre quarti d’ora, sullo sfondo di un nudo set in bianco e nero, ma con invasioni di azzurro, nella consueta pulizia e limpidezza che contraddistinguono Wilson.

Buio in sala, seguito da una brevissima pausa tecnica.

Il sipario si alza di nuovo e si ricomincia.

Julie Shanahan, capelli rossicci, anche lei col volto imbiancato, indossa un elegante abito lungo bianco, che a volte assume calde colorazioni tenui per effetto delle luci. Ripropone il medesimo testo onirico, logorroico, una melopea dalle molteplici tonalità e sfumature. Ma lo interpreta diversamente dal suo partner, al punto che chi assiste seduto in platea trova difficile credere di ascoltare il medesimo monologo iniziale, solamente recitato da una persona diversa.

Se nel primo tempo dominavano freddezza e precisione, nel secondo subentrano il calore, il colore, un senso di allegria e di stupidità genuine. Julie ricorda le dive del passato, un po’ svitate e un po’ snob come Gloria Swanson in “Sunset Boulevard” ( 1950 ) di Billy Wilder, o Valentina Cortese in “La nuit amèricaine”( 1973 ) di Françoise Truffaut. La sua gestualità è graziosa, mentre la tensione interna di un’anima tormentata è professionalmente ben mantenuta nascosta.

Il telefono vintage, in bachelite nera, che squilla petulante, già da quando gli spettatori si avviano verso il loro posto in sala, un tavolino stretto, un flute di champagne, sono i pochi oggetti che non contribuiscono a comprendere il significato di un’interminabile sequenza di frasi non concatenate fra loro, cosicchè nessuna storia si materializzerà. Tuttavia, non si guarda mai l’orologio. E questo lo si deve alla bravura degli artisti, che alla fine compaiono insieme sul palcoscenico, per ricevere i meritati applausi e improvvisare movimenti di danza che confermano la professionalità e la genuinità del Berliner Ensemble, la celebre compagnia di cui fu membro Nell, e del Tanztheater Wuppertal, anche se orfano della sua creatrice, l’indimenticata, artisticamente inimitabile , Pina Bausch( 1940-2009 ).




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