mercoledì 12 maggio 2021 - paolodegregorio

I ricchi festeggiano....

Warren Buffet, americano, 51 anni, quinto uomo più ricco del mondo, diventato tale speculando in Borsa, dichiara trionfante: “la lotta di classe l’abbiamo vinta noi ricchi”, ammettendo almeno che la lotta di classe esiste, al contrario di ciò che veniva sostenuto da imprenditori, politici e sindacati (venduti) che hanno sempre parlato di “libero mercato del lavoro”. 

Non è cosa da poco perché la “lotta di classe” è stata sempre vista come strumento fondamentale per la presa del potere del comunismo, politicizzata e repressa agitando lo spauracchio della fine del capitalismo e della “libera impresa”. Ora che la minaccia comunista non esiste più e che la “cortina di ferro” la costruiscono gli USA al confine con il Messico, la lotta di classe può diventare un normale scontro tra ricchi e poveri, per ora risolto a favore dei ricchi che si ritrovano una enorme disponibilità di manodopera a basso costo, i nuovi schiavi salariati spesso in nero, che come effetto secondario ha generato una guerra tra poveri, tra occupati e disoccupati, creando un clima di precarietà e paura di perdere il lavoro. I ricchi avranno anche vinto la lotta contro i lavoratori (sono migliaia di anni che vincono), ma i numeri ci dicono che i ricchi sono sempre più ricchi ma diminuiscono, la classe media è quasi sparita e la disoccupazione e l’immigrazione sono in aumento. Questo è lo scenario che oggi si presenta nell’economia globale guidata dal sistema capitalista e se ci sommiamo la catastrofe ambientale prossima ventura, non c’è da stare allegri. Pur essendo assodato che la causa del surriscaldamento globale è originata dal produrre energia bruciando i fossili: carbone, petrolio, gas, e pur esistendo già da tempo la tecnologia per sostituirla con energia pulita a costi inferiori, ecco manifestarsi il vero nodo dove tutto di blocca: l’impotenza della politica contro le lobby economiche che attraverso corruzione, minacce o peggio, con il controllo dei media, fermano qualsiasi cambiamento. Se si vuole una dimostrazione matematica del dominio della economia sulla politica, ecco la storia sotto gli occhi di tutti: Obama per essere eletto Presidente degli USA aveva promesse con solenne “yes we can” che avrebbe esteso la protezione sanitaria a tutti gli americani e la fine dell’immondo commercio libero di armi d’assalto. In due mandati presidenziali non ha ottenuto nulla di quanto promesso e la sensazione di aver votato inutilmente credo che prevalga nell’elettorato, non basta vincere le elezioni per trasformare in legge il programma di governo. Il regime negli USA è oligarchico e conservatore, l’alternanza al governo del Partito Repubblicano e di quello democratico non tocca la politica estera, non tocca la Corte Suprema, non taglia le unghie alle multinazionali, tollera che la religione si inserisca in politica con la potente Chiesa Evangelica, schierata con la destra guerrafondaia, che definisce i marines “legionari di Cristo”. La questione dei poteri della politica è questione fondamentale negli USA e nel mondo. Non si può chiamare democrazia un sistema in cui le lobby e il denaro sono in grado di impedire qualsiasi cambiamento.

Paolo De Gregorio

Foto di albacajado da Pixabay 




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