martedì 22 luglio 2014 - Traiettorie Sociologiche

Iocisto: i libri ce li leggiamo da noi

di Donatella Guarino

13 maggio/14 maggio/15 maggio…

Comincia scandendo le date quotidiane del mese primaverile più amato il racconto della storia di IoCiSto, fatto da Ciro Sabatino. Racconta di come sia stato possibile, in un continuo crescendo di 64 giorni che ancora non si è fermato, creare un’associazione che conta oggi circa 200 membri, che aumentano ininterrottamente e progressivamente, intorno al progetto di una libreria ad azionariato popolare. I social, in questo caso Facebook prima d’ogni altro, sono ancora una volta i media privilegiati di questi interlocutori.

La considerazione di partenza è stata la chiusura in poco tempo dell’ennesima libreria napoletana, la trasformazione dell’ultima di queste in un supermercato di elettrodomestici, l’invasione di pizzetterie, jeanserie e vendite di patatine fritte. Il borghese quartiere del Vomero non può più rivendicare un carattere distintivo rispetto all’intera città, con cui condivide una terribile e precipitosa crisi. Ma i figli e i nipoti ormai trasformati dai cambiamenti del terzo millennio di quella borghesia che aveva cominciato un paio di secoli fa la colonizzazione delle vigne e delle campagne della collina, proseguendo con l’invasione cementizia del dopoguerra italiano, stavolta hanno voluto reagire alla stagnazione con un atto che crea un movimento in tutta la città.

Già da sola l’idea di una reazione vede finalmente mettere in moto cittadini di tutte le categorie ed età. Una condivisione dell’idea di cultura come bene comune inimmaginabile in qualsiasi altra situazione se non quella dei social dove l’interazione è elevata, veloce, emotivamente carica. Potrebbe essere questo un arcipelago di certezza nel mare delle incertezze descritte da Edgar Morin? È la speranza di chi si aggrega tra i primi, che si trasforma in determinazione mentre si ricercano, con gli alti e i bassi, gli errori e i ritorni, i continui tuffi al cuore che provocano chiusure e aperture di fattibilità, modalità e forme organizzative adeguati ad un’attività commerciale che è al contempo un progetto ambizioso, come si diceva una volta, a legame debole.

Velocemente si susseguono l’elezione del direttivo, del presidente, del tesoriere, la registrazione dell’associazione come forma transitoria, la spasmodica ricerca di una sede in un quartiere i cui affitti esplosivi hanno fatto chiudere altre attività ben consolidate.

Tra attività frenetiche e grande impiego di ironia si definisce il metodo “Supersantos”, la raccolta fondi che effettuano i ragazzini per comprare il pallone per la partita nel cortile, nella piazzetta dietro casa o sulla spiaggia, come strumento fondamentale, anche se non unico, di raccolta fondi.

In soli due mesi il post del 13 maggio dell’attuale presidente dell’associazione IoCisto, ha letteralmente catalizzato i bisogni avvertiti da molti. Ma, come spesso accade, una volta individuato ed emerso, il bisogno diventa dirompente e riguarda molto di più.

Riguarda qualcosa a cui non siamo più abituati: la possibilità di partecipare a scelte che incidono sulla vita quotidiana, di contribuire a determinare un livello di vivibilità tollerabile per i cittadini di una metropoli occidentale del terzo millennio, di creare coesione parlando delle proprie passioni, di fare comunità, di vedere la realizzazione di qualcosa in tempi brevi, la capacità di sognare.

La condivisione, infatti, è un altro degli aspetti che caratterizzano quest’avventura. Fin dal primo momento il lavoro viene svolto da gruppi che si aggregano spontaneamente intorno alle problematiche da affrontare ed in base alle competenze di ciascuno: progettazione, forma giuridica e aspetti normativi, ricerca della sede, contatti, piano finanziario e reperimento fondi, comunicazione, eventi e via così.

I gruppi lavorano e producono idee, progetti che saldano nuove amicizie. Sono composti da persone che lavorano, molte sono donne, alcuni studenti, producono e comunicano a distanza la sera, anche la notte per mancanza di altro tempo, oppure si incontrano facendo letteralmente i salti mortali per essere presenti.

Tutta quest’energia spesa mentre le librerie chiudono: ma come sopravvive una libreria nel mezzo di una delle crisi più violente del secolo?

L’idea è quella di adottare un modello flessibile e soprattutto politiche di fidelizzazione del cliente che, detta così, sembra il risultato di una fredda programmazione strategica d’azienda ma a sentirla descrivere da Alberto Della Sala, uno dei pochi veri librai del gruppo, ha il sapore del tradizionale rapporto con le botteghe del quartiere. “Il libraio i libri li deve vendere” è la prima secca affermazione, forse nel timore che nell’effervescenza progettuale si perda di vista il fine dell’impresa. Tutta la descrizione delle attività fa pensare ad una cura, alla creazione di una complicità con chi entra nel circuito: l’assicurazione di una ricerca bibliografica puntigliosa, legata anche al bouquiniste in libreria, la consegna diretta del libro regalo, la libreria multietnica, la disponibilità della spazio per autori, per attività promosse dai soci, il progetto di un luogo dove si possa trascorrere del tempo a leggere e ad ascoltare letture, come agli albori della francese FNAC, fanno intravedere il piacere pregustato ad immaginare la realizzazione di tutto questo.

La collocazione della sede in una piazzetta centralissima del quartiere, nella zona dove sorgono belli edifici liberty, molto ben collegata con il resto della città con funicolari e metropolitana, accanto alle scale che dirigono verso san Martino, le dà un’affascinante atmosfera che rimanda agli angoli di una certa Parigi. Per ora è vuota e, per ribadire la carica emotiva di un’impresa collettiva, si riempirà a settembre-ottobre quando tutti i soci potranno vivere da vicino il fascino della realizzazione, vedere arrivare i pacchi di libri, le pareti colorarsi di copertine, gli spazi riempirsi di arredi progettati attraverso un concorso di idee sul web, così come già è avvenuto per il logo. Intanto la sede resterà aperta normalmente e si procederà con incontri, eventi, infopoint e reperimento fondi: una festa si è tenuta lunedì 21 luglio, a sancire l’orgoglio di essere arrivati a tanto in brevissimo tempo, la gioia di dare comunicazione pubblica di quanto investito e quanto conquistato e della possibilità di realizzazione di idee che sembrano impraticabili se portate avanti in modo comune.

Inoltre serate musicali, letture pubbliche ed altre iniziative accompagneranno il crescere del numero degli associati e la partecipazione di tutti, mentre si riflette su come fare in modo che l’associazione traghetti verso una forma societaria a base larga, blindata a possibili acquisizioni di imprese forti aventi un mero obiettivo commerciale. Perché che questa resti “la libreria di tutti”, è un imperativo categorico, con tutto il suo contenuto etico.

Indubbiamente è illuminante il fatto che un’idea nata “un po’ per gioco” come quella di Ciro Sabatino e diffusasi in rete nel modo del virtuale, cresciuta nell’interazione effimera, vivace, continua e ironica dei social, rimandi poi a aspetti di grande “fisicità” come una libreria, un luogo fisico, a degli oggetti, i libri, che appartengono contemporaneamente al mondo reale ed a quello dell’immaginazione, quasi un ponte tra le due sfere, che consente il passaggio dal dibattito in rete alla realtà di legami estremamente reali, tra le persone. Forse la decretata morte della carta stampata non è poi così vicina. Forse la coesione del gruppo avrà momenti di tono diverso, non sarà sempre così elevata, ma intanto avrà creato una comunità reale, avrà creato e nutrito, quindi, cultura.




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