martedì 4 settembre 2018 - Giuseppe Aragno

I diritti sociali garantiscono quelli civili

Riordinare libri è anche questo: avere tra le mani il mondo antico e guardare il presente alla luce del passato. Chiedersi, per esempio, che direbbero di noi Settimio e Alessandro Severo. Libico il primo, libanese il secondo ed entrambi - nella buona come nella cattiva fortuna - imperatori romani. Che direbbero Filippo l'Arabo, il mauritano Emiliano e l'iraniano Valeriano?
I libri raccontano di imperatori turchi e d'un manipolo di slavi che il rozzo fascista, restauratore dell'impero sui "fatali colli di Roma". avrebbe perseguitato. In tema di razza il mondo latino fu così avanzato, da far sembrare il nostro un nuovo e più buio Medio Evo.

Guardo i libri ma, mentre mi chiedo se anche questo mio cercare vie di comunicazione tra passato e presente sia "fare storia", non so dare risposta a una domanda che si fa strada e diventa pressante: che faremo di questo tempo nostro e di noi stessi, immersi in una terribile tempesta d'odio e barbarie? Sbandiereremo la superiorità culturale di un modello antico e chiederemo un presidente di colore al Quirinale, come hanno fatto gli Usa con Obama? Ci limiteremo a questo, o prenderemo atto che Guantanamo condanna Obama e che tutti, l'americano come gli africani, consentirono uno sfruttamento feroce dei bianchi e dei neri e ignorarono i diritti umani? Capiremo che il razzismo è un'atrocità, ma anche uno degli strumenti ai quali talora il potere ricorre per opprimere i popoli e armare i bianchi poveri contro quelli neri?


Se difenderemo astrattamente il diritto alla parità, mi dico, se leveremo il vessillo dell'antirazzismo, faremo il gioco dei padroni e dei suoi servi. Finiremo dalla parte del "Minniti antifascista".
Forse, per radunare emarginati e sfruttati di ogni colore nella stessa trincea contro la barbarie, dovremo ricordare che il capitaismo non ha colore e non ha patria; ricordare che non siamo divisi in bianchi e neri, ma in sfruttatori e sfruttati. La sinistra non parla più alla gente perché ha rinnegato la sua identità e le sue radici profonde. Non occorre cambiarle di nome, ma ritrovare la coincidenza tra teoria e pratica, partendo da un punto fermo: il neoliberismo genera sfruttamento e produce razzismo.
Se riconquisteremo i diritti sociali che ci hanno sottratto, il razzismo non sarà più al centro della scena politica.




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