I costi pubblici del prossimo conclave

Ogni evento è un’opportunità, per il sindaco di Roma Gianni Alemanno. In questo clima di papolatria non si era ancora spenta l’eco delle dimissioni di Benedetto XVI che già chiedeva 4,5 milioni al governo per fronteggiare l’emergenza-conclave, paragonato addirittura a un Giubileo. Un esborso, sostiene Alemanno, necessario per “salvaguardare l’immagine della Nazione e della sua Capitale nel Mondo”.
In realtà, gli addetti ai lavori stimano un aumento delle presenze in Vaticano di circa centomila fedeli al giorno, con un aumento nel traffico totale di turisti del 10% rispetto a dati in forte calo a causa della crisi. Nel corso dei precedenti conclavi i pellegrini non sono aumentati più di tanto: diverso il discorso per l’onoranza del corpo del pontefice defunto, che in questa occasione non ci sarà.
La richiesta assume perciò l’odore della tipica speculazione elettorale: a Roma si voterà a fine maggio, e il primo cittadino — stando ai sondaggi — è assai lontano dall’agognata rielezione. Un’iniezione di quattrini all’amministrazione capitolina (una delle più dissestate d’Italia, con un’imposta Imu altissima) sarebbe benvenuta: e quale argomento può far allargare i cordoni della borsa del pio premier che una manifestazione cattolica di importanza mondiale?
Alemanno ci aveva del resto provato giusto un anno fa, chiedendo all’esecutivo Monti i fondi per il Giubileo. Ma del 2025. Ieri ha anche incontrato in Campidoglio il sindaco di Lourdes: non vuol lasciare nulla di intentato “per rilanciare il turismo religioso”. Senza ovviamente spiegare perché occorra farlo. E non si ricicli o si ingigantisca per cortesia il mito dell’indotto, visto che la gran parte dei pellegrini, per tutta la durata del loro soggiorno a Roma, è letteralmente embedded in strutture di proprietà ecclesiastica.
In una città dove si stima che un quarto del patrimonio immobiliare faccia capo alla Chiesa. Dove hotel, convitti e altre infrastrutture ecclesiastiche si fanno pagare profumatamente (e i cui prezzi prevedibilmente lievitano in un periodo di forte richiesta) e a volte non hanno nemmeno l’impaccio dell’Imu, che altre realtà invece sono tenute a versare. Mentre i disagi sono tutti a carico della cittadinanza, in una grande città come Roma dove la rete viaria e dei trasporti pubblici è già assolutamente inadeguata a gestire il traffico quotidiano. Figuriamoci con il transito dei pellegrini. Il sindaco non punta a risolvere questi problemi concreti di tutti i giorni che interessano i cittadini, ma è sempre solerte quando si tratta di fare un favore alla Chiesa.
Il conclave è un evento di incidenza limitata, lo ribadiamo. Per questo fa specie che in alcuni spazi internet giri un meme (privo di fonte) che sostiene che le spese del conclave sono tutte a carico dello Stato e che l’impatto sui costi pubblici sarà addirittura di 8 miliardi. Per quanto il conclave faccia aumentare l’entità di alcune alcune voci (sicurezza intorno al Vaticano, struttura Rai Vaticano, entrambe sempre a carico dello Stato), l’affermazione è assolutamente fuori dalla realtà. Visto che l’impatto totale dei costi della Chiesa sulle amministrazioni pubbliche è stimato, nella nostra inchiesta, in circa 6 miliardi di euro all’anno.
Già che ci siamo, segnaliamo che ne gira vorticosamente anche un’altra di bufala: che Benedetto XVI si sia dimesso per evitare l’arresto a causa di un mandato di cattura spiccato da un sedicente tribunale internazionale e il sequestro dei beni della Chiesa. È già stata a sua volta smentita da Paolo Attivissimo sul Disinformatico. Chi desidera un’Italia più laica e razionale non dovrebbe né mettere in circolo né alimentare leggende metropolitane. Se non veri e propri miti. Lasciamo la loro creazione ai credenti.