I concerti allo Squero di Asolo Musica

Uno sguardo al recente passato, mentre sta per iniziare la stagione 2025 all’auditorium Lo Squero dell’isola di San Giorgio
Consueta affluenza di pubblico e alto gradimento per i quattro concerti conclusivi della stagione allo Squero.
Lo storico Quartetto di Venezia, ensemble in residenza fin dalla prima edizione, si è esibito in due recital. Nel primo ha concluso, per la seconda volta a Venezia, l’integrale dei quartetti per archi di Beethoven. Mancavano il “Quartetto in Si bemolle maggiore, op.18, n.6” ; il “Quartetto in Fa maggiore, op.135” ; il difficile ed entusiasmante “Quartetto in Fa maggiore, op.59, n.1 Rasumovsky”, nel quale i musicisti sono al massimo dell’attenzione, e finiscono l’esecuzione quasi lasciando trapelare dal volto il sudore.
Tutt’altro programma per il secondo recital, anche perché ai musicisti dell’area veneziana si è unito Massimo Mercelli, un flautista che vanta le più importanti dediche e collaborazioni con i maggiori compositori – da Penderecki a Sofia Gubaidulina, scomparsa il 13 marzo scorso ; da Glass a Nyman ; da Morricone a Sollima.
Il programma si è aperto e chiuso con due quartetti per archi : il “Quartetto n.4, op.22” di Paul Hindemith (Hanau, 16 novembre 1895 – Francoforte, 28 dicembre 1963), uno dei sette quartetti per archi, scritti tra il 1919 e il 1945 ; il “Quartetto in Sol minore, op.10” di Claude Debussy (Saint-Germain-en Laye, 22 agosto 1862 – Parigi, 25 marzo 1918).
Hindemith – come ben spiega la musicista e musicologa Luisa Bassetto nella presentazione – era un puro. Aderì alla corrente della Neue Sachlichkeit (Nuova Oggettività) e concepì i quartetti secondo una logica ferrea, basata su solide strutture di armonia e ritmo. In cinque movimenti, venne eseguito per la prima volta al festival di Donaueschingen il 4 Novembre 1922. E’ il più conosciuto e popolare dei sette e rappresenta la sintesi degli ideali espressivi dell’allora giovane compositore.
Il Quartetto di Debussy venne concepito fra l’estate del 1892 e il febbraio del ‘93. E’ stato scritto nel periodo in cui il compositore scriveva anche il “Prelude a l’apres-midi d’un faune” e i “Nocturnes”, due lavori di stampo simbolista.
Eseguito per la prima volta a Parigi il 29 dicembre 1893 dal Quartetto Ysaye, fondato nel 1886 dal celebre violinista belga Eugène Ysaye, è formato da quattro movimenti, uniti fra loro da un tema unico, in continua mutazione.
Il tema principale, che si manifesta subito nell’Anime et très decidé, è scritto nell’antico modo frigio del canto gregoriano, che in seguito dominerà l’intera composizione.
Tra i due quartetti hanno trovato spazio due lavori di Krzysztof Penderecky (Debica, 23 novembre 1933 – Cracovia, 29 marzo 2020), in cui ha svolto un ruolo principale il flauto traverso di Mercelli. Proprio per lui Penderecky ha creato la versione del Quartetto per flauto e archi (violino, viola e violoncello), originalmente nato per clarinetto solo. Ancora per Mercelli il compositore polacco elaborò la versione per flauto solo del Prelude, ugualmente scritto inizialmente per clarinetto solo.
Il Prelude – scrive ancora Luisa Bassetto – fu composto nel 1987 come parte di una serie di pezzi per strumento solista, scritti negli anni ‘80. Dedicato al compositore britannico Paul Patterson, in occasione del suo compleanno, il brano, in un unico movimento lento e sostenuto, lascia all’interprete la possibilità di esprimersi liberamente, all’interno di una struttura ad arco, in uno stile quasi improvvisato tra episodi lenti e veloci e ampie articolazioni dinamiche tra forte e piano. Venne eseguito per il suo funerale di stato e poche altre volte.
Ha convinto il dialogo fra archi e flauto, a dimostrazione di un incontro tra musicisti capaci e felici di interagire, grazie ad un alto grado di professionalità.
Richiamati dai battimani, i musicisti hanno eseguito Rondò – Allegro con moto, dal Quintetto op.17, n.6 di Luigi Boccherini.
Ma il più intenso e pieno di vigore di questi ultimi concerti è stato senza dubbio quello del violinista Shlomo Mintz, che ha avvinto la platea, suonando in piedi senza spartito per 64 minuti e affrontando un programma - brevemente spiegato da lui stesso prima di iniziare – di elevate difficoltà tecniche, risolte senza intoppo alcuno, ma che lo hanno, forse, stremato fisicamente, anche se poi ha voluto concedere, ad una platea in visibilio, un breve bis.
Nato a Mosca il 30 ottobre 1957, due anni dopo deve emigrare con la famiglia in Israele, dove inizia a studiare con Ilona Fehér. Grazie a precoci doti innate, affascinò il violinista Isaac Stern, che lo indirizzò alla carriera solista : a 11 anni debuttò con la Israel Philarmonic Orchestra ; a 16 alla Carnegie Hall di New York, con la Pittsburgh Symphony Orchestra. Completò gli studi alla prestigiosa Julliard School of Music di New York con Dorothy De Lay.
Allo Squero ha proposto, senza soluzione di continuità, 6 Etudes à Plusiieurs Parties (6 studi polifonici), ognuno dedicato ad una persona diversa, di Heinrich Wilhelm Ernst (Brno, 6 maggio 1814 – Nizza, 8 ottobre 1865), che rappresentano uno dei massimi livelli di difficoltà della letteratura violinistica, al punto che nemmeno il suo autore, la cui carriera violinistica si svolse tra Vienna, Parigi e Londra, sembra non li eseguisse mai nelle sue tournee internazionali, non ostante una tecnica brillante, unita al virtuosismo.
Ma il fatto singolare è che Ernst fu l’unico allievo di Niccolò Paganini (Genova, 27 ottobre 1782 – Nizza, 27 maggio 1840), con il quale rivaleggiò a lungo, al punto che nel geniale musicista – impresario di sé stesso e costruttore del culto della personalità – si svilupperà un’intensa gelosia.
Dei 24 Capricci per violino solo, op.1, Mintz ha eseguito gli ultimi quattro : il 21 (Amoroso, Presto) ; il 22 (Marcato) ; Il 23 ( Posato) ; il 24 (tema con 11 variazioni).
Nelle note al programma, stilate da Marina Grasso, giornalista culturale, apprendiamo quali fossero i dedicatari degli studi di Ernst . Il primo è il ceco Ferdinand Laub ; Il secondo è il francese Prosper Sainton ; il terzo è Joseph Joachim, amico di molti compositori di spicco, tra i quali Brahms ; il quarto è il belga Henry Vieuxtemps, che fu maestro, tra i tanti, di Eugène Ysaye ; il quinto è il viennese Joseph Hellmesberger.
La serie si chiude con lo studio più celebre, ampio e complesso, Die letzte Rose, ispirato all’allora molto celebre poesia “L’ultima rosa dell’estate” dell’irlandese Thomas Moore. E’ dedicato al bresciano Antonio Bazzini (1818 – 1897), concertista molto apprezzato da Schumann e Mendelssohn.
Che dire? Immersi nell’acqua su cui si posa “Lo Squero”, ci si è lasciati cullare dai suoni abilmente emessi da un gigante dell’arte dell’arco, di cui si vedeva lo sforzo, ma anche la risoluzione impeccabile e l’interpretazione soddisfacente dello scorrere delle frasi nei momenti di difficoltà estrema.
Per l’ultimo concerto l’accogliente sala ha ospitato un musicista legato, professionalmente, a Bach. Lo avevo apprezzato molti anni fa, ancora non così famoso, e mi aveva piacevolmente impressionato. Sto parlando di Ramin Bahrami (Teheran, 27 dicembre 1976), il quale, è parso aver smarrito brillantezza e precisione.
Le “Variazioni Goldberg, BWV 988” di Bach sono state suonate, spesso a volume troppo forte, e mi è sembrato, con delle difficoltà a ricordare interamente lo spartito, visto che l’esecuzione era a memoria, e a percuotere l’innocente strumento, forse per smascherare improvvisi smarrimenti e la perdita di un tocco elegante.
Comunque il musicista iraniano, - che lasciò l’Iran con la famiglia dopo la rivoluzione e riuscì a formarsi come artista in Italia, diplomandosi al Conservatorio di Milano con Piero Rattalino -, ha incontrato il favore del pubblico e, portato con sé un considerevole numero di CD; ne ha venduti in quantità, firmando le copie con un sorriso, quasi stereotipato, sempre stampato sulle labbra, dopo la deludente esibizione.
La stagione 2025, la decima, ha preso il via sabato 22 marzo e si concluderà il 6 dicembre.
Ad aprirla e chiuderla, il Quartetto di Venezia, impegnato in due appuntamenti ad eseguire l’integrale dei Quintetti di Mozart (sei), assieme al celebre violista Bruno Giuranna (Milano, 6 aprile 1933), in due puntate : la prima il 22 marzo ; la seconda il 21 giugno, non so se casualmente, a sottolineare l’arrivo della primavera e dell’estate. Il Quartetto sarà presente anche l’11 ottobre e, appunto, il 6 dicembre.
Due presenze anche per Mario Brunello, in solitudine il 24 maggio ; con il violoncellista Mauro Valli il 29 novembre.
Prosegue la collaborazione con il Palazzetto Bru Zane che porterà allo Squero uno dei sette concerti che compongono il Festival di primavera “Bizet, l’amore ribelle” il 10 maggio. Protagonisti alcuni artisti dell’Académie de l’Opéra de Paris.
Il 12 luglio ci sarà il violinista Simon Zhu, vincitore del Premio Paganini 2023 : in programma Bach e Paganini.
Di nuovo Bach protagonista con il Quartetto di Cremona, che proporrà il 6 settembre” L’arte della Fuga”.
Un gradito ritorno con l’Arte dell’Arco di Federico Guglielmo : un repertorio barocco che si concluderà con le stagioni di Antonio Vivaldi si potrà ascoltare il 4 ottobre.
L’ultimo recital prima della pausa estiva vedrà in pedana il 26 luglio il pianista e compositore Enrico Pieranunzi, inserito dal direttore artistico Federico Pupo nella sezione “Piano Jazz”. Un gradito ritorno in laguna dopo un concerto nella basilica dei Frari parecchi anni orsono, dedicato a Domenico Scarlatti. Vedremo cosa gli ispirerà l’ambiente particolare dello Squero.
Infine, il prossimo concerto, il 5 aprile, vedrà Mario Loguercio al violino e Emanuela Piemoni al piano, eseguire una trascrizione del professore ceco Hans Sitt (1850 – 1920) delle sinfonie n.6 e n.8 di Beethoven.
Tutti i concerti hanno luogo di sabato alle 16 e 30.
Per informazioni : [email protected]