venerdì 2 luglio 2021 - UAAR - A ragion veduta

I buoni atei e i cristiani sprezzanti

È notorio che, negli States, uno dei gruppi più denigrati è quello degli atei. La spiegazione a cui si ricorre più frequentemente, soprattutto negli ambienti legati alla fede, è che gli atei «sono ostili alla religione»: il disprezzo nei loro confronti sarebbe quindi soltanto una reazione (in qualche modo giustificata) a un analogo e “originario” disprezzo.

 Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista online Secularism & Nonreligion ha approfondito la questione. I ricercatori hanno esaminato i dati dell’American General Social Survey del 2018 per capire le attitudini reciproche di atei, cristiani, buddhisti, induisti, ebrei e musulmani. E i risultati sono senz’altro degni del nostro interesse.

La prima evidenza rappresenta soltanto l’ennesima conferma: gli atei sono molto più disprezzati di qualunque altro gruppo religioso. La seconda è invece molto più sorprendente – ma non per noi: gli atei giudicano gli “altri” altrettanto favorevolmente di quanto giudicano gli atei stessi, con la sola (e comunque limitata) eccezione dei musulmani. Sono invece i fedeli a uscirne male, soprattutto quelli cristiani: hanno una spiccata propensione a privilegiare i propri correligionari e a disprezzare fortemente gli atei. Al punto che l’articolo si conclude con una gustosa considerazione: «In Matteo 22:36-40 Gesù comanda ai suoi seguaci di amare il Signore e di amare il loro prossimo: a quanto pare sia gli atei, sia i teisti hanno interpretato questa esortazione come un oppure».

Trattandosi di dati estrapolati da una ricerca molto più ampia, lo studio ha qualche inevitabile limite, dovuto anche alla limitata popolazione delle fedi non cristiane. Si ferma inoltre alle affermazioni, non alla traduzione pratica delle discriminazioni. Che, peraltro, nella nation under God colpiscono, a livello legislativo, proprio i non credenti: vista la spiccata “ateofobia” dei cristiani, quale emerge dall’inchiesta, non sembra dunque rappresentare una coincidenza.

Sempre nei giorni scorsi, peraltro, una ricerca del Pew Research Center ha mostrato come atei e agnostici siano gli unici gruppi “religiosi” in cui la maggioranza dei propri membri si oppone, rispettivamente nella misura del 65% e del 57%, alla pena di morte. Risultanze confermate nelle analisi mondiali condotte dal World Value Survey, che potrete approfondire a piacimento sul loro sito: maggiore la distanza dalla religione, e maggiore il grado di civiltà (comunemente intesa). Senza dimenticare che i paesi in cima alla classifica Onu dell’Indice di sviluppo umano hanno quasi tutti alte percentuali di non credenti, in assoluto contrasto con le bassissime percentuali nei paesi in coda, caratterizzati invece da un’eccezionale adesione religiosa.

Dobbiamo ovviamente ricordarci sempre che si parla soltanto di medie: esistono atei che ucciderebbero a morsi il loro vicino gay, e credenti sinceramente bendisposti verso qualunque essere umano, qualunque convinzione egli abbia. Ma resta pur sempre una media che dovrebbe suggerire ai leader religiosi (e ai tanti mass media che ne enfatizzano acriticamente i meriti) di abbassare immediatamente la cresta.

Raffaele Carcano

 




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