martedì 8 marzo 2016 - Flaminia P.Mancinelli

Henning Mankell, Sabbie mobili: "Ho ascoltato il canto del merlo. Dunque ho vissuto"

Sabbie mobili, l’ultimo libro di Henning Mankell non è dedicato al famoso commissario Wallander. È un viaggio nella vita dello scrittore, e non solo.

Qual è la felicità più grande? Nell’ultimo scritto di Henning Mankell l’invito a cercare, a interrogarsi, a chiedersi ancora chi siamo e il senso del nostro vivere

La gioia spensierata dei pescatori di trota, per ore con i piedi nell’acqua dello Stallviken… La gioia spensierata con cui sembrano aspettare tutto e niente: forse è in questa frase che è racchiusa la filosofia di Henning Mankell, lo scrittore svedese morto nell’ottobre dello scorso anno, dopo aver combattuto con coraggio e tenacia la sua battaglia contro un cancro.

Sabbie mobiliMolti lo conoscono per essere stato il creatore di Kurt Wallander, l’umano ispettore di polizia che per anni ha indagato tra misteri e umane miserie. Ma Henning Mankell, come altri scrittori, accanto al filone noir (che con ogni probabilità gli consentiva di sbarcare il lunario) era anche l’autore di importanti romanzi di denuncia sulla condizione in cui si trova gran parte dell’Africa meridionale.
Altre frasi mi colpiscono e altre mi coinvolgono, perché uno dei meriti di Mankell è senz’altro insito nella sua umanità, nella sua indulgenza, nel saper provare empatia per i suoi simili, anche i peggiori, verso i quali non ha mai atteggiamenti sprezzanti o giurisdizionalisti o di condanna senza appello.
“L’unica cosa da fare al momento è prepararsi al peggio, ma sperare in bene”: è questo lo stato d’animo che egli ha quando aspetta il verdetto del medico, dopo quattro chemioterapie. Non c’è un lamento, un piangersi addosso, un pur comprensibile ripiegamento su se stesso. Ed è in un momento del genere che l’uomo Hennig si pone la domanda cardine: “Qual è stato il momento della mia vita in cui ho provato la gioia più grande?”
In questa domanda c’è tutto il valore di questo scrittore che io amo. Non si chiede se “ne è valsa la pena”, se la sua vita ha avuto un significato, un valore. No, quello lo dà per scontato: vivere è comunque un privilegio, un’avventura irrinunciabile, per quanto difficile tragica aspra essa possa essere. Lui va alla ricerca della sua gioia più grande.
Attenzione, perché è sulla felicità che lui si interroga, invitandoci implicitamente a fare lo stesso. Qual è stata nella nostra vita la felicità più grande? Esiste una felicità più grande di altre? È possibile una graduatoria?

Ho tenuto a lungo questo libro con me, mi ha accompagnata in un periodo complesso della mia vita. In certi momenti è divenuto persino il mio rifugio. Così non mi decidevo a finirlo, a precipitarmi in una lettura affrettata. Ma stanotte sono inevitabilmente arrivata Pescatori dei mari del Nord all’ultima pagina di questo regalo che l’autore svedese ha voluto lasciarci prima di affidarsi al silenzio. Sfogliando le pagine a ritroso, mi sono resa conto che anche se lui non ha voluto fare di queste pagine un testamento, né letterario né filosofico, noi abbiamo in mano le impressioni di un uomo sull’esistenza che tutti attraversiamo. Alcune volte esse possono apparire in contraddizione, le une con le altre, ma la vita non è in fondo altro che una splendida, irrinunciabile contraddizione?

Mi piacerebbe alla fine sedere davanti a un camino con le persone che amo e i pochi amici con i quali condivido ideali e sogni, prendere i pensieri che Henning Mankell ci ha regalati e usarli per capire, per sentire ancora forte il desiderio di conoscere, di trovare un senso, il significato ultimo di questo nostro passaggio terreno, forse l’unico che ci è dato e proprio per questo così unico e splendido.

“La verità, nella nostra esistenza, è sempre provvisoria. Quanto sapevamo ieri viene superato e cambiato da quanto sappiamo oggi. Per la maggior parte della gente la vita ha a che fare con qualcosa che resterà incompiuto”.
“La vita è l’arte della sopravvivenza e, in fin dei conti, nient’altro che questo”.
“È impensabile che la natura ci abbia dotati della grande creatività derivante dalla fantasia e dalla forza dell’immaginazione, se ciò on costituisse un elemento essenziale per la nostra capacità di sopravvivere”.
“La nostra permanenza nel mondo è, intrinsecamente, una tragedia. Per tutta la vita cerchiamo di aumentare le nostre conoscenze, la nostra cultura, le nostre esperienze, ma alla fine tutto questo si perderà nel nulla”.


“Nessuno vuole essere dimenticato, ma è un destino quasi inevitabile”.
“Qualsiasi cosa sia il tempo, viviamo sempre nel passato. Nell’istante stesso in cui penso la parola e la scrivo materialmente, il tempo ha trasformato tutto questo in qualcosa che appartiene a ciò che è trascorso. Qualsiasi cosa facciamo o ricordiamo o sogniamo, non esiste un presente ma solo un passato. In questo senso viviamo sempre con un piede in un’epoca che se n’è già andata e non tornerà più indietro”.
“Nessuno vuole morire, che sia giovane o vecchio. È sempre difficile, e per giunta ci si sente soli”.
“Qui e ora. nient’altro. È proprio in questo che è insita l’unicità, la bellezza dell’esser vivi”.
“Vivere è poter dire di sì o di no. Essere morti è ritrovarsi circondati dal silenzio”.
“Il coraggio e la paura sono sempre intrecciati. Ci vuole coraggio per vivere e coraggio per morire”.

Propongo il dipinto di Jonas Durchs, citato e commentato da Manklel nel suo libro.
A proposito, scrive in un inciso Mankell: “Quando penso agli esseri umani che forse vivranno sulla Terra tra molte migliaia di anni, dopo lunghe e dure glaciazioni, sono sicuro di una cosa: che saranno dotati di un’imprescindibile gioia di vivere.

Dipinto di Jonas Durchs
Senza di essa l’uomo non sopravvive. Sarebbe come amputare l’anima dell’umanità. Possiamo aver sviluppato tutte le strategie di sopravvivenza che vogliamo, ma la fonte d’energia primaria per i nostri progressi è la voglia di vivere, la gioia di vivere che ci portiamo dentro. Unita alla curiosità e alla sete di sapere che sempre ci accompagnano, ci fornisce l’immagine completa delle capacità assolutamente uniche dell’essere umano”.

E tu, tu che hai letto queste riflessioni fino a qui, lo hai mai ascoltato il canto del merlo all’alba?

 

Henning Mankell,
Sabbie mobili. L’arte di sopravvivere
Gli specchi Marsilio, 2015 

 




Lasciare un commento