giovedì 3 novembre 2016 - Marina Serafini

Halloween: un sorriso... Mostruoso!

E anche stavolta è passata: il giardino dei vicini pieno di zucchette colorate, ragnatele giganti, pipistrelli e occhioni spalancati incollati sui muri e sui sassi. I lampioncini del vialetto coperti con lenzuola su cui sono disegnate espressioni di comico terrore...

Il 31 ottobre, la festa di una cultura lontana che grazie alle voglie del mercato viene assimilata nelle nostre abitudini, acquisita nel nostro immaginifico e condivisa in allegria. Si tratta di un evento originariamente finalizzato ad esorcizzare la paura della morte, un modo come un altro per dare risalto alla vita e ricordare che tutto scorre... Ognuno poi, come per qualsiasi evento, ci mette dentro qualcosa, modificandolo un pò.

C'è chi gioca sul senso di paura: la ricerca del brivido estremizzata in una occasione condivisa; chi si diverte a indossare altre identità, prevalentemente fantastiche; chi gioca con gli scheletri, le cui espressioni variano dal terribile al simpaticissimo. Da piccola anch'io giocavo con gli scheletri: era divertente soprattutto vedere l'espressione di sdegno che questo provocava sul volto della nonna, guardiano terribile e triste - lei si che incuteva paura!

Mi piaceva sconvolgere un ordine improbabile che mi veniva imposto, le cui tinte dovevano richiamate il rosa confetto di una realtà inesistente, quanto voluta: tutto in equilibrio, tutto pulito, tutto ordinato... Calma piatta: una noia mortale.

Mortale, appunto, e allora io quei morti (gli scheletrini) li facevo giocare, inventavo storie divertenti, li facevo comparire nei luoghi della quotidianità: che fosse il ripiano della cucina piuttosto che le pieghe del divano... Ma erano spiriti buoni, allegri e giocherelloni... Erano amici! Mia nonna però non lo capiva, e si sforzava di non esplodere manifestando il suo rancore per una vitalità che non riusciva a fare propria.

Il web impazza di commenti su quanto siamo assurdi nel far nostra una cultura impropria, o su quanto sia importante alimentare la voglia di giocare nei bambini; rimproveri agli adulti che si lasciano contagiare da sciocche euforie commerciali, o riflessioni culturali sul senso originario e profondo di questa festività... Personalmente ritengo che il gioco sia una delle attività fondamentali dell'essere umano, e quindi va incoraggiato e perseguito con ogni mezzo, e in qualsiasi occasione. Non c'è niente di più bello di una persona felice, che ride divertita per qualcosa che la fa star bene. La gioia ci illumina e ci rende vivi.

In particolare, i bambini hanno una naturale tendenza a utilizzare i mostri come amici, a smitizzarne quell'aria di mistero e di paura che siamo soliti affibbiare loro. I bambini se la ridono, e noi tutti dovremmo imparare da loro: i mostri sono brutti solo per chi non sa osservarli, per chi proietta su di loro quelle immagini che nasconde dentro di sé - perché non le capisce o non ha il coraggio di affrontarle.

Lo ripeto di continuo e non smetterò mai di farlo: la potenza delle immagini non può e non deve essere sottovalutata: esse ci conducono, ci influenzano, ci determinano. E così come i mostri, dobbiamo imparare a riconoscerle, a gestirle, ad usarle. Imparare a coglierne la sostanziale utilità!

E allora basta con i tediosi discorsi intellettuali: se gli uomini si esercitano a giocare con i mostri sin da piccoli, da grandi non li subiranno.

Ricominciamo da li: impariamo da loro... E torniamo a sorridere!

 

 

 

 




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