mercoledì 6 dicembre 2017 - angelo umana

Gran Torino, di Clint Eastwood

Il vecchio Walt Kowalski, vedovo, lontano reduce della guerra in Corea del '52, duro nei giudizi e sprezzante verso tutto ciò che gli è nuovo o non praticato … ha i bei lineamenti e lo sguardo fiero dell'ex cow-boy Clint Eastwood. Vive in un quartiere di una non importa quale città americana, dove nel 2009 (anno di uscita del film) è in pieno corso la metamorfosi: tanti immigrati e tanti colori di pelle, al punto che i nativi o a loro volta figli di antichi immigrati si sentono spaesati, la società multirazziale è vigente da tempo. I conoscenti di Walt lo seguono in età, razze destinati a scomparire o pensionarsi come il suo medico curante, al cui posto trova un'asiatica giovane che esplicitamente gli dice della sua pessima salute. Una rappresentazione emblematica della metamorfosi razziale di quella società è proprio nella sala d'attesa della nuova dottoressa.

Nella casetta accanto alla sua (una canzone le definiva little boxes) Walt vede installarsi una famiglia coreana, numerosa e rumorosa, e non rispettosa dell'ordine a cui il vecchio guerriero ed ex operaio Ford è abituato: invadere di qualche metro il suo minuscolo giardino è da lui considerato un'offesa. Lui è diffidente di tutto quanto è nuovo e inatteso, come oggi (2017) lo siamo in Italia nei confronti della gente di altro colore ed etnìa, il nostro ordine di “gente perbene” è sovvertito da questi invasori, di nuovi usi, nuovi odori e nuovi cibi. Quest'uomo tutto d'un pezzo si sente ancora perennemente in guerra, con le armi che conserva è sicuro di risolvere ogni conflitto. Uno gli si presenta con la gang di asiatici che adocchia la sua mitica Ford Gran Torino del 1972, questi giovinastri violenti perseguitano pure i coreani che gli abitano a lato. Il coriaceo ex cow boy avrebbe fatto meglio a farseli amici, ma è cosa difficile con quei perdigiorno e avrebbe dovuto pensarci prima. Le schermaglie però lo portano ad avvicinarsi alla famiglia coreana di vicini e prenderne le difese, la loro semplicità e cortesia pian piano lo conquistano, scopre che il diverso può fargli vedere le cose da una prospettiva diversa. Film attualissimo per noi italiani: il diverso ci può migliorare … questi poveri che hanno invaso le nostre terre non hanno forse quelle sovrastrutture mentali, il perbenismo, i riti, i modi freddi di avvicinarci, che ci han fatto perdere l'abitudine a rapportarci all'altra gente e che ci fanno sentire soli, etnìa in estinzione coi pochi figli che generiamo. Gli scarsi mezzi probabilmente spingono la gente a solidarizzare meglio, la avvicinano ai valori di umiltà, mutuo aiuto, a cose più basiche e necessarie, com'era l'Italia degli anni '50 e '60. Concetti del genere sono più esattamente descritti nel sito di MyMovies a proposito del nuovissimo – imperdibile – film di Michael Haneke, Happy End, con Isabelle Huppert e Jean-Louis Trintignant, uscito il 30 novembre 2017: una società votata all'egoismo e all'infelicità, vive la propria vita in modo anaffettivo e cinico, senza rendersi conto di non sapere più cosa conta veramente nella vita.

La freschezza dei vicini poveri ha incrinato la sua scorza, che si sgretola man mano. Il nostro vecchio “cow-boy” arriverà perfino a confessarsi dal giovane prete che lo “corteggia” perché lo aveva promesso alla moglie: ma i peccati che confessa sono quelli del suo disagio antico, della grettezza delle sue convinzioni e i suoi rimpianti, come quello di non avere un buon rapporto coi due figli. Gran Torino e grande film, di valore quasi didattico, violento e a volte pieno di humour, l'attenzione e la tensione non ci abbandonano nemmeno per un attimo. Il modo in cui nel film perdiamo questo assoluto protagonista (magnifico Clint) è quello che lo redime e lo rende un'ultima volta eroe.




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