venerdì 9 ottobre 2020 - Giovanni Greto

Gli ultimi appuntamenti con la Biennale Musica

Divertimento Ensemble – Ensemble Cairn – Consegna del Leone d’Argento – Omaggio a Mario Messinis

Il concerto del Divertimento Ensemble ha reso omaggio a Franco Donatoni (Verona, 9 giugno 1927 – Milano, 17 agosto 2000), con uno tra i più appassionanti concerti della rassegna.

Divertimento è un ensemble di 14 musicisti fondato e diretto fin dalla nascita (1977) da Sandro Gorli (Como, 1947), che ha portato a Venezia , su commissione della Biennale, una nuova creazione, Il Blu del tuono : dedicato al Maestro, è un brano che nasce come un omaggio e un ricordo all’uomo, alla sua musica e prende spunto e forma dalla lunga amicizia e dalle conversazioni tra l’autore e il compositore veronese. E’ stato emozionante ascoltare 14 strumenti diversi – archi, fiati, piano e celesta, percussioni – intersecarsi con forza ed eleganza, indirizzati con intelligenza dal direttore.

Il concerto si era aperto con Spiri(1977), una delle prime partiture di Donatoni ad essere eseguite dall’ensemble. E’ una composizione molto frammentata, nella quale emergono i fiati e le calde sonorità del vibrafono.

A seguire, Souvenirs, un pezzo inedito commissionato dalla Biennale a Ruggero Laganà (Milano, 1956), che ha studiato composizione con Donatoni e Gorli. E’ articolato in tre parti collegate tra loro, ognuna delle quali è un’irradiazione/trasformazione delle misure finali di altrettante composizioni di Donatoni – Spiri, Arpege, Hot, tutte in programma – in residui, resti, ricordi. Un pezzo avvincente, movimentato e caldo, anche questo per 14 strumenti, vario nei timbri e melodico di fondo.

Il concerto si è concluso con due brani : Arpege per sei strumenti, caratterizzato da un’atmosfera per così dire di suspense, con frasi che si rincorrono lasciando ad ogni strumento un felice spazio solistico ; Hot, per sei strumenti, decisamente vicino al Jazz (che il titolo faccia riferimento al Jazz degli esordi?). In primo piano il sassofono, tenore e sopranino, suonato con tecnica e buon gusto da Mario Marzi. Bello il dialogo a distanza tra il sopranino e il clarinetto piccolo di Maurizio Longoni, entrambi in Mi bemolle. Suoni fluidi, soffiati, improvvisazioni tematiche, contrabbasso suonato con le dita , il suono caldo della tromba e un finale Jazz affidato a breaks di tamburi e piatti, ben eseguiti dal percussionista Elio Marchesini.

Apprezzabile anche la prova dell’Ensemble Cairn, con base a Montreuil. Aperto a multiformi espressioni artistiche, fu fondato nel 1998 dal compositore Jerome Combier (Boulogne Billancourt, Hauts – de – Seine, 17 luglio 1971), che ne è anche il direttore artistico.

Nella prima parte si sono ascoltati quattro brani che fanno parte del ciclo Portulan, che a tutt’oggi consta di 8 titoli, di Tristan Murail (Le Havre, 11 marzo 1947): Garrigue, Seven Lakes Drive, Paludes, La Chambre des Cartes. Costituitosi progressivamente dal 1999, il ciclo fa riferimento al portolano, un antico atlante per la navigazione, contenente informazioni per una data regione, utili al riconoscimento dei luoghi. Ogni pezzo utilizza una diversa combinazione dell’organico di otto musicisti. Secondo il compositore il ciclo è anche una sorta di autobiografia in forma di metafora, dove ogni brano si riferisce a qualcosa – un luogo, un viaggio, un libro, un’esperienza estetica – di particolare importanza.

La musica trasmette spesso una sensazione di angoscia, di paura, di turbamento. Gli strumenti dialogano come se riflettessero sulla difficoltà del vivere, in particolare in Paludes (2010), per flauto, clarinetto e trio d’archi.

Nella seconda parte l’ensemble ha eseguito Die Finsteren Gewasser der Zeit (2019), per flauto, clarinetto, trombone, pianoforte, viola e violoncello, di Jerome Combier. E’ un pezzo anche drammaturgico, perché la ricerca dell’autore sull’oscurità e la fluidità dello scorrere del tempo, evocate dal titolo, si inscrive in una teatralità dei comportamenti e delle interazioni degli strumenti, tra i quali il pianoforte preparato, che utilizza pezzi di gomma, innestati con pazienza sulle corde dal pianista Fuminori Tanada. Interessante la presenza del clarinetto basso e del trombone, che ampliano la spazialità del lavoro, mentre gli archi strisciano con l’archetto in verticale sulle corde e i fiati inseriscono molti suoni soffiati.

In serata Ivan Fedele, con la consueta lettura della motivazione, ha consegnato il Leone d’argento a Raphael Cendo (Nizza, 26 febbraio 1975). “Fondatore di un movimento musicale, una corrente estetica potente definita Saturation, al cui centro si pongono il concetto dell’eccesso e quindi la necessità di trascendere i limiti del suono puro e del controllo assoluto tanto nel processo compositivo, quanto nell’interpretazione”. Il premiato, emozionato, fiero e commosso, si è detto sorpreso di ricevere il Leone da un musicista che fu suo insegnante oltre vent’anni fa nel sud della Francia. Inoltre il Leone “premia il mio lavoro di 17 anni sulla musica satura”.

Tolti i microfoni per la cerimonia, si è ascoltata “Delocazione”(2017), che si sviluppa in 15 momenti, per quartetto vocale – gli stimati Neue Vocalsolisten di Stoccarda – e strumentale – il Quatuor Tana -, disposti a semicerchio, guardando il palco, da sinistra a destra : due violini , le quattro voci, viola e violoncello. C’era curiosità, come accade nell’ascoltare un lavoro di chi prende un prestigioso premio. Purtroppo dopo una decina di minuti tale stato d’animo è diventato una sensazione di noia, mista ad irritazione. E’ possibile che voci e strumenti si esprimano solo in maniera non naturale? Ossia: rantoli, gridolini, grugniti, belati e suoni vari – per le prime – piccoli colpi, strisciate, percussività sul legno, archetti che emettono suoni irritanti sfregando tavolette di polistirolo, armonici stridulissimi, con effetto “Psycho”(il capolavoro di Alfred Hitchcock) per quasi un’ora?

Comunque, quando scende la quiete, tutti contenti, con applausi e ululati di Bravò.

Forse è più interessante leggere i suoi scritti teorici, ma la “Delocazione” eseguita, capace di attrarre verso questo tipo di scrittura molti giovani compositori, non si può definire musica. Il titolo è tratto dalle celebri opere di Claudio Parmiggiani (Luzzara, 1943), pittore e scultore considerato uno dei protagonisti dell’avanguardia artistica internazionale, fautore sia dell’arte povera, sia di quella concettuale.

Ed eccoci al mattino della domenica, giorno conclusivo, per ascoltare l’omaggio al critico musicale , “una delle menti più illuminate della musicologia internazionale”, secondo Ivan Fedele, scomparso l’8 settembre ad 88 anni. Sul palco salgono i musicisti dell’Ex Novo Ensemble, fondato da Claudio Ambrosini, che da oltre 40 anni è dedito alla pratica e alla diffusione della musica del ventesimo secolo e contemporanea.

Cinque le composizioni eseguite : il quintetto Luoghi Immaginari 1(1987) di Fabio Vacchi, diretto da Ambrosini, in cui un violino scordato intenzionalmente ha ricordato atmosfere da saloon di molti film western. Delicato, dolce e melodico, è apparso un brano attuale nonostante i molti anni dalla sua scrittura. Accanto al violino, flauto, clarinetto basso, violoncello e arpa.

Vor dem singendem Ode (1992) per ottavino, clarinetto basso, pianoforte, violino,viola, violoncello, è stato diretto dall’autore stesso, Alberto Caprioli(1956). Un pezzo aleatorio e dissonante. Il pianista Aldo Orvieto suona spesso stando in piedi, per poter strappare o pizzicare le corde.

Adriano Guarnieri (1947) dirige il suo ...l’alba dei suoni...(2012), riveduto quest’anno. E’l’unico brano, dei 5 ascoltati, in cui c’è un piccolo set di percussioni : una grancassa e una lastra metallica, accanto ad archi, pianoforte, flauto e clarinetto.

Zero (2009), di Michele dall’Ongaro (1957), diretto da Ambrosini, per flauto, clarinetto, violino, violoncello e piano ricorda nel tema l’inizio dell’adagetto della quinta Sinfonia di Gustav Mahler, popolare grazie al film di Luchino Visconti “Morte a Venezia”.

Conclusione con Ambrosini (1948), che dirige il proprio pezzo Vite di suoni illustri (2012), nella medesima formazione del pezzo precedente. Tra le citazioni illustri, mi accorgo di Fur Elise, di Beethoven e dell’inizio del Preludio della Suite n.1 per violoncello solo di J.S.Bach.

Applausi meritati agli otto musicisti, concentrati, precisi e professionali.




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