lunedì 4 maggio 2015 - ggv84

Gli “antagonisti” per la legalità a Taranto sono i veri anti-Black Bloc

Verrebbe da dire: due pesi, due misure; il giorno e la notte; il “Davide” Taranto contro il “Golia” Expo.

Chi ha voluto far passare gli “antagonisti” (parola per la verità un po' troppo equivoca e a tratti fuorviante) per violenti o complici di questi, non ha voluto o potuto girare lo sguardo centinaia di chilometri più a sud.

Ed è vero, i black bloc vanno condannati. Ma non solo per i danni che hanno provocato in alcune vie di Milano, ma anche per aver nascosto sia per ciò che ha rappresentato questo grande carrozzone dell'Expo, ma anche le proposte costruttive che dal palco del concerto del Primo Maggio di Taranto si sono susseguite.

E si sa, certa stampa ha subito colto la palla al balzo per ritagliare le notizie di questi giorni come più aggrada. Leggendo i giornali “di parte” come Corriere, Repubblica, La Stampa, Messaggero, ecc. sembra che il messaggio da far passare sia rivalutare l'Expo perché chi non lo vuole sia un Black Bloc. Così che in poche ore ci si dimenticano fondi pubblici sprecati (dieci volte di più di Mare Nostrum, per intenderci) e finiti in pasto ai soliti professionisti della politica e alla ndrangheta.

Passano in terzo piano anche le tante opere incomplete e persino il crollo del padiglione della Turchia, che invece meriterebbe ampia discussione sulla scarsa qualità dei materiali di costruzione (così teneri che si tagliano con un grissino), frutto del massimo ribasso e dell'esserci ridotti all'ultimo minuto. E qui i danni non sono attribuibili ai black bloc. Ma neanche di questo si parla.

Non si parla neppure dell'ipocrisia di fondo dell'Expo: “Venite all'Expo per conoscere le culture di tutto il mondo”, e poi chi veramente ci può arricchire culturalmente lo cacciamo via o, peggio ancora, lo lasciamo morire in fondo al mare.

L'ipocrisia aumenta se pensiamo alla “lotta al kebab” promossa prima da Formigoni e poi da Maroni, entrambi grandi promotori e finanziatori (pubblici) dell'Expo.

L'ipocrisia poi si trasforma in offesa se si pensa che l'inaugurazione sia coincisa con la festa dei lavoratori...

Televisioni di tutto il mondo per guardare una passerella di politici incravattati, come se con l'Expo si siano improvvisamente risolti tutti i problemi internazionali e italiani.

E invece, molto più a sud, c'era forse la vera Italia, quella che si vuole ribellare dai soprusi in maniera pacifica e soprattutto costruttiva. Quella che certa stampa ha ignorato, forse perché il tema era “legalità e giustizia”. Per lo più gente comune.

C'erano le mamme dei bambini morti nella Terra dei Fuochi, alcuni anche di pochi mesi.

C'era don Palmiro Prisutto, parroco di Augusta in prima linea contro il petrolchimico del “triangolo della morte” Augusta-Priolo-Milazzo. Mentre per Salvini il problema di Augusta erano gli immigrati nel porto, ogni mese don Palmiro celebra una messa in ricordo di tutti i morti per neoplasia.

C'era Raffaella Ottaviano, commerciante di Ercolano che ha denunciato il racket della camorra, facendo arrestare gli aguzzini che le chiesero il pizzo, ma soprattutto creando un effetto “a catena” per gli altri commercianti. Rifiutando la scorta.

C'era Giampaolo Massese, giovane amministratore di una impresa agricola e zootecnica completamente autosufficiente dal punto di vista energetico e che produce a Taranto il primo olio 100% eco-sostenibile in Italia. La sua ditta, dal nulla, è arrivata addirittura a sponsorizzare un Moto-GP, diventando un esempio per tutti i giovani che cercano lavoro e hanno scarsa fiducia nel futuro.

C'erano i No-Triv, rappresentati dal giornalista Gaetano Pecoraro e dal pastore Giovanni Grieco, testimoni del danno ambientale delle trivellazioni petrolifere in Basilicata, frutto del decreto “Sblocca Italia”.

C'era il sindaco della mia città, Renato Accorinti, che ha rifiutato l'invito all'Expo preferendo il dibattito sulla legalità a Taranto: “Togliere la politica dalle mani di chi ne fa un gioco di potere”. Forse la frase più anti-Expo mai pronunciata in questi giorni. (*)

C'era Marco Travaglio, che col suo stile inconfondibile, che ha raccontato i fatti veri sull'Ilva e gli amministratori comunali e della Puglia (in particolare di un fischiatissimo Nichi Vendola), per poi terminare dicendo che Taranto meriterebbe la medaglia d'oro per la resistenza.

Ci sono stati anche i rappresentanti dei lavoratori della ThyssenKrupp per parlare della sicurezza sui luoghi di lavoro, i No-Muos, i No-Carbone, l'associazione anti-racket di Brindisi, la dottoressa Francesca Russo, medico del reparto di Oncologia del Moscati di Taranto... E chiedo scusa, perché sicuramente me ne sto dimenticando altri.

Un evento caratterizzato dalla rinuncia al compenso da parte di tutti gli ospiti, che sicuramente avrebbe meritato una maggiore esposizione mediatica e soprattutto una diretta streaming più adeguata (JoTv è una televisione regionale con un canale digitale terrestre, non visibile in tutte le parti d'Italia). La speranza è che il prossimo anno si possa fare qualcosa di più in questo senso.

Dunque un concerto più propositivo e soprattutto più libero rispetto a quello di Roma: basti pensare ai pochissimi riferimenti politici e di attualità, nonché ai casi di semi-censura improvvisata (Camila Raznovic che parla addosso al discorso politico di J-Ax e la censura del bacio gay dello Stato Sociale), facendo uscire la Rai con le ossa rotte. Se non fosse stato per J-Ax, i Tinturia (“Extra” è l'inno dei terroni), Mario Incudine e lo Stato Sociale, sarebbe sembrato di vedere un “Sanremo in piazza”. Andrebbe spiegato agli organizzatori che “1 maggio” è un evento politico per definizione.

Con mio notevole sforzo, sono riuscito a seguire entrambi i concerti da casa e devo riconoscere che il gap tra i due eventi è stato evidente.

Tornando al discorso iniziale, parte della stampa ha – forse inconsapevolmente – fatto passare il messaggio del “o con l'Expo o con i black-bloc”. Io invece dico che c'è una terza via: quella della ricerca della legalità e della giustizia del primo maggio tarantino. Per ricordarci quanto sia importante non arrendersi per provare a cambiare il mondo in maniera civile, che il nemico sia in giacca e cravatta o incappucciato. E che l' “antagonismo” può essere solo il presupposto per costruire qualcosa di nuovo.

(*) Tuttavia, voglio muovere una critica nei confronti del mio sindaco: con tutto il rispetto nei confronti del mastodontico impegno degli organizzatori dell'evento di Messina (il “MayDay” a forte Ogliastri), non sarebbe stato più interessante ed istruttivo un mega-schermo per seguire la diretta del concerto del Primo Maggio a Taranto (discorso di Accorinti compreso)?




Lasciare un commento