lunedì 28 agosto 2017 - MalKo

Giulio Regeni: demo dittature a confronto

Il caso Giulio Regeni è una di quelle storie dove s’intrecciano i peggiori scenari legati agli interessi pseudo politici di quei paesi dove a prevalere sono forze e logiche che nulla hanno di democratico, e anzi esercitano la violenza per spegnere qualsiasi scintilla di democrazia o di autodeterminazione che possa scoccare in un popolo oramai con ben poche speranze di uscire nel breve dalla gogna dittatoriale.

 

In Egitto ogni anelito di democrazia e di giustizia ha dovuto fare i conti con i vari presidenti che hanno campato e governato attraverso gli stati di emergenza, stringendo il popolo e le sue due inconciliabili anime in un angolo oscuro fatto anche di torture e sparizioni. Qualsiasi voce di dissenso viene sopraffatta, a iniziare dai sostenitori del presidente Mohamed Morsi, rimosso dall’incarico alcuni anni fa attraverso un colpo di stato guidato dall’attuale generale Abdel Fattah al Sisi.

Le proteste non proprio gandhiane dei cittadini a favore di Morsi, furono spente nelle piazze di Rabaa al-Adawiya e di al-Nahda il 14 agosto del 2013 con una violenza senza precedenti, che contò centinaia di morti, come accusa l’organizzazione islamista dei fratelli musulmani.

La realpolitik italiana e non solo italiana, ovvero gli interessi del materiale sull’immateriale, ha consentito di aprire con Giampaolo Cantini le porte dell’ambasciata italiana al Cairo, riallacciando quei rapporti diplomatici con l’Egitto ufficialmente interrotti a seguito dell’ancora inspiegabile assassinio di Regeni. Una ripresa diplomatica riavviata nonostante la scarsa collaborazione dei servizi egiziani, che non hanno consentito agli investigatori italiani di accedere a tutto il carteggio inerente il caso.

Non si conoscono le motivazioni del barbaro omicidio, almeno ufficialmente, così come non si riesce a dare un nome e un cognome ai sicari e ai mandanti che hanno deciso la soppressione del giovane ricercatore nei primi giorni di febbraio del 2016.

Probabilmente Giulio Regeni è stata vittima di servizi deviati ma non si capisce in quale direzione. Le lotte intestine al Cairo portano grande confusione, perché il controspionaggio pare che sia legato all’organizzazione dei fratelli musulmani, diversamente dall’intelligence militare fedele invece al generale Al Sisi. Tra i due estremi i simpatizzanti…

Certamente gli interrogativi su questo tragico omicidio sono tanti e ancora senza risposte, come ad esempio perché mai è stato consentito il ritrovamento del ragazzo quando poteva essere facilmente trasformato in una sorta di desaparecidos del Nilo? Il corpo inanime serviva quindi per indirizzare le colpe nella direzione governativa? Perché poi le sevizie ricevute erano così plateali? Forse per educarne mille o smuovere l’opinione pubblica italiana nella direzione dell’inimicizia col governo egiziano? Perché il ritrovamento è avvenuto in concomitanza con la visita del ministro Guidi in Egitto, in loco con 60 imprenditori per promuovere accordi commerciali? Cui prodest questa morte? 

Il grande business strategico, offerto dal giacimento offshore di metano denominato Zohr, individuato dall’ENI nel mare egiziano nel 2015, è un ulteriore fattore di confusione, perché potrebbe essere alla base di qualche appetito di qualche grande democrazia occidentale che vanta virtù democratiche e poi bombarda la Libia.

Tra l’altro potrebbe anche essere che i destabilizzatori di professione possano aver tramato per evitare che l’Italia possa accordarsi con l’Egitto per mettere ordine nel disordine libico. Intanto il turismo tira poco sul Mar Rosso e c’è bisogno di contante. Sui giacimenti aeriformi c’è chi vola in tondo. L’energia del futuro per molti anni dovrà vivere di metano, che oltre ad offrire quantità interessanti garantisce anche ottimi compromessi per la riduzione dell’inquinamento atmosferico globale. Un grande giacimento di metano vale ben più di un consolato chiuso…

Vien da pensare allora ad un grande immondezzaio mondiale, dove tutti fingono di essere quello che non sono e dove tutti per accaparrarsi benevolenze e influenze e contratti energetici, venderebbero le mogli per pochi cammelli. Figuriamoci quali scrupoli possano aver avuto coloro che hanno giustiziato il giovane italiano semplicemente entusiasta delle possibilità offertegli dalla enigmatica Cambridge, e che mai avrebbe pensato di essere immolato inconsapevolmente su qualche altare delle spy storie internazionali, oppure su quello ancora più violento delle diatribe interne egiziane fatte di colpi di stato e di repressioni e diffamazioni o su quello non meno drammatico della migrazione e dei conflitti areali. Quanta primavera araba sia sbocciata nella terra delle piramidi, Regeni non ha avuto il tempo di scoprirlo fino in fondo…

Respingere il ricatto energetico in nome di una giustizia universale che richiede che i colpevoli di un delitto vadano individuati e puniti e che non si parla e non si intrecciano affari con i sicari e i loro mandanti, vorrebbe significare che il nostro Paese è duro e puro.

In realtà in Italia non solo non siamo così duri e puri, ma soprattutto non abbiamo molte alternative energetiche nonostante le forsennate operazioni di trivellazioni che stanno sconvolgendo la Penisola mare compreso. Vogliamo mettere al bando il gassoso Egitto perché non ci fornisce atti e documenti relativi al caso Regeni? Il fatto che non ci consentano di accedere ai faldoni d’intelligence, per noi cittadini di una repubblica democratica fondata sui diritti sanciti dalla carta costituzionale è inconcepibile. Siamo uno stato di diritto basato su una matura democrazia; uno Stato repubblicano dove i cittadini scelgono con libere elezioni i loro rappresentanti che dovranno poi forgiare al meglio quelle istituzioni tanto care al Mazzini, quale strumento unico di felicità terrena.

Nel nostro ordinamento giudiziario e amministrativo dalla lunga tradizione dicevamo, l’accesso agli atti soprattutto personali ad oggetto la persona anche in senso prognostico, è un elemento dicono di grande certezza democratica, negato solo ed eccezionalmente se viene compromessa la sicurezza della nazione o dei suoi apparati.

E allora bisognerebbe che qualcuno spieghi a un cittadino incensurato di questa repubblica democratica, incensurato e neanche rivoluzionario, perché gli è stato proibito di accedere agli atti, ovvero a una relazione stilata da una stazione dei Carabinieri e da un Commissariato di Polizia, poi secretati dall’ufficio di governo periferico senza alcun motivo di ordine e sicurezza pubblica. Una vicenda in realtà che dimostra come nella nostra repubblica viga comunque una certa aristocrazia istituzionale che inquadra il popolo (popolino) titolare di ben pochi diritti e soprattutto potenzialmente candidabile alle logiche dell’arancia meccanica istituzionale, nonostante le attività del senatore Manconi in difesa dei diritti dell’uomo.

Dopo un’estenuante corrispondenza, un parziale successo c’è stato e costui di cui conosciamo perfettamente le generalità, ha potuto accedere agli atti secretati che lo riguardano, ma senza poterne estrarre copia. A leggere una di quelle relazioni, sono sicuro che la Signora Regeni avrebbe annullato il viaggio in Egitto. Gli valga il conforto che in nome di Giulio si è preteso e probabilmente ottenuto l’affermazione di un diritto!




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