venerdì 8 aprile 2011 - Matteo Scirè

Giovani precari in piazza sabato 9 aprile, “Il nostro tempo è adesso”

“Il nostro tempo è adesso”. È questo il motto che sta accompagnando la grande manifestazione dei lavoratori precari in programma per il prossimo sabato in molte città italiane. Un esercito spesso silenzioso e invisibile, composto soprattutto da giovani, che ogni giorno tenta di sbarcare il lunario con lavori pesanti e malpagati.

Su di loro è stato scaricato il peso del costo del lavoro e del sistema di welfare che fino ad oggi ha garantito condizioni dignitose alle generazioni precedenti.

Tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000 era questo in politichese l’imperativo categorico della politica nazionale e internazionale: “bisogna adeguare il mercato del lavoro alle esigenze della globalizzazione”, “ci saranno più opportunità per i giovani di trovare occupazione”, “la flessibilità darà ai giovani l’occasione di cambiare occupazione e realizzare le proprie ambizioni professionali” etc. etc.

Così sono state introdotte le nuove tipologie contrattuali imposte ai lavoratori del nuovo millennio. È bastato cambiare la natura del rapporto di lavoro, da subordinato a coordinato o a progetto, e il gioco è stato fatto. Il patrimonio di diritti e garanzie ottenuto dal popolo dei lavoratori con dure lotte e battaglie è stato spazzato via in un sol colpo.

Da quel momento abbiamo scoperto che anche lavorare in un call center è un progetto, che recarsi sul posto di lavoro e rispondere da un box un metro per uno alle chiamate degli utenti è un lavoro autonomo. Cosa c’è di diverso tra un operatore di ieri e uno di oggi? Niente, per quanto riguarda le mansioni e gli orari. Tutto per quanto riguarda la retribuzione, decisamente più bassa, e le garanzie di cui godevano i loro genitori: indennità di malattia, maternità; la pensione, poi, sembra proprio un miraggio.

Intanto i giovani hanno cominciato a fare i conti con un altro progetto, quello di una vita precaria e incerta. E questi sono i più fortunati, visto che l’alternativa in Italia è la disoccupazione, schizzata al 30%, con punte che al Sud toccano il 40%.

Certo una soluzione ci sarebbe, come ha più volte ribadito il Presidente del Consiglio: trovarsi un fidanzato o una fidanzata ricca. Per chi non intende seguire il consiglio dell’anziano più ricco e potente d’Italia niente paura! Non fatevi prendere dallo sconforto, dalla disperazione. Accendete piuttosto il televisore e sintonizzatevi su uno dei tanti programmi di approfondimento politico: ci sarà sicuramente qualche politico pronto a prendere le vostre difese e a confortarvi, dicendo che c’è bisogno di ammortizzatori sociali e programmi di formazione perchè il lavoro sia flessibile e non precario.




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