mercoledì 17 luglio 2024 - Gerardo Lisco

Giovani, meno giovani, liste civiche e consorterie

Ho letto con attenzione il confronto su Talenti Lucani aperto da Marco Di Geronimo al quale ha risposto con un proprio articolo Raffaele La Regina. Per entrambi ho grande stima e affetto.

 Penso che la profondità delle riflessioni meritano un’attenzione maggiore rispetto al semplice commento scritto sulla mia pagina Facebook. La Regina è stato defenestrato in malo modo da segretario regionale del PD lucano quale responsabile della sconfitta alle ultime elezioni politiche con l’aggiunta di un’accusa di antisemitismo fondata sul nulla. Marco Di Geronimo invece, essendo, troppo intelligente ed autonomo, in un sistema fondamentalmente conservatore, più che come risorsa è percepito come problema. Dopo aver letto entrambi gli articoli non mi sembra che essi siano in contrasto tra di loro. Raffaele La Regina sottolinea che oggi i luoghi del confronto politico sono fuori dai partiti. A dimostrazione di ciò che sostiene porta ad esempio una serie di associazioni, movimenti, ecc. che, a suo parere, alimentano appunto il confronto culturale – politico. Pur condividendo le riflessioni la domanda che mi pongo è quanto quei movimenti sono davvero in grado di rompere con il conservatorismo dei ceti lucani. A mio modesto parere poco o nulla. Alcune delle associazioni citate sono il braccio operativo delle consorterie lucane rivestendo la funzione di cinghia di trasmissione del consenso elettorale. Sono associazioni e movimenti che hanno la funzione di supporto alla conservazione del sistema lucano non certamente di cambiamento. Essendo questo il contesto è del tutto evidente che l’essere conservatori o progressisti non ha nulla a che vedere con le culture politiche, tradizionalmente, rappresentate da destra e sinistra, ma con la conservazione delle posizione acquisite da parte dei singoli ceti. La riflessione di La Regina ha anticipato le interviste rilasciate, a distanza di qualche giorno, da Bersani e Cuperlo su la Repubblica. Mi sono preso la briga di leggere anche quelle interviste. Gli interventi dei due hanno provocato la reazione dell’ex On. Vincenzo Viti, il quale è riuscito a superare in ovvietà e politichese persino Bersani. Se non ha superato Cuperlo è perché lo stesso Viti in un passaggio del suo intervento scrive, facendo autocritica, << Questi pensieri fin troppo ovvi mi portavano a riflettere sulle tante occasioni mancate nella politica. E che spiegano il perché dell’epilogo cui sono giunti gli insediamenti che hanno per intere stagioni scandito tempi e scelte di governo della regione (…)>> Pensando al ruolo rivestito dal già On. Viti e non solo in parlamento mi è venuto il dubbio che ad avere determinato le scelte politiche lucane sono stati quei pochi lucani che vivono la politica come impegno civile i quali hanno finito con l’avere un peso politico di gran lunga superiore a potentati economici e filiere politiche. Certamente non è il solo On. Viti a non avere contato nulla anche molti altri. Giuro! credo a quanto scritto nell’articolo dall’on. Viti. Dicevo i due interventi di La Regina e Di Geronimo toccano aspetti diversi, analizzano questioni non in contrasto tra di loro. Marco Di Geronimo narra nel suo articolo la fallita "primavera" dei giovani lucani. Un movimento politico nato tra i banchi di scuola, animato di buoni propositi , poteva contribuire, in positivo, al cambiamento. Il sistema cooptando alcuni di loro, facendo leva sulle ambizioni individuali di ciascuno ha impedito che quella “primavera” si traducesse in una nuova stagione della politica lucana. Ricordo qualche anno fa di essere stato invitato ad un’assemblea del movimento studentesco. Mi sedetti all’ultima fila osservando ed ascoltando tutti con molta attenzione. Ascoltandoli mi vennero in mente i versi della canzoni di Gino Paoli “ eravamo quattro amici al bar”. Spero che questo riferimento non venga preso come un’offesa.. La “primavera” di cui parla Marco Di Geronimo nella sua bella e intensa riflessione, visto il contesto e il conservatorismo vero dato antropologico che interessa anche le giovani generazioni, non poteva produrre nulla di diverso da ciò che ha prodotto. Via, via ognuno di essi si è sfilato, citando Gino Paoli chi è “andato al mare”, chi ha “preferito un impiego in banca “, chi si è fidanzato, chi è andato a studiare fuori regione . In un sistema fondamentalmente conservatore dove la società civile non è indipendente dai ceti politici, non c’è nessuna dialettica, il tutto si consuma nell’ambito ristretto della negoziazione tra mondo associativo e filiera politico – economica di riferimento. Qualcuno potrebbe dire allora non c’è speranza? Non c’è nulla da fare ? Nulla è impossibile o quasi. Di recente abbiamo visto il fiorire di liste civiche. Le liste civiche sono espressioni di ciò che resta di partiti sempre più ridotti a semplici cartelli elettorali, questo fenomeno investe soprattutto il centro – sinistra, meno il centro – destra. Ad essere in crisi è soprattutto la sinistra la quale ha perso totalmente la sua identità e la sua capacità organizzativa e di relazione con il disagio sociale. Il punto è quanto il civismo è realmente autonomo, genuino e soprattutto quanto è portatore di una cultura politica autonoma. Il civismo senza cultura politica si riduce ad un puro e semplice comitato di affari. Perché non diventi tale serve una società civile fortemente autonoma dalle consorterie politico – economiche che controllando le fonti della ricchezza lucana alimentano un consenso che non porta sviluppo ma solo mantenimento delle rendite di posizione. Servono i movimenti civici ma nel contempo serve una rifondazione dei partiti politici. Tema il secondo che non riguarda la sola Basilicata o la sola città Capoluogo di Regione ma l’Italia nel suo complesso. Tornando alle interviste rilasciate da Bersani e Cuperlo, anticipate da Raffaele La Regina, esiste una politica fuori dai partiti, ne prendo atto, è sufficiente organizzare quel mondo di associazioni e di mondi sotto forma di “comitati”?. L’On. Viti al solo sentire il termine “ comitato” si è immediatamente spaventano perché in essi ha visto la “sovietizzazione” della vita politica lucana e nazionale. Essendo chi scrive un ammiratore di Lenin e dei Soviet mi verrebbe da dire magari fossero dei “soviet” . Al netto della mia ironia, che l’On. Vitti spero vorrà perdonare, è chiaro che il nodo è di cultura politica e quindi di dialogo non certamente di organigrammi astrusi e di negoziazione di affari o peggio di ambizioni smodate che non producono nulla. 




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