sabato 10 settembre 2011 - fabiana traversi

Giornalismo: da Gutenberg a Minzolini. Storia di una professione e delle sue contraddizioni

Questa estate è uscita nelle librerie la biografia di Augusto Minzolini. Il volume, edito da Kaos editore e scritto da Michele De Lucia, ripercorre tutta la carriera giornalistica e politica dell'attuale direttore del Tg1. Attraverso la lettura di queste duecento pagine, viene alla memoria la storia del giornalismo, dalla macchina di Gutenberg all'avvento dell'alfabettizazzione di massa. Storia di molti paesi che ha portato al caos attuale. Ma quale sarà il futuro?

Comunicazione e informazione. Temi attuali e molto dibattuti soprattutto nella nostra penisola. Forse perché siamo l’unico paese dove il giornalista è considerato un lavoro vero e proprio, al pari dei medici o degli avvocati?

In Italia, infatti, il giornalista è il professionista del giornalismo che si occupa di scoprire, analizzare, descrivere e scegliere notizie. Il giornalista redige articoli, inchieste, reportage o editoriali per testate giornalistiche periodiche o agenzie di stampa, per mezzo di un medium (carta stampata, radio, tv, internet). Diversamente dalla maggioranza degli altri stati, in Italia l'attività del giornalista è riconosciuta per legge, (la numero 69 del 1963), ed è quindi alla pari degli altri stati, fondata su una deontologia. Un cittadino italiano che vuole definirsi giornalista deve far parte dell'Ordine Professionale. Perciò chi non è iscritto all'Ordine non può ai sensi della legge definirsi giornalista (realtà che non esiste nel resto del mondo). Da un punto di vista pratico però, diversamente dalle altre professioni normate (avvocato, medico ecc), chiunque può svolgere un'attività simile a quella del giornalista che si estrinseca nella libera manifestazione del pensiero, (diritto sancito costituzionalmente), ma non ha la possibilità di definirsi "giornalista". L'esercizio abusivo della professione giornalistica è un reato penale. L'ordine dei giornalisti prevede in Italia, secondo la legge n. 69 del 1963, che l'Albo è diviso in due appositi elenchi: i giornalisti professionisti; i giornalisti pubblicisti. (Fonte: Wikipedia)

Secoli di cambiamenti ed evoluzioni hanno portato alla nostra attuale forma di giornalismo ed informazione, che perfettamente si rispecchia nelle pagine di “Se questo è un giornalista. Ritratto biografico di Augusto Minzolini, gazzettiere del berlusconismo”, (pagg.240, 18 euro). L’autore Michele De Lucia è tesoriere di Radicali italiani e della Lega per l'Uninominale. Ed ha già al suo attivo altre pubblicazioni come: “Siamo alla frutta. Ritratto di Marcello Pera”, (Kaos edizioni, 2005), biografia non autorizzata dell’allora Presidente del Senato. Il nuovo volume, uscito in questa calda estate, racconta la storia di Augusto Minzolini, giornalista italiano, dal 2009 direttore del Tg1.

Ma quale è stato il percorso di questo giornalista? Minzolini iniziò la sua carriera giornalistica nel 1977, svolgendo il praticantato all'agenzia di stampa Asca. Nel 1980 diventa giornalista professionista. Nel 1985 collabora con "Panorama" che lo assume due anni più tardi. Ma nel 1990 riceve la proposta di Ezio Mauro, per lavorare a La Stampa. Proprio qui, due anni dopo diverrà inviato e poi editorialista. Una carriera lunga e piena di soddisfazioni. Nel 1994, durante un'intervista rlasciata a Repubblica, si dichiara contrario ad ogni tipo di privacy per i politici: "Le smentite a ripetizione rivelano solo che abbiamo una classe politica nuova che non ha ancora assimilato il fatto che un politico è un uomo pubblico in ogni momento della sua giornata e che deve comportarsi e parlare come tale. [...] Quattro anni fa, e cioé in tempi non sospetti, scrissi che la nomina di G. Sodano alla Rai nasceva dai salotti di Gbr, la televisione di A. Pieroni. Oggi penso che se noi avessimo raccontato di più la vita privata dei leader politici forse non saremmo arrivati a tangentopoli, forse li avremmo costretti a cambiare oppure ad andarsene. Non è stato un buon servizio per il paese il nostro fair play: abbiamo semplicemente peccato di ipocrisia. Di Anja Pieroni sapevamo tutto da sempre e non era solo un personaggio della vita intima di Craxi. La distinzione fra pubblico e privato è manichea: ripeto, un politico deve sapere che ogni aspetto della sua vita è pubblico. Se non accetta questa regola rinunci a fare il politico".

Quattro anni più tardi, Minzolini rivelò su La Stampa, l'accordo per eleggere D'Alema alla Presidenza della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali. Nello stesso anno fu l'unico a scoprire il luogo della cena nella quale Berlusconi, Fini, D'Alema e Marini siglarono il "patto della crostata" sulle riforme della Costituzione. Nel 1998 intervistò Craxi ad Hammamet (Tunisia), l'intervista fu realizzata per il programma Passioni, andato in onda su Rai2. La messa in onda suscitò alcune polemiche (vedi anche qui).

Minzolini nei primi 20 anni di attività per la carta stampata e la tv è riuscito a realizzare molti scoop, così nel 2009 viene nominato a maggioranza dal CdA Rai direttore del Tg1, (senza i voti di tre esponenti del centrosinistra, che avevano abbandonato l'aula, giudicando la nomina "irricevibile", ottenendo il voto favorevole del presidente della Rai, Paolo Garimberti). Il nuovo direttore ottiene la fiducia della maggioranza dei redattori del Tg1 che votò il suo piano editoriale con 101 voti a favore e 40 contro.

Secondo una rielaborazione dei dati Auditel, fatta ad aprile 2010 dal consigliere di minoranza del Cda Rai, Nino Rizzo Nervo, dal 2005 (quando il direttore del Tg1 era Clemente J. Mimum), passando per la direzione di Gianni Riotta (dal 2006 al 2009), arrivando sino al marzo 2010, dopo meno di un anno di direzione di Minzolini, la quota di share sarebbe scesa, facendo perdere al Tg1 un milione di telespettatori.

Nell'ottobre 2010, il Tg1 i è stato diffidato dall'AgCom per "forte squilibrio" a favore della maggioranza e del governo. Minzolini ha contestato dati e criteri dell'Autorità. A fine marzo 2011, dall'AgCom viene dato al Tg1 (insieme a Tg4 e Studio Aperto) un ordine di riequilibrio immediato tra tempo dedicato alla maggioranza e all’opposizione "evitando altresì la sproporzione della presenza del governo, specie in relazione alla campagna elettorale d’imminente inizio". Il 23 maggio dello stesso anno, in merito alle interviste di Silvio Berlusconi in prime time durante la campagna elettorale, l'AgCom "ha ritenuto che le interviste, tutte contenenti opinioni e valutazioni politiche sui temi della campagna elettorale, ed omologhe per modalità di esposizione mediatica, abbiano determinato una violazione dei regolamenti elettorali emanati dalla Commissione parlamentare di Vigilanza e dall’AgCom. La Commissione ha pertanto deliberato, a maggioranza, di comminare a Tg1 e Tg4 la sanzione nella misura massima prevista dalla legge (258.230 euro), in quanto recidivi, e sanzioni di 100 mila euro ciascuno a Tg2, Tg5 e Studio Aperto".

Nel mese di Luglio del 2011. il Tg1 ha presentato un conto molto salato ed allarmista al suo Direttore: la pubblicità è in crisi, la Sipra prevede un calo di 70 milioni di euro. “Scaricato. Nessuno l’ha difeso perché l’intoccabile, che fa scappare spettatori e milioni di euro, ormai è indifendibile. Il Consiglio di amministrazione Rai chiede provvedimenti per Augusto Minzolini, prepara una comoda e inevitabile uscita, evocata a sinistra e sopportata a destra”.

Che sia il segnale che nell’epoca della digitalizzazione e del web 2.0, sia più facile accedere a notizie reali e pulite? Forse il mondo di oggi, veloce e sempre più competitivo, rivoluzionato da nuove strategie comunicative e dalle potenzialità della rete, possa modificare il mestere di giornalista? Che autori di tv, Internet e radio, considerino i precedenti errori e scandali successi per ammodernare e adattare duttilmente alla realtà anche questo vecchio mestiere? Dare la possibilità a tutti i nuovi studenti e futuri operatori della comunicazione di fare il loro lavoro con amore e passione senza incappare in troppe regole non scritte e sbattere conto muri legislativi? Le aule universitarie sono colme di giovani aspiranti giornalisti che per anni studiano la teoria sui libri ed a volte le applicano all'interno di redazioni che offrono esperienza gratuita. 

L’intera Europa concepisce l’attività giornalistica basandosi secondo logiche di mercato, associativo-sindacali e organizzative proprie delle aziende editoriali in cui viene svolto il lavoro vero e proprio. Lo Stato interviene di rado, solitamente partecipando alla commissioni per abilitare l’aspirante giornalista alla professione (è questo il caso del Belgio e del Lussemburgo). E poi vi sono quei paesi in cui dell’intervento dello Stato non vi è nemmeno l’ombra, come l’Inghilterra e la Germania. Perchè nella nostra penisola tutto ciò non è nemmeno immaginabile? Anche nei paesi ove la professione giornalistica viene sottoposta a controlli stringenti ed è tutt’altro che de-regolamentata ma affidata a organizzazioni sindacali e/o commissioni composte unicamente da giornalisti/miste (Belgio, Lussemburgo, Francia, Norvegia, Austria), Regno Unito (e Irlanda) – in assenza di un controllo normativo di natura pubblica – sono fioccate libere associazioni di giornalisti (delle specie di sindacati-club). Altro che caos anarchico provocato dalle “liberalizzazione selvagge”: chiunque può, semplicemente, mettersi davanti a una tastiera e scrivere; se i suoi “pezzi” saranno validi, potrà fare strada e iscriversi (se lo ritiene opportuno) all’associazioni più vicina ai suoi orientamenti e alle sue affinità politiche e non. Medesimo discorso (come scritto sopra) anche in Germania, dove chiunque può liberamente e pacificamente definirsi giornalista.

Ricordiamo che la storia del giornalismo ci insegna che grazie a Gutenberg, inventore della stampa a caratteri mobili, la letteratura non è stata più riservata ad una elite. Grazie a questa grande novità, fu possibile l'abbassamento dei prezzi dei libri e la diffusione della stampa. Il primo libro ad essere stampato fu una Bibbia, cui Gutenberg lavorò tra il 1448 ed il 1454 insieme all'incisore Peter Schöffer. Le prime applicazioni della nuova invenzione furono legate ai notiziari emessi dalle compagnie di navigazione, che riportavano notizie di carattere prettamente commerciale e, saltuariamente, politico. Gli antenati degli odierni giornali, conosciuti in Francia con il nome canard, iniziarono a circolare, soprattutto tra commercianti e banchieri, verso il finire del '400, per poi avere una forte espansione nella prima metà del '500. Mancavano di una periodicità regolare, ma erano pur sempre rappresentativi di un interesse crescente per la diffusione e lo scambio di informazioni e notizie legate all'attualità. Nel mondo anglosassone, i primi predecessori del giornale moderno furono invece cosiddetti corantos, opuscoli che raccoglievano notizie riguardanti solo determinati eventi degni di rilievo. Le prime pubblicazioni di carattere prettamente giornalistico nacquero all’inizio del '600. Tra queste, la Nieuwe Antwerwsche Tijdinghe di Anversa, il tedesco Frankfurter Journal, l’inglese The Weekly News e la francese Gazette, patrocinata dal cardinale Richelieu. Si trattava di prodotti di formato piccolo e con una periodicità soprattutto settimanale. Alcune contenevano pregiate illustrazioni di battaglie o ritratti di sovrani ed uomini politici.

Per quanto riguarda l'Italia, i primi periodici di cui si ha notizia nascono tra la fine degli anni trenta e la metà dei quaranta, nelle principali città del centro e del nord. Il sud arriva subito dopo, con le prime pubblicazioni in Sicilia ed a Napoli negli anni settanta. Caratteristica delle pubblicazioni italiane era l’assenza di una vera e propria titolazione, in favore di una struttura simile a un semplice contenitore di notizie. I primi esempi di stampa periodica a carattere non informativo compaiono intorno alla metà del Seicento: si tratta soprattutto di pubblicazioni a carattere letterario, culturale o scientifico. Un esempio è dato dal settimanale Journal des Savants, pubblicato a Parigi nel gennaio 1665.

La formula del giornale letterario sarà successivamente importata con successo anche in Italia, grazie al romano Il giornale dei letterati (1668) ed al veneziano Il Giornale dei letterati d’Italia (1710). Quello che diverrà però il vero punto di riferimento per gli illuministi italiani è Il Caffè di Pietro Verri, uscito la prima volta nel 1764. Il primo quotidiano nasce invece a Lipsia, nel 1660. Nome del giornale: Leipziger Zeitung. Sei anni più tardi è la volta dell’Inghilterra, con la London Gazette. Sotto la spinta delle rivoluzioni industriale e francese, i quotidiani aumentarono progressivamente la loro diffusione, soprattutto in Inghilterra, mentre negli Stati Uniti d'America il primo giornale viene stampato a Boston nel 1690. Pubblicato però senza autorità, viene però immediatamente soppresso. Il primo giornale riuscito fu allora il bollettino di Boston, nel 1704.

Negli Stati Uniti la stampa trova pieno sviluppo con un certo anticipo rispetto all’Europa, e questo avviene soprattutto grazie al Primo Emendamento della carta costituzionale, che prescrive un grado notevole di libertà di stampa [...] Durante la guerra di indipendenza, la richiesta senza precedenti di notizie fresche e veritiere trasformò il giornalismo in una vera e propria forza dinamica della vita nazionale; il giornale inteso in senso pienamente moderno nasce non a caso proprio negli Stati Uniti, negli anni Trenta dell'Ottocento, all'epoca della cosiddetta rivoluzione della Penny Press. Il nome era dato dalla nuova consuetudine della vendita del quotidiano direttamente nelle strade e nelle piazze, per mezzo dei cosiddetti strilloni e al prezzo di un penny. (Fonte: Storia del giornalismo moderno di Matteo Liberti)

Nel settembre del 1833 nasce il The New York Sun, che in pochi mesi raggiunge le quattromila copie ed in due anni le quindicimila. Nel 1835 nasce il New York Tribune, seguito nel 1839 dal New Morning Herald. Il New York Tribune, nel 1859, è il primo ad inaugurare un nuovo genere giornalistico: l’intervista. Non c'è più bisogno di attendere l'evento giornalistico, ora lo si può provocare... Lo stesso giornale inaugurerà anche la prassi delle edizioni straordinarie in occasione di eventi di particolare rilevanza e dedicherà ampio spazio alla cronaca nera e all’informazione economica e sportiva. Il successo di questo genere di pubblicazione è immediato. I nomi dei giornali cessano in questo periodo di richiamare il puro lessico commerciale tipico delle gazzette del secolo precedente, per assumere nomi suggestivi e più adatti al gusto dei nuovi lettori.

Anche in Italia nascono i primi grandi organi di stampa, come “La Nazione” (1859), “Il Secolo” (1866), “Il corriere della Sera”(1876). Ogni testata ha un proprio indirizzo politico Ma la stampa continua ad essere uno strumento di comunicazione d’elite: i periodici riflettono una gestione artigianale e personalistica, con tirature e circolazione limitate. La costosa carta ricavata dagli stracci, i torchi non meccanici e le operazioni di composizione dei caratteri a mano, fanno si che i giornali siano alla portata di pochi. Oltre a ciò, si verificano due importanti cambiamenti all’interno del mondo giornalistico: la crescente presenza della pubblicità (che finisce ad un certo punto per entrare negli stessi articoli di cronaca) e la selezione delle notizie secondo la loro natura non più necessariamente politicizzata, ma legata anche a fatti di cronaca (dei quali interessano la stranezza, la singolarità, la carica emotiva e la capacità di evocare il vissuto personale dei lettori).

La scuola del New York Tribune ha fatto seguaci: la cronaca inaugura una nuova prospettiva della notizia stessa, potendo interessare indistintamente (a differenza della politica) tutte le classi ed i contesti sociali e culturali. Il nuovo giornalismo contribuisce a cambiare lo stesso atteggiamento dei lettori verso i fatti del mondo: tende ad abbattere la riservatezza della sfera privata dell’esistenza per dare addirittura l’impressione di poter difendere i cittadini contro gli abusi dei potenti.

Tornando a parlare di giornalismo e giornali in una panoramica più ampia, è questa anche la fase in cui si sviluppa una nuova cultura della notizia come merce, il cui unico parametro di riferimento inizia a diventare il mercato. L’espansione dei quotidiani popolari, che in poco tempo raggiungono il milione di copie, deriva in particolar modo dalla spregiudicatezza dei giornalisti per i quali il telos professionale diventa lo scoop, scovare cioè le notizie prima della concorrenza per vendere un numero sempre più consistente di copie. Questo tipo di giornalismo si sublimerà poi nel corso del novecento, secolo e che vedrà il giornalismo entrare nella vita politica e nelle esistenze di tutti, grazie anche all’avvento della libertà di stampa, il cui presupposto di partenza era ed è che una editoria libera da ogni condizionamento possa garantire una società e un convivere civile migliori. Non a caso il giornalismo è stato definito il Quarto Potere (dopo quelli legislativo, esecutivo e giudiziario), per l'importanza che da sempre riveste nella società civile e per i forti interessi che coinvolge. 

“Rimanere all'oscuro di quello che è capitato prima della propria nascita vuol dire rimanere per sempre bambini". (Marco Tullio Cicerone)




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