Fumi del porto. Il pericoloso particolato ultrafine misurato a Civitavecchia da Cittadini per l’Aria e dalla ONG NABU
- Daniel Rieger, Transport Policy Officer NABU
ROMA - E’ difficile, se non impossibile, trovare informazioni sulla qualità dell’aria all’interno dei porti italiani, quasi tutti a diretto contatto con le città. Eppure le attività portuali e le emissioni delle navi sono paragonabili a quelle di un grande stabilimento industriale che interferiscono nello stesso modo con la salute e con la vita stessa della popolazione, senza contare le ricadute negative sul delicato e prossimo al collasso ambiente marino.
- Porto di Civitavecchia
A colmare questa lacuna è partita la campagna “Facciamo respirare il Mediterraneo” promossa dall’associazione italiana Cittadini per l’aria in partnership con la ONG tedesca NABU Naturschutzbund Deutschland, una delle maggiori organizzazioni ecologiste tedesche fondata nel 1899, che costituisce anche il partner tecnico nella raccolta e nel trattamento dei dati raccolti.
- Axel Friedrich, International Consultant NABU con l’operatore della televisione svizzera RSI
Le misurazioni della qualità dell’aria effettuate nel porto di Civitavecchia, secondo quanto si ricava dal Comunicato delle due associazioni, mostrano “concentrazioni fino a 140 volte superiori a quelli delle zone con aria pulita di particelle ultrafini” che per le dimensioni – 1 µm e inferiori– sono considerate polveri respirabili, cioè in grado di penetrare in profondità nei polmoni fino agli alveoli entrando quindi in circolo.
I monitoraggi sono stati condotti, a partire dalle ore 7 di sabato 25 marzo, da Axel Friedrich, International Consultant e già a capo della divisione trasporti dell’Agenzia Federale per l’Ambiente, insieme ai volontari di NABU guidati da Daniel Rieger, Transport Policy Officer della ONG tedesca.
- ore 18,41 - Partenza Costa Pacifica
Per l’acquisizione dei dati sono stati utilizzati un P-Trak Ultrafine Particle Counter e un analizzatore realizzato dall’Istituto di Fisica Ambientale dell’Università di Heidelberg. Le misurazioni sono state “effettuate ad una distanza variabile fra 500 e 800 metri hanno mostrato livelli di polveri ultrafini con picchi fino a 280.000 pt per centimetro cubo durante le operazioni di attracco delle navi (Costa Pacifica, la FTI Berlin e MSC Magnifica, ndr). Il numero delle particelle in zone remote con buona qualità dell’aria è inferiore a 2000 pt/cc, il livello di fondo marino era pari a 2.500 pt/cc, mentre durante circa due ore di monitoraggio in porto la media rilevata è stata di circa 34.000 pt/cc”.
I dati diffusi definiscono un quadro preoccupante considerato che il monitoraggio (condotto in vari punti del porto e a bordo di un’imbarcazione) è stato realizzato in una giornata in cui erano presenti solo tre navi da crociera e tre traghetti delle compagnie Tirrenia e GNV. Cosa sarebbe accaduto in una giornata di alta stagione tra maggio e settembre con otto navi da crociera ormeggiate più i traghetti con corse straordinarie? Facile immaginarlo.
Certamente si può osservare che una città portuale è per definizione una città di servizi per la comunità nazionale e inoltre che il lavoro non abbonda, ma il prezzo da pagare per convivere con un porto passeggeri da primato con oltre 2 milioni e centomila presenze, più il resto del trasporto merci e traghetti, è alto se si aggiungono le altre servitù energetiche, civili e militari presenti. Per Anna Gerometta, avvocato e presidente di Cittadini per l’Aria, che si è posta come obiettivo personale il miglioramento della qualità dell’aria ovunque, città e porti compresi, lo Studio epidemiologico condotto dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale della regione Lazio fornisce una spiegazione dei costi sostenuti e da sostenere in futuro, almeno in termini di salute affrontati dalla collettività. Per Gerometta l’indagine e le conclusioni hanno “evidenziato come la residenza entro 500 metri dal perimetro del porto sia associata ad incrementi di rischio di mortalità per tumore al polmone (+31%) e eccessi di rischio per mortalità per malattie neurologiche del 51% superiore rispetto ai residenti in altre zone. Analisi epidemiologica che, si noti, si ricollega direttamente all’esposizione della popolazione che vive in prossimità del porto agli inquinanti atmosferici derivanti dallo stazionamento delle navi nel porto stesso.”
Allora cosa fare? CITTADINI per l’ARIA e NABU sostengono che “nel Mediterraneo traghetti, navi da crociera e navi portacontainer, sono tutt’oggi autorizzati ad usare olio combustibile pesante molto inquinante, senza alcun sistema di depurazione dei gas di scarico come invece previsto dagli standard per auto, camion e persino per le centrali elettriche. Di conseguenza i gas di scarico che escono dai motori delle navi contengono enormi quantità di inquinanti atmosferici tossici, come la fuliggine, e contribuiscono in modo significativo anche ai cambiamenti climatici”.
C’è nel comunicato anche spazio per una nota polemica verso John Portelli, Presidente di Rome Cruise Terminal, che ha negato ai volontari di NABU l’accesso al terminal crocieristico per effettuare le misurazioni nonostante tutti i documenti di identità e i mezzi utilizzati fossero stati forniti agli organi di polizia con largo anticipo: “Gli operatori delle crociere dovrebbero domandarsi se la flessione prevista per il 2017 del numero di passeggeri non sia anche da attribuire ad una crescente consapevolezza dell’insostenibilità ambientale di questi alberghi galleggianti”. La soluzione possibile per evitare ulteriori crisi del settore sarebbe quella di “sostenere l’attuale nostra richiesta di rendere anche il Mediterraneo una zona a basse emissioni navali come già esiste nel Nord Europa e in America”.
Intanto sull’intero tema del miglioramento della qualità dell’aria e del contenimento delle emissioni del traffico navale, il Comune di Civitavecchia ha promosso un Tavolo di lavoro, convocato per Mercoledì 29 marzo, al quale saranno presenti l’Autorità Portuale, la Capitaneria di Porto e le associazioni locali impegnate sui problemi della salute e dell’ambiente tra le quali Forum Ambientalista, Piazza 048 - Associazione per diminuire i tumori e il Codacons. Non si sa ancora se parteciperà una rappresentanza degli armatori.
Daniela Patrucco – referente della Campagna per il Mar Tirreno di Cittadini per l’aria - anticipa alcune possibili misure che avanzerà al tavolo di lavoro:
- l’emissione di un’ordinanza che imponga alle navi l’uso di combustibili a basso tenore di zolfo (0,10%) o altri combustibili più puliti già a dodici miglia dalla linea di costa;
- la pubblicazione su un sito istituzionale dei controlli alle navi effettuati dalla Capitaneria di Porto
- il supporto alla campagna nazionale e internazionale per la creazione di un’area ECA (Area di controllo delle emissioni) nel Mediterraneo nella quale possano essere utilizzati esclusivamente carburanti a bassissimo contenuto di zolfo e ossidi di azoto;
- l’inserimento nel Piano della Qualità dell’aria regionale di misure dedicate alle emissioni navali e portuali.
Sicuramente ci sarà altro ma la battaglia per un’aria meno tossica passa anche attraverso misure che vanno sostenute in sede di Unione Europea. Anche l’adozione di banchine elettrificate può apportare benefici immediati e i costi di realizzazione sono più abbordabili rispetto al passato. Potrebbe Servire anche un piano di incentivi nazionale che favorisca l’ammodernamento dei motori con nuove tecnologie.
In definitiva se il mondo dell’auto si è adeguato alle ripetute normative sulle emissioni, perché il trasporto marittimo è rimasto così lontano? Potrebbero sopravvivere le crociere in un mare morto e inquinato?
Ormai nulla si può rinviare per continuare a far vivere il mare Mediterraneo che sopporta oltre il 30% del trasporto marittimo mondiale e i tanti popoli che vivono intorno ad esso.