sabato 4 aprile 2020 - Anna Maria Iozzi

“Fumbleland”, Teresa Pascarelli: “Insegno l’inglese ai bambini, partendo dagli errori”

È possibile far apprendere l’inglese ai bambini con divertimento e allegria? È il compito del programma “Fumbleland”, che va in onda ogni giorno su Rai Yoyo. Condotto da Teresa Pascarelli, ideatrice e conduttrice, la trasmissione si propone di offrire alle famiglie e ai bambini la possibilità di instaurare un approccio divertente con la lingua inglese. Giochi, esperienze virtuali, attività ludiche. Ogni giorno, la Pascarelli, nel ruolo di Mrs Spelling, accompagna i bambini alla scoperta dell’inglese con i Fumbles, dei personaggi di fantasia che nascono dagli errori di ortografia.

 

Ogni giorno, va in onda su Rai Yoyo “Fumbleland – Mi è scappato un errore”, un progetto didattico volto all’apprendimento della lingua inglese. Come sta andando?

“Per fortuna, bene. L’audience è molto alta. Abbiamo delle bellissime interazioni con le famiglie che ci scrivono. I bambini ci mandano i disegni. È molto carino. Li fa sentire molto importanti. In un momento come questo, riusciamo a distrarli con questo programma. Imparano l’inglese, giocando. Abbiamo attivato un sostegno online, gratuito. È disponibile sulle applicazioni di Rai Play Yoyo. Nei nostri canali youtube, abbiamo aggiunto dei materiali, dei video dei Fumbles. I Fumbles sono dei personaggi che spuntano dai quaderni dei bambini, quando fanno degli errori di spelling. È un mondo di fantasia, di finzione. Ci sono dei bambini, in una classe vera, con una maestra buffa, stile Mary Poppins. È una sitcom musicale fantastica. Quando i bambini fanno un errore su una parola composta inglese, per esempio, invece di scrivere “airplane”, scrivono “hair plane”, aggiungendo la h all’iniziale della parola, nasce l’aereo capellone.

Ogni fumbles ha una serie di lessico esteso. Ci sono tantissime parole. Dipende dal livello del bambino. Un verbo, un aggettivo, la sua canzone, un piccolo messaggio di sostenibilità legato ai suoi temi. Tutto questo materiale lo stiamo mettendo online, sulla nostra pagina Facebook, in cui genitori possono accedere. In ogni post quotidiano, spieghiamo quello che possono fare, ogni giorno, i bambini per poter imparare sempre di più la Fumbles Lesson. Ci sono molte attività. Si scaricano dei giochi, degli esercizi didattici, da fare in casa. È un programma quotidiano che dà ai genitori e ai bambini una serie di attività e materiali didattici per giocare e imparare l’inglese a casa, senza dover spendere nulla. Bastano una stampante con dei fogli, dei colori, delle matite, perché sono degli oggetti che si trovano già in casa”.

 

Qual è il segreto, affinché i bambini instaurino un approccio consolidato con una lingua talvolta ostile come l’inglese?

“Il segreto è farli divertire. I bambini non guardano la tv, per imparare l’inglese. Partiamo da questo presupposto. I bambini di cinque o sei anni non guardano mai la tv senza fare qualcosa per imparare l’inglese. Lo fanno solo se si divertono. I Fumbles sono molto divertenti. A teatro, sono scritti e recitati bene. Hanno delle musiche bellissime. Non è il tipico programma per bambini, dove, spesso, erroneamente, si tenda a sottovalutare la qualità. I prodotti per i bambini devono essere i migliori, in assoluto, come qualità. I bambini non staranno mai a guardare un documentario o la lezione. Se tu non li dai un prodotto fatto bene, che li convinca e li diverta, cambiano canale. A otto, nove anni, cominciano ad avere la coscienza di sacrificarsi, per il loro futuro. I piccoli non ci pensano. Devi divertirli molto. Solo così, riuscirai a fargli fare delle cose divertentissime e complicatissime. Quando hai l’amore e la passione per le cose, assimili la didattica. Se una cosa ti interessa, la impari. Questo è il nostro intento”.

 

Come si possono affrontare gli errori che, per molti, nell’apprendimento formativo della lingua, vengono interpretati come un ostacolo?

“Questo è un altro principio che cerchiamo di rovesciare. In Italia, abbiamo una formazione e una cultura molto primitiva che, giustamente, severa, in frasi del tipo: “Non cantare, perché sei stonato”, “non parlare l’inglese, perché la pronuncia è pessima”. Abbiamo il terrore di sbagliare. Se non sbagli, non impari niente. Le più grandi invenzioni sono venute dagli errori. L’imprevisto è una cosa divertente. Il nostro inconscio genera delle cose impensabili, insperate, affascinanti, non cercate, volute dalla fantasia. Gli errori sono come noi. Pieni di difetti. Il bambino si rilassa con i Fumbles. Innanzitutto, si immedesima, perché quel personaggio non è un essere perfetto. Riesce a capire come correggerti, perché è simpatico e intelligente. Se li metti davanti alla perfezione, diventa un po' noioso. Tutti noi ambiamo alla perfezione, ma se non ci riusciamo, non importa.

Ci sono dei programmi ministeriali che, a scuola, demonizzare l’errore con la penna rossa in un compito, non serve a niente. Questo non vuol dire che non ci voglia impegno, disciplina e severità, ci mancherebbe altro. Affrontiamo gli errori con il sorriso, con l’incoraggiamento e il divertimento. Bisogna divertirsi anche con gli adulti. Ironizzare sulle cose. Non significa che se una maestra sorride non deve pretendere che i ragazzi studino o facciano i compiti. Non bisogna bacchettarli o terrorizzarli, quando tutti li ascoltano mentre fanno l’interrogazione. Non lo trovo producente come approccio, perché sono degli esseri fragili. Hanno paura, si vergognano e non parlano. Non sono a loro agio. Con questi atteggiamenti sbagliati, fai in modo che il bambino si inventi la scusa di essere ammalato, per non andare più a scuola. La penso così”.

 

Nel suo curriculum, vanta la fondazione della Jb Production, che fornisce sitcom musicali e teatrali per introdurre l’apprendimento della lingua inglese nei più importanti teatri. Com’è maturata questa passione?

“Io sono un’attrice di teatro. Sono andata all’estero. Ho avuto la fortuna di frequentare delle scuole internazionali e orientali, dove ho imparato l’inglese. In quelle scuole americane ed inglesi, c’è la cultura del musical e del teatro. Ho imparato a recitare, cantare, ballare, scrivere. In Italia, ho fatto l’Accademia di Arte Drammatica. Ho fatto l’attrice di prosa. Niente a che fare con i musical e con l’inglese. È stata una bellissima esperienza. Da lì, ho fondato la mia società, dove ho cominciato a scrivere delle sitcom di lingue per il teatro. Sono passata anche per la televisione. Mi sono specializzata in sitcom musicali di lingue che introducono l’inglese. Io non sono un’insegnante. Sono un’attrice, cantante e doppiatrice. Scrivo storie e sitcom, perché vengono dalla mia cultura americana. La superficialissima sitcom americana è stupida. Più è stupido, più è divertente. Prendere in giro ed ironizzare mette in evidenza i nostri difetti, come avviene, nella commedia dell’arte, in tanti generi italiani di comicità. La sitcom è tipicamente americana. Vanno di moda queste sitcom demenziali in cui ci sono dei ragazzi che fanno delle cose esagerate. Piacciono, perché sono divertenti. Quel genere l’ho vissuto, perché conosco quella cultura. Mi è venuto spontaneo scrivere quei generi di opera. Lo trovo estremamente utile alla didattica, perché enfatizzano molto la recitazione. La sitcom è come il teatro, perché senti le risate del pubblico mentre giri le scene. Ha un contesto diverso rispetto alle classiche fiction. 

La cosa buona di questo genere è che, avendo uno stile enfatico, in cui esageri ogni parola, la scandisci, la ripeti, la ridicolizzi, riesci a pronunciare l’inglese in modo estremamente teatrale, lento, enfatico e ripetitivo. Se mettessi in scena un’opera intimista, naturalista, in cui tutti parlano l’inglese veloce, sussurrato, nessuno capirebbe niente. Il realismo e il naturalismo non è adatto ai fini della lingua. Quando fai imparare una parola ai bimbi, in maniera buffa ed esagerata, con molta mimica facciale, capiscono di quello che stai parlando. La usano in contesti naturali di vita quotidiana. Questa è, da vent’anni, la mia ricerca di vita”.

 

Ha lavorato, in molte esperienze teatrali, al fianco di grandi nomi, Mariangela Melato, Ermanno Olmi, Eros Pagni. Com’è stato interagire con loro?

“È stato fantastico e bellissimo. La mia vera passione è questa. Nel mio mestiere, il teatro lo puoi superare in un attimo. Anche il cinema è bello. Il teatro ha un fascino accattivante. Ho avuto la fortuna di uscire dall’Accademia a ventun’anni e a lavorare subito con la Melato. All’Eliseo, con la regia di Giancarlo Sepe. Ho fatto tanti spettacoli. All’epoca, c’erano tante belle tourneé. Il teatro era molto più vivo. C’erano dei grandi maestri che noi ragazzi, in quinta, li guardavamo con interesse. Ho lavorato con Eros Pagni, Umberto Ursini. Ho fatto la protagonista in spettacoli, come quello di Ermanno Olmi, “Piccola Città”, con Giulio Scarpati. Abbiamo fatto centoottanta repliche in giro per l’Italia. Un fascino incredibile”.

 

Quali sono i suoi progetti futuri, a emergenza conclusa?

“Stiamo fornendo dei materiali per le famiglie in emergenza. Siamo felici che stiano trovando un po' di sollievo con i loro figli, grazie ai nostri percorsi e materiali. Abbiamo iniziato a produrre dei filmati dei Fumbles, per arrivare a sviluppare, al massimo, le Fumbles Lessons, questo materiale didattico che si estende alle varie attività di intrattenimento, come giocare, cantare, disegnare, recitare. Ci sono dei videogiochi, esperienze nel mondo virtuale. Faremo delle dirette. Cominciamo la prossima settimana sulla pagina Facebook. I Fumbles interagiranno con gli utenti. Vogliamo sviluppare tutte queste possibilità e prodotti che, finalmente, possono facilitare negli investimenti. La società si basta sugli investitori, sul nostro lavoro ma, non certo, adesso, che c’è un’emergenza. I prodotti devono essere a prezzi molto bassi per giochi didattici, fascicoli da colorare. Chi vuole, se li compra. Chi non può, segue tutto online, come stiamo facendo adesso, gratuitamente. Dobbiamo sviluppare questa property, il nostro progetto”.




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