giovedì 5 febbraio 2015 - Phastidio

Frontalieri in Svizzera: il cortocircuito del circuito chiuso

Sul Corriere si legge del piccolo comune svizzero di Claro, nei pressi di Bellinzona, la cui municipalità ha promosso l’adozione di un logo che indica la percentuale di residenti tra i dipendenti delle aziende locali. Prima che qualcuno, da questo lato del confine, inizi a gridare al razzismo (troppo tardi, già accaduto), è opportuno chiarire alcune dinamiche.

Da sempre, i frontalieri rappresentano un elemento di ambivalenza nel dibattito politico svizzero. Da un lato, servono ad un sistema economico in condizioni di pressoché piena occupazione per calmierare le pressioni rialziste salariali, e quindi preservare i margini di profitto. D’altro canto, le retribuzioni erogate ai frontalieri tendono ad uscire dal territorio e questo fa storcere il naso alla politica, ma anche ai commercianti locali che lamentano il depotenziamento del “moltiplicatore” locale della spesa per consumi.

Se ci pensate, il tentativo di non avere “traboccamenti” di reddito e consumi fuori dal territorio è identico ai casi di adozione di “monete” locali, di cui ogni tanto qualche sempliciotto italiano si innamora perdutamente, facendoci sopra qualche bell’articolo di colore.

Ora, la Svizzera deve fronteggiare lo shock della brutale rivalutazione del franco contro euro. Come impatta ciò sull’economia del Canton Ticino, oltre che su quella dell’intera Confederazione? Riducendone la competitività, immaginiamo. Come recuperarla? Riducendo i prezzi dei prodotti destinati all’export, il che spesso vuol dire tagliare il costo del lavoro. Diversamente, si assiste ad un aumento della disoccupazione.

E veniamo ai frontalieri. Che accade, se aumenta la disoccupazione in un’area? Che i residenti reagiscono invocando protezione per i propri lavoratori. Cioè per quelli residenti, siano essi indigeni o immigrati stabili e radicati. Oltre a ciò, le comunità locali cercano inoltre di creare dei circuiti chiusi di commercio, per innalzare il moltiplicatore della spesa per consumi locali. In altri termini, si cerca di fare in modo che gli stipendi pagati ai dipendenti di imprese locali si trasformino il più possibile in consumi sul mercato locale, per recuperare domanda aggregata. Ecco quindi perché serve “bastonare” i frontalieri.

Già, ma come si può “bastonare” (mi raccomando, le virgolette) i frontalieri? In due modi, non uno solo. Il primo è quello adottato dal comune di Claro. Che, contrariamente a quanto (non) scritto dal Corriere, non si è limitato a creare un logo con la percentuale di indigeni assunti nelle imprese locali. Come si legge da Ticinonline, infatti

“Noi impieghiamo personale residente” recita l’adesivo voluto dal Municipio che, per incentivare l’assunzione di personale indigeno e, di conseguenza, abbassare il tasso di disoccupazione, ha scelto di attribuire gli appalti pubblici e i mandati a quelle ditte locali che maggiormente impiegano personale residente in Ticino”

C’è però una alternativa, a questo modo di procedere: tagliare le retribuzioni ai frontalieri, per ridurre il costo del lavoro (almeno la parte ad essi riferita), e recuperare la perdita di competitività. Ed infatti, come segnala il Corriere,

(…) dopo la tempesta valutaria di due settimane fa i sindacati hanno cominciato a denunciare casi in cui gli imprenditori hanno decurtato la busta paga degli italiani (ultimo caso in un’azienda di autotrasporti)

Quale effetto prevarrà? La premessa è, come detto, una pressoché inevitabile pressione al ribasso sulle retribuzioni dei lavoratori svizzeri. Tutto dipenderà dall’eventuale aumento della disoccupazione. In quel caso, come sempre e da sempre, si userà la valvola di sfogo dei frontalieri, ma in che modo è meno semplice da prevedere. I datori di lavoro svizzeri punteranno ad aumentare l’offerta di lavoro frontaliero, che mette pressione al ribasso su tutti i salari e quindi rilancia la competitività, oppure punteranno a restringere tale offerta di lavoro, e causare pressione al rialzo sui salari? Dipende: se l’azienda vende sul mercato locale, sceglierà la seconda opzione; se vende fuori dai confini svizzeri, la prima.

Non si inventa nulla, dopo tutto. Dal Buy American al Hire Swiss, non c’è differenza sostanziale. Ma non chiamatelo razzismo. E’ l’economia.




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