lunedì 29 maggio 2017 - Leandro Malatesta

Fortunata: il nuovo film di Sergio Castellitto

Il cinema può e deve parlare del presente non perché questa sia una missione prioritaria ma perché facendolo può legittimare ancor di più la propria funzione di “occhio e voce” del mondo.

Molto spesso quando un film parla delle storie di vita quotidiana si scomoda il paragone con il neorealismo senza accorgersi che questo è solo un esercizio sterile, dato che andrebbero a confrontarsi realtà lontane nel tempo e nello stile linguistico-narrativo. Il 2017 non è il secondo dopoguerra e i protagonisti seppur simili sono molto diversi tra loro. Diverse sono anche le macerie sulle quali ricostruire.

Sergio Castellitto non è Vittorio De Sica come la penna di Margaret Mazzantini è diversa da quella di Cesare Zavattini e come precedentemente detto un ipotetico confronto non solo risulterebbe privo di senso ma rischierebbe di essere dannoso. Eppure la coppia Castellitto – Mazzantini (coppia non solo nel lavoro) riesce a realizzare delle opere capaci di durare anche quando non sono propriamente del tutto compiute.

Mi riferisco a “Fortunata” il film (nelle sale da pochi giorni) diretto da Sergio Castellitto e scritto da Margaret Mazzantini. Tale lavoro potrebbe venir letto anche come “La grande bellezza delle periferie” come alcune scene (in modo sornione) suggeriscono per inquadrature e stile; con la differenza che il lavoro sorrentiniano posava il proprio sguardo sulle dissolutezze del centro romano mentre Castellitto sposta il centro del proprio lavoro appunto nella periferia romana e precisamente a Tor Pignattara.

In questa realtà Fortunata (Jasmine Trinca), reduce dal fallimento del proprio matrimonio combatte ogni giorno per crescere la figlia Barbara nel migliore dei modi. Tra mille difficoltà porta avanti il lavoro di parrucchiera porta a porta mentre tenta di mettere da parte i soldi per coronare il sogno di aprire un salone tutto suo, per raggiungere l'indipendenza e la felicità. Dovrà lottare non solo con le banche restie a concedergli un finanziamento e con il marito per ottenere la separazione.

Dalla trama si capisce chiaramente come l'intento di questo lavoro sia quello di raccontare quelle piccole/grandi storie quotidiane e quell'angolo di realtà giornaliera che nel nostro contemporaneo spesso finisce con il far notizia solo se corredata dalla tragedia. Ed è forse proprio in quest'ottica che si possono muovere alcune critiche al film e cioè se un peccato nella scrittura e nella regia esiste è quello di cercare troppo insistentemente il dramma che appare quindi forzato in modo eccessivo.

La tragedia affonda le proprie radici nel lirismo greco e anche “Fortunata” attinge da questa fonte introducendo il dramma da Antigone che fa capolino lungo il corso della pellicola, il fatto è che la lettura del dramma di Sofocle non solo non aiuta bene a focalizzare il percorso di questo film ma può addirittura sviarne il senso. Quello che invece avvicina questa lettura è la presenza di un'eroina (in questo caso Fortunata/Antigone) che porta avanti la battaglia contro una serie di antieroi. Dal canto loro gli attori riescono a sopperire in pieno a qualche piccola indecisione di registro narrativo.

Jasmine Trinca (fresca vincitrice del premio quale miglior attore/attrice a Cannes nella sezione “Un Certain Regard”) dimotra ancora una volta (se ce ne fosse ancora bisogno) di essere un'attrice di livello altissimo, l'intensità e la veridicità della propria interpretazione lasciano senza parole. Riesce a caricarsi sulle spalle un personaggio difficile trasformando Fortunata in una vincente morale. Jasmine Trinca è il presente del cinema italiano, un presente che sa rinverdire i fasti del passato. Fortunata è una donna volitiva e combattiva in una società che ha designato per lei il ruolo di vittima sacrificale.

Davvero degna di nota è poi l'interpretazione di Alessandro Borghi. L'attore romano dopo “Non essere cattivo” continua a stupire e in questo film compie un altro grande passo in avanti verso una piena e luminosa maturità artistica. “Chicano” è un personaggio difficile in bilico tra la sindrome bipolare e una madre dal passato glorioso ed ingombrante e un presente fatto di malattia e solitudine. Vista la complessità del ruolo Borghi merita un ulteriore plauso, dietro la lunga barba si nasconde il futuro del cinema italiano.

Nel cast è presente anche Stefano Accorsi che nonostante si debba confrontare con un improbabile accento genovese riesce a dare profondità ad un personaggio ambiguo rivelando poco a poco la vera natura malvagia del personaggio.

“Fortunata” di nome ma non di fatto verrebbe da dire ed è chiaro che da questo contrasto parte la storia narrata. Ma in questa storia non si può parlare solo di cattiva sorte, chi nasce con difficoltà oggettive in realtà complicate troppo spesso viene abbandonato da quelle istituzioni che dovrebbero aiutare e non limitare; trasformando così le fatiche quotidiane in montagne insormontabili. Vivere in periferia non può equivalere ad una lotta "contro i mulini a vento" perché se è vero che non si può scegliere dove e come nascere è altrettanto vero che una società democratica dovrebbe garantire a tutti la possibilità di scegliere dove e come vivere.

Il lavoro di Castellitto/Mazzantini pone l'accento proprio su questo aspetto rendendosi così buona chiave di lettura del presente. Ed importante che tale chiave venga affidata ad una donna come Fortunata, in quanto le donne posseggono la vera forza per il cambiamento.

A tal proposito in chiusura di articolo vorrei citare proprio una grande figura femminile come Eleanor Roosvelt la quale a proposito delle speranze di futuro affermava: “il futuro appartiene a chi crede nella bellezza dei propri sogni”.

 

 

 

 




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