mercoledì 14 dicembre 2016 - Fabio Della Pergola

Fondamentalismi religiosi e crisi della sinistra

“I fondamentalismi religiosi rappresentano una delle principali sfide politiche e culturali del XXI secolo, una sfida di fronte a cui il mondo di sinistra sembra impotente”.

MicroMega presenta con queste parole il suo numero in edicola dedicato alle inclinazioni fondamentaliste delle varie religioni.

Un interessante stimolo che ci permette di approfondire temi già affrontati in precedenza sia a proposito della crisi greca che delle ultime elezioni presidenziali americane.

La vittoria di Trump è stata particolarmente significativa non solo perché ha vinto ai punti il match con i Democratici, ma soprattutto perché ha travolto tutte le opposizioni interne anche allo stesso Partito Repubblicano. Ed ha vinto - pur con una netta minoranza di voti popolari - appoggiandosi ad una base elettorale le cui radici storiche affondano nella religiosità presbiteriana. Cioè sulla versione anglosassone e xenofoba del calvinismo di cui i Padri Pellegrini, puritani, rappresentavano l’espressione più estrema e, appunto, più “pura”.

È quel mondo che, con buona pace dei veri nativi americani nel frattempo sterminati, si definiva “nativista” per opporre se stessi, i veri americani bianchi anglosassoni e protestanti, alle ondate migratorie successive soggette alla profonda xenofobia WASP.

Sappiamo che Trump stima il presidente russo Vladimir Putin verso il quale ha avuto un atteggiamento quasi collaborativo. Pur proveniendo dalle fila dell’ex KGB sovietico, Putin ha rifondato il paese - ormai postcomunista - sulle sue antiche radici storiche, quelle della Grande Madre Russia profondamente religiosa e benedetta dal Patriarca Ortodosso di Mosca.

La liaison fra i due mega-presidenti si articola quindi su una logica comune: le basi nazionalistico-religiose su cui si erano fondati, nei secoli passati, i rispettivi stati.

Se spostiamo lo sguardo verso l’Europa occidentale (che ormai comprende anche buona parte di quella orientale) non possiamo non notare che alcuni movimenti recenti sembrano replicare a modo loro lo stesso meccanismo identitario proposto dalla coppia Trump-Putin.

L’Unione Europea è in grande difficoltà - per molti motivi economici e politici strutturali - ma l’accento cade sulla ripetuta affermazione che in realtà ci sia un’Europa di serie A e una di serie B (o se preferite una “forte” e una “debole” con riferimento alla moneta). 

Se traduciamo questa affermazione in termini identitari ci accorgiamo che anche qui parliamo del substrato culturale-religioso: in serie A c’è l’Europa luterana, in B quella cattolica.

Nel frattempo la Gran Bretagna, votando a maggioranza per la Brexit (vedremo in seguito se sarà reale), ha rimarcato la sua indipendenza dal continente che deriva dall’antica rottura anglicana con la Chiesa di Roma.

Ed anche la Grecia (ortodossa) - unico paese occidentale a schierarsi con la Serbia (ortodossa) durante il conflitto balcanico - oggi guarda con interesse alla Russia (ortodossa).

Tutti questi fatti sono qualcosa di più di semplici coincidenze. Anche se sembrano movimenti poco comprensibili dal momento che, in base a recenti sondaggi pubblicati, la religiosità in Occidente sta progressivamente diminuendo. Contraddizioni? Difficile a dirsi.

Ma non basta.

Se guardiamo al mondo islamico possiamo osservare la stessa dinamica: tutti i paesi a base coranica hanno progressivamente abbandonato le categorie politiche e istituzionali che, a differenza del diritto di famiglia, erano state importate dall’Occidente.

Che fosse il nazionalismo laico alla Ataturk o quelli socialisteggianti dei vari “colonnelli” o quelli decisamente improntati ad uno stile di vita occidentale anche se mascherati da strutture monarchiche tradizionali come era l’Iran di Reza Palhevi o l’Egitto di Re Faruk, sono stati tutti soppiantati da un ritorno alle origini.

Quantomeno là dove i popoli hanno potuto votare più o meno liberamente la scelta è andata ad una versione locale delle varie forme disponibili di Fratellanze musulmane o simili. In qualche caso si è poi ripristinato lo statu quo ante con un golpe, in altri è scoppiata una cruenta guerra civile, ma la volontà popolare di restaurazione dei “valori tradizionali” è stata esplicita.

Il che ha lasciato anche una drammatica ferita, ancora aperta (e forse una bomba ad orologeria non ancora disinnescata), sulla faglia che da secoli divide l’Islàm sunnita da quello sciita.

Il conflitto tutto territoriale, in origine, fra israeliani e palestinesi si è incancrenito in una dimensione fideistica che vede contrapposti i sionisti religiosi (una minoranza, ma indispensabile per la sopravvivenza del governo di destra) agli islamisti di Hamas (che già si erano imposti in passato). Il risultato è che non vengono indette nuove elezioni per rinnovare il parlamento palestinese ormai scaduto da anni.

Anche nell’India di oggi è al governo il partito del nazionalismo hindu e perfino in Birmania la minoranza islamica è stata duramente perseguitata dalla maggioranza buddista.

La domanda quindi è una sola: che cosa sta succedendo nel mondo? Siamo ad una nuova e più estesa versione dello “scontro delle civiltà” ventilato da Samuel Huntington nel 1991?

Difficile dare risposte esaustive, ma sembra evidente che i due universalismi contrapposti che hanno segnato il “secolo breve” hanno dato risposte diversamente fallimentari: l’ipotesi comunista nata nel 1917 e tramontata nel 1989 (questo ha fatto la “brevità” del Novecento) ha violentemente represso le libertà fondamentali dei suoi stessi cittadini, annichilendoli in una cappa di oppressione terrificante. E, annullando caparbiamente qualsiasi aspetto della vita umana men che positivista, non ha garantito nemmeno la diffusione del benessere materiale che avrebbe dovuto essere la motivazione stessa della sua esistenza.

L’universalismo occidentale (capitalista, liberista, democraticista) d’altra parte ha garantito aspetti indiscutibilmente positivi come la ricerca medica e la diffusione di massa delle possibilità di cura, dell’istruzione o del benessere materiale (la povertà estrema è stata globalmente ridotta proprio a partire della rapida espansione dell’economia di mercato anche in Cina o in India), come si può vedere nel grafico proposto da ourworldindata.org/world-poverty.

Risultati positivi a prezzo, però, di una diseguaglianza crescente in maniera esponenziale (oggi le 62 persone più ricche del mondo detengono la metà di tutta la ricchezza mondiale). È notizia di oggi che la povertà in Italia è aumentata del 141% in dieci anni.

E, soprattutto, a prezzo di una alienazione mentale devastante: i rapporti umani, il rapporto fra uomini e donne, fra adulti e bambini, fra anziani e giovani, fra stanziali e migranti, fra popoli diversi che avrebbero dovuto riconoscersi nella comune umanità, è andato incontro a devastanti alterazioni.

Ognuno è diventato merce per l’altro; o strumento o materia prima o moneta. Roba, insomma, da usare, spremere e buttare una volta esaurita. La libertà, termine alquanto usurato, ha voluto dire libertà per i più furbi, forti e violenti di imporsi su chiunque altro.

È per questo che si cercano nelle passate radici religiose nuove-vecchie forme identitarie?

Lo psichiatra Massimo Fagioli, molti anni fa, ricordò l’antico mito di Scilla e Cariddi che indicava la pericolosa via di transito attraverso lo stretto di Messina. La sua originale lettura voleva indicare la strettissima possibilità di passaggio esistente tra il pericolo di cadere in un razionalismo ottusamente positivistico e quello di evaporare in un astratto spiritualismo.

Indicava con questo l'angusta possibilità/necessità di sfuggire tanto alla Ragione quanto alla Religione, le due mortali “R” in cui gli esseri umani hanno sempre perso la loro realtà vera.

Non si possono trovare risposte in questa scissione storica che oggi si riflette nell'andamento dei rapporti globali e nelle tendenze disgregatrici che sembrano coinvolgere tutto il mondo.

E la sinistra, come mette in luce MicroMega, si trova del tutto spiazzata davanti a problematiche che pensava di aver risolto una volta per tutte liquidando il problema religioso alla maniera di Feuerbach. Un po' troppo facile, un po' troppo superficiale, un po' poco credibile. Un po' troppo destinata a schiantarsi sul lato positivistico (decidete voi se Scilla o Cariddi) dell'interpretazione antropologica.

La (peraltro necessaria) laicità delle istituzioni non può essere l'unico appiglio per salvarsi dalla deriva fondamentalista. È necessaria l'elaborazione di una nuova antropologia - come propone Fagioli da oltre un quarantennio - fondata su una nuova teorizzazione della realtà umana della nascita che chiarisca e preservi quella fondamentale integrazione originaria fra realtà materiale e realtà psichica.

L'unica possibilità di opporsi a questa millenaria scissione di cui oggi osserviamo una nuova e ancor più drammatica versione.




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