giovedì 13 luglio 2023 - Phastidio

Fisco, legge delega tra miraggi e caramelle

Una legge delega fiscale troppo dettagliata svela il bluff: non ci sono soldi. Tranne per qualche caramella una tantum, finanziata dal fiscal drag, sotto la solita soglia di reddito oltre la quale vivono i "ricchi"

 

La legge delega, nel lemma di Wikipedia, è “una legge formale approvata dal Parlamento, che delega il Governo a esercitare la funzione legislativa su di un determinato oggetto”. E ancora:

L’art. 76 della Costituzione della Repubblica Italiana sancisce che l’esercizio della funzione legislativa, ordinariamente esercitata collettivamente dalle due Camere (art. 70 Cost.), possa essere delegato al Governo nel rispetto di tre espliciti vincoli: la determinazione di principî e criteri direttivi; un tempo limitato di validità della delega, entro il quale il Governo può esercitarla; oggetti, cioè materie, definiti.

Dopo aver ricevuto la delega dal parlamento, il governo deve emanare uno o più decreti legislativi (detti anche decreti delegati), entro un dato arco temporale. Perché questa pedante introduzione? Perché, come forse saprete, il governo Meloni (come del resto pressoché tutti i governi), ambisce a riformare radicalmente il nostro fisco.

Vaste programme, soprattutto in un paese con altissimo indebitamento pubblico e depressione demografica. Diciamo che, come minimo, si può puntare a semplificare gli adempimenti e “stimolare” la compliance, evitando che per questa via si arrivi al lassismo e ad aprire voragini nel gettito. Sentiero molto stretto, oggettivamente, ma vale la pena provare.

I problemi sorgono quando il pensiero magico ritiene che la riduzione della pressione fiscale a deficit sia il metodo infallibile per sollevarsi da terra tirandosi per le stringhe (o per il codino della capigliatura, per i più dotati). Questa è la logica lafferiana dei venditori di olio di serpente, secondo la quale il deficit da minori tasse si ripaga con la crescita. È il gemello dell’altro mito fallito, questo da sinistra, del moltiplicatore della spesa pubblica ben superiore all’unità, in diretta dal Lago di Tiberiade.

UNA DELEGA TROPPO DETTAGLIATA

I nostri eroi, nelle more dell’approvazione della legge delega e di una congiuntura che impone prudenza (secondo qualcuno imporrebbe anche una stretta fiscale, per agevolare il compito alle banche centrali ed evitare di alzare troppo i tassi), hanno deciso di scendere nei dettagli, e non limitare la legge delega a principi generali.

Ma possiamo capirli: se i decreti delegati richiederanno due anni per l’emanazione, si tratta di tempi poco compatibili con l’Orto dei Miracoli italiano, oltre che col prossimo Giorno del Giudizio, quello delle elezioni europee di giugno 2024 (campa cavallo). Ecco quindi, che l’iter della legge delega ha iniziato a riempirsi non di principi generali ma di caramelle con nomi e cognomi dei beneficiari. Il che, è un problema. Soprattutto di credibilità, cioè di serietà.

Senonché, serve trovare coperture, o almeno tratteggiarle ora. E qui iniziano i problemi. Perché usare la formula magica “senza oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche” porta dritti contro il muro innalzato da quelli che dovrebbero vedersi togliere benefici fiscali per darli ad altri. È la redistribuzione, bellezza.

E quindi il governo Meloni e la sua maggioranza hanno iniziato col lancio dell’Ansa di nuove e meravigliose forme di sgravi fiscali nella legge delega, che trovano il niet del MEF, in assenza di indicazione della copertura. In attesa che il MEF medesimo venga accusato di essere il vero Deep State che congiura, assieme all’aritmetica, contro la rivoluzione melonesca per rialzare ‘aaa nazzzione, le caramelle infilate nella legge delega vengono accuratamente rimosse, una dopo l’altra, e sostituite con fumisterie del tipo “valutazione prospettica in ottica di legislatura” o simili.

È accaduto per l’eliminazione del superbollo sulle auto di potenza pari o superiore a 185 kW. Che c’entri questa misura puntuale con una legge delega, non è dato sapere. Quello che invece si è saputo, è che sarebbero serviti 130 milioni di euro, e che applicare la formula “senza aggravi per le finanze pubbliche”, avrebbe significato aumentare il bollo a tutti gli altri veicoli. Quindi accantoniamo, “in una prospettiva di legislatura”. Ma, ehi, la caramella c’è ancora, non temete!

LA SOLITA SOGLIA

Poi, altra caramella gigante, la mitologica flat tax incrementale estesa ai lavoratori dipendenti. Una creatura in origine prodotta per permettere agli evasori di far emergere il nero in tutta tranquillità agli imprenditori italiani di essere premiati per la loro inventiva, anche se solo per quest’anno. Ma anche qui, tranquilli: l’impegno è a rendere strutturale lo sgravio, ci mancherebbe.

Per i dipendenti sarebbe un salasso per le casse pubbliche, signora mia. Chi lo avrebbe mai immaginato, in effetti? Ecco quindi la caramella di scorta, meno costosa: detassare le tredicesime, gli straordinari e i premi di produttività. Cominciamo con questi, una tantum, e poi cercheremo la copertura strutturale, è la canzoncina.

La detassazione di tredicesime e straordinari dovrebbe avvenire con cedolare secca del 15%, che è ormai il numero magico del nostro legislatore fiscale. Ma, attenzione: sono stato banale profeta. Solo per i redditi più bassi (le “fasce deboli”), per i soliti mondani problemi di coperture. E quali saranno questi redditi più bassi? Facile: abbiamo il modello della decontribuzione straordinaria, che attende di diventare ordinaria trovando ogni anno dieci miliardi lordi e circa otto netti. Facciamo redditi di 25 mila e 35 mila e affare fatto. Queste sono infatti le nuove soglie sopra le quali si celano agiatezza e ricchezza.

Quindi, vediamo il meccanismo: prima si lancia la “valutazione”, sulla qualunque. Poi, si dice che si farà la “prima ricognizione” sull’andamento del gettito disponibile in occasione della nota di aggiornamento al DEF, in autunno. Poi, si rinfodera il tutto e lo si colloca in una “prospettiva di legislatura”. Taaac. L’occasione è gradita per dire agli elettori “non vorrete mica ritirarci la fiducia sul più bello, no?”. Risciacqua e ripeti. Ricorda molto la riforma fiscale di Silvio Berlusconi, nella legislatura 2001-2006. Anche lì c’erano dei “moduli”, dopo il primo è andato tutto in vacca. Guardate questa cronologia, non è bellissima?

L’AIUTINO MALATO DEL FISCAL DRAG

E sapete come finirà, a questo giro? Ve lo dico: il governo procederà con misure una tantum, frutto dell’extragettito da inflazione, cioè del fiscal drag, che spinge i contribuenti nello scaglione superiore di reddito, e li spreme di più imposte. Diranno “per quest’anno ce l’abbiamo fatta, per il prossimo puntiamo a rendere strutturale la caramella”. Scordandosi che l’extragettito da inflazione, oltre a impoverire i contribuenti in termini reali (gli unici che contano), dovrebbe in realtà essere incamerato per evitare voragini. Oppure destinato a coprire l’indicizzazione automatica di scaglioni d’imposta e deduzioni, l’unica riforma fiscale che andrebbe fatta e che non si farà.

Ovviamente, tutta questa fuffa (o truffa) nominale resta in piedi se nel frattempo la recessione più telefonata degli ultimi lustri non si è materializzata, mandando tutto a monte. Restate sintonizzati: vedrete la più grande riforma fiscale dopo il Big Bang finire sugli scogli della realtà. Poi, dovremo sorbirci il vittimismo compulsivo della premier e dei suoi. Ma abbiamo superato prove peggiori, nella vita.

 




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