martedì 17 gennaio 2017 - angelo umana

Fiore, di Claudio Giovannesi

Piccoli Ken Loach crescono. Questa citazione viene da pensare con il film Fiore del giovane (del ’78) Claudio Giovannesi, ambientato nel disagio sociale, ragazzi che vivono di espedienti, che soggiornano spesso in riformatori o case di correzione. Lontani dalle sicurezze a cui tendiamo noi, cosiddetta gente “perbene”, con la nostra pensioncina o gli anni che ci mancano per raggiungerla, o con l’impiego retribuito le bollette le multe e i biglietti del treno regolarmente pagati. Ma non sembra una vera e propria prigione quella dove soggiornano e si conoscono Daphne e Josh, è un centro di rieducazione, in fondo un luogo protettivo visto che i ragazzi che vi soggiornano sarebbero orientati, fuori, a incorrere in reati vari. Il mondo esterno è presentato come un luogo punitivo, ha le sue regole (vedi le esperienze esterne delle due donne di La pazza gioia, la cui panchina dove han dormito ricorda molto quella dove dorme più volte Daphne), e viene voglia di pensare che “dentro” con altri ragazzi stiano bene, siano protetti, storie da condividere, vicendevolmente si alleggeriscono la galera (lo dice Josh a Daphne). E’ scarna ma bella la festa di capodanno nel centro dove si trova Daphne e dove attraverso le grate delle stanze o “celle” ha conosciuto Josh. Un capodanno così molti ragazzi fuori se lo sognano, nel “mondo libero” ci sono spesso solitudini o feste non abbastanza degustate e apprezzate.

Uno dei reati – oltre a non pagare mai il biglietto del treno – è quello che si vede all’inizio: Daphne e un’altra ragazza derubano per strada altre giovani del loro cellulare, che consegnano poi a un ricettatore in cambio di qualche decina di euro. Soldi che servono loro per sopravvivere, fare la spesa … qualcosa di non riprovevole, quasi giustificato (altra associazione di idee: il ladro adolescente del bellissimo film L’enfant d’en haut del 2012, titolato Sister in Italia, visione consigliata).

Si potrebbe trattare di bisogno d’amore…, e così è infatti: Daphne ha un papà con dei problemi a sua volta, convive con una nuova compagna (la Laura Vasiliu di 4 mesi 3 settimane e 2 giorni) ed ha un figlio più piccolo con lei, difficile riprendere Daphne a casa, è l’amore che manca per lei, del papà o di chiunque altro. Pure se questo papà è il nostro bravissimo Valerio Mastandrea, spesso in ruoli che parlano di disagio sociale ma talmente versatile da non incasellarsi in figure stereotipate (vedansi Perfetti sconosciuti, ed anche lì la sua età lo inquadra come padre di un’adolescente).

Protagonista del film è innegabilmente Daphne (l’interessante Daphne Scoccia): la camera la insegue incessante a ogni passo, sembra piantata sul suo viso fattosi duro, con rari sorrisi, si direbbe delusa dai grandi su cui non può contare. Fuggono insieme alla fine Daphne e Josh, pare vogliano farsi una vita e un amore a proprio modo e anche l’ennesimo biglietto di treno non pagato pare un piccolissimo peccato, molto veniale, scusabile.

 




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