lunedì 6 aprile 2015 - Giovanni Greto

Filomena Campus, Giorgio Serci, "Scaramouche"

(Incipit Record). 

Conosciutissima ed apprezzata a Londra, dove si è trasferita dalla natìa Sardegna, la cantante Filomena Campus si presenta al pubblico italiano con un lavoro assai gradevole, assieme al chitarrista e compositore Giorgio Serci, anch’egli originario della vasta isola italiana. Nel disco ci sono nove composizioni originali, frutto della feconda scrittura di Cerci, ed un testo, una favola o un ricordo personale avvolti dalla poesia, di un’altra artista sarda, Maria Carta, recitato con affetto dalla Campus. Per cinque dei nove brani, la Campus compone le liriche, in lingua inglese, che ben padroneggia anche nella pronuncia, o italiana. Ad un ascolto ad occhi chiusi, si ha la sensazione di ascoltare un ottimo chitarrista brasiliano, sia per il modo di accompagnare con lo strumento – la “batida” (battuta) è proprio quella tipica dei grandi interpreti della Musica Popolare Brasiliana -, sia per una percussività caratteristica del vasto Paese sudamericano. Non per niente il primo brano, ‘Hermetico’, è un omaggio ad Hermeto Paschoal, singolare personaggio, musicista e compositore, conosciuto anche per aver suonato con il Miles Davis della prima svolta elettrica. Ma Cerci deve anche amare il Jazz e lo dimostra nel brano successivo, ‘Baltic Spellbound’, in cui nel finale sceglie lo strumento elettrico per dar vita ad un assolo “methenyano”. La Campus, oltre a cantare il brano, si cimenta con successo in uno Scat, che ricorrerà spesso durante tutto l’album, dimostrando un’invidiabile capacità che la inserisce tra i maggiori vocalisti della musica Jazz. Accanto ai due protagonisti, in parecchie tracce fa capolino la percussione, discreta, ma importante, di Adriano Adewale, alle prese con piccoli strumenti tradizionali, quali pandeiro, caxixì e, nel brano finale che dà il titolo all’album, con gli ago-gò, la piccola coppia di campane metalliche intonate, essenziale nelle “escolas de samba” (le scuole di samba). Ci sono poi tre ospiti : il Keld String Ensemble, in ‘Decisions’, l’unico pezzo interamente strumentale che riporta alle composizioni del “Nuevo Tango” di Astor Piazzolla, e in ‘Campidano’, un nome che indica la più vasta pianura della Sardegna, posta tra i golfi di Oristano e Cagliari. E’ una composizione ad ampio respiro che rimanda a spazi sconfinati e ad una natura che si spera possa rimanere incontaminata.

E’ un disco piacevolissimo, che mette in luce due artisti meritevoli di essere conosciuti da un pubblico più vasto. Vocalmente, la Campus ricorda, a proposito di Brasile, la cantante Ana Caram, mentre quando usa lo Scat, l’italiana Maria Pia De Vito. Il secondo ospite è il flautista Rowland Sutherland, nei brani “Boghe e’ Maestrale” e “Scaramouche”. La quarta traccia , “Momentum”, vede probabilmente l’ultimo soffio al flicorno in sala d’incisione, del musicista e compositore canadese, stabilitosi da anni in Gran Bretagna, Kenny Wheeler (1930- 2014), che se ne sarebbe andato poco dopo l’uscita del CD. Il suo assolo, contraddistinto come sempre da un suono morbido e malinconico, sembra in certi momenti quasi un disperato grido d’aiuto, come se l’artista fosse consapevole che il flusso vitale stava inesorabilmente spegnendosi.

 




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