mercoledì 29 marzo 2023 - UAAR - A ragion veduta

Figli di un kami minore

L’uccisione dell’ex premier Shinzo Abe rimette in discussione il complesso rapporto tra laicità e religioni in Giappone. Valentino Salvatore ripercorre le polemiche sulla Chiesa dell’unificazione nel paese, sul numero 1/2023 della rivista Nessun Dogma. Per leggere la rivista associati all’Uaarabbonati oppure acquistala in formato digitale.

Uno dei più importanti politici giapponesi tiene un comizio nella città di Nara, l’8 luglio 2022. È Shinzo Abe, più volte premier ed esponente del partito liberal democratico, principale forza nazionalista. Il 41enne Tetsuya Yamagami gli si avvicina e spara, uccidendolo: arrestato, accusa Abe di sostegno alla chiesa dell’unificazione, un culto di ispirazione cristiana fondato in Corea del Sud dal reverendo Sun Myung Moon nel 1954.

Quale collegamento c’è tra uno shintoista come Abe e un gruppo cristiano di nicchia? Questa chiesa è nota in Italia per l’ex arcivescovo cattolico Emmanuel Milingo, l’esorcista africano che rompe con il Vaticano sul celibato e sposa la coreana Maria Sung in un matrimonio collettivo officiato da Moon. Si pente, torna alla santa madre chiesa, ma poi torna con Sung e ordina vescovi sposati, venendo scomunicato nel 2006.

Il partito liberal democratico (Jiminto) è in Giappone quasi ininterrottamente al governo dagli anni cinquanta e ha consolidati legami col mondo religioso. Dal 1999 il Komeito, formazione nata come costola del culto buddhista della Soka Gakkai, è suo alleato. Il nonno di Abe, Nobusuke Kishi, accusato di crimini di guerra nella Manciuria occupata, è tra i fondatori del partito ed è primo ministro tra il 1957 e il 1960. Caldeggia in funzione anticomunista il riconoscimento legale della chiesa di Moon.

Il reverendo ricambia mobilitando i fedeli (detti “moonies”), cruciali in alcune vittorie elettorali dei conservatori specie a livello locale. La sua agenda familista, anticomunista e conservatrice si sposa con quella del Jiminto. Quando Moon viene incarcerato negli Usa per evasione fiscale negli anni ottanta, Kishi scrive al presidente Ronald Reagan per farlo liberare. Chiesa e liberal democratici sono vicini agli zaibatsu (conglomerati economici) che tanta influenza hanno in Giappone.

Il ricco imprenditore Ryoichi Sasakawa, controverso e vicino a Kishi, è nominato presidente onorario della branca giapponese della chiesa. Shintaro Abe, il padre dell’ex premier assassinato, da ministro degli esteri coltiva i rapporti con la chiesa, che si diffonde in diversi paesi. Shinzo Abe mantiene relazioni cordiali ma più discrete e invia messaggi di saluto a eventi.

La religiosità ancestrale del Giappone è lo shintoismo, che divinizza i kami: spiriti della natura, dèi, eroi, imperatori. Si affianca al buddhismo, importato dal sesto secolo dalla Corea. Il tenno (“imperatore celeste”) del millenario trono del crisantemo è il sommo sacerdote shintoista, vanta la discendenza dalla dea solare Amaterasu.

Con le grandi traversate i mercanti portoghesi si affacciano nell’arcipelago, seguiti dai missionari gesuiti nel 1549. L’evangelizzazione ha un discreto successo soprattutto nella zona di Nagasaki dove ci sono le basi commerciali europee. Nel Giappone frammentato in staterelli belligeranti del periodo Sengoku, diversi daimyo (feudatari) per accaparrarsi tecnologie, armi da fuoco e traffici aprono agli europei; alcuni di loro si convertono. Gli stranieri giocano sulle divisioni, come in altre aree colonizzate col tandem commercio-religione.

Il periodo di relativa tolleranza finisce, intervengono duramente alcuni capi militari che vogliono unificare la nazione e temono l’influenza dei missionari sulla corte. Per lo shogun Tokugawa Ieyasu, che già combatte monaci buddhisti ribelli, il cristianesimo esclusivista è un agente degli stranieri: nel 1614 con un editto ne vieta il culto.

Nel 1637 la rivolta dei cattolici di Shimabara viene ferocemente repressa, i fedeli scampati devono abiurare calpestando simboli sacri (yefumi) o diventano sparuti kakure kirishitan, i “cristiani nascosti” di cui parla il romanzo Silenzio dello scrittore cristiano giapponese Shusaku Endo, che Martin Scorsese adatta a film. Il Giappone si chiude fino alla seconda metà dell’ottocento, quando arrivano le “navi nere” (kuro fune) degli statunitensi.

Il rinnovamento voluto dall’imperatore Meiji sancisce una certa libertà religiosa, i cristiani sono tollerati dal 1873. Ma sulla scia della modernizzazione nazionalista e accentratrice che si ispira ai paesi occidentali, viene confezionato lo “shintoismo di stato”, sistema ideologico che innerva le istituzioni e veicola nazionalismo e militarismo.

Dopo lo scacco del secondo conflitto mondiale, l’imperatore Hirohito non può più dichiararsi divino. La Costituzione nipponica del 1947 sancisce libertà di culto e separazione tra stato e religioni, con il divieto di finanziarle o garantire privilegi. Sono disposizioni trapiantate dagli americani per smantellare il confessionalismo bellicista, ma la corte suprema apre vie preferenziali al tradizionale shintoismo, incrinando il principio di laicità.

Se le donazioni pubbliche ai santuari rimangono illegittime, sono però sdoganate benedizioni di cantieri, “divinizzazioni” di militari morti o partecipazioni di funzionari al rito del daijosai, in cui l’imperatore appena insediato prega gli dèi per la pace e il raccolto. Un caso riguarda il santuario Yasukuni, dedicato ai morti in guerra e luogo simbolo del revisionismo nazionalista: proprio Shinzo Abe vi si reca diverse volte e fa offerte rituali.

Oggi la maggioranza dei giapponesi non è religiosa, ma il confessionalismo ha funzione identitaria. Il paese del sol levante si modernizza senza farsi colonizzare, quindi il cristianesimo non attecchisce: i fedeli di varie confessioni sono tra uno e tre milioni su 125 milioni di abitanti.

Nella cultura shintoista e buddhista manca la dogmatica monoteista, molti nipponici seguono riti e feste di vari culti anche in modi per noi pittoreschi: a parte le frequenti nozze cristiane per scena, il Natale è la festa del pollo fritto e il Valentine day (barentaindē) è consacrato al cioccolato.

L’opinione pubblica è diffidente verso le religioni non autoctone o “nuove” (shinshukyo), considerate aggressive e condizionanti per proselitismo, accumulo di fondi e settarismo. I culti di nicchia sono tantissimi, variegati, spesso sincretici. Dal 1987 un’organizzazione di avvocati, molto critica verso la chiesa dell’unificazione, si batte contro le “spiritual sales”. Cioè le richieste di donazioni, anche con vendita di oggetti dai presunti poteri mistici, con strategie invadenti, se non manipolatorie e al limite del ricatto psicologico.

Molti raccontano di offerte sollecitate per salvare anime di parenti dall’inferno. D’altro canto l’azione dei “deprogrammatori” che dovrebbero salvare dal presunto lavaggio del cervello di tali sette è controversa, sono denunciati persino rapimenti. Nel 2015 la corte suprema dichiara illegali tali pratiche: il caso riguarda proprio un seguace di Moon, Toru Goto. Il trauma degli attentati con il gas sarin nella metropolitana di Tokyo del 1995 da parte dell’Aum Shinrikyo, setta del santone Shoko Asahara, alimenta il panico sociale verso i nuovi movimenti religiosi, con annessi abusi.

Emerge il fenomeno degli shukyo nisei (“fedeli di seconda generazione”). Nati in famiglie molto osservanti, soffrono disagi per divieti, bigottismo e isolamento. Ma scontano pure la discriminazione della società giapponese. L’assassino di Abe è uno di loro. La madre di Yamagami, dopo il suicidio del marito benestante, è per anni adepta della chiesa dell’unificazione e manda la famiglia sul lastrico donando almeno 100 milioni di yen (circa 700 mila euro). Lui cresce a Nara depresso e impoverito.

Non va all’università, per alcuni anni si arruola in marina e si tiene a galla con lavori precari. Tenta di togliersi la vita e pure il fratello, da anni gravemente malato, si suicida. Sviluppa un astio irriducibile nei confronti della chiesa. Pianifica di colpire suoi esponenti, salvo poi uccidere il politico ai suoi occhi colpevole di sostenere il culto. Il gigantesco dramma della morte dell’esponente conservatore fa scorgere il piccolo dramma di un uomo marginalizzato e paranoico.

Dopo la morte di Abe c’è chi giustifica l’omicida e la chiesa di Moon si ritrova nell’occhio del ciclone, anche se paradossalmente sarebbe vittima. È nel calderone delle confessioni accusate di agire come sette, circuire persone insicure, isolare dalle famiglie, estorcere denaro. Il pregiudizio nipponico verso le “sette” e i gaijin (termine spregiativo per “stranieri”) pesa ma le testimonianze dei danneggiati non mancano, come i risarcimenti erogati.

Opinione pubblica e stampa contestano l’indulgenza della politica verso la chiesa dell’unificazione: una lobby religiosa ricca e organizzata, con un peso sproporzionato in Giappone, da cui trae circa il 70% delle donazioni. Nel mondo i fedeli stimati sono qualche milione: i giapponesi sarebbero centinaia di migliaia (e il doppio degli adepti coreani). Moon, nato nell’attuale Corea del Nord da genitori confuciani che si convertono al presbiterianesimo, reinterpreta temi biblici e altre tradizioni.

Nel credo sono centrali famiglia e matrimonio, lo schema biblico si riverbera in politica: il Giappone è una “Eva” colpevole della caduta della Corea, nazione “Adamo” (quindi deve risarcire quest’ultima). Nel suo disegno teologico sogna la Corea unita: nel 1991 incontra il “grande leader” Kim Il-sung e convoglia ingenti somme per risollevare il paese. E pensare che agli inizi Moon viene arrestato dal regime, ma scappa al Sud e batte sull’anticomunismo. Negli anni novanta, fuori dal carcere statunitense, si proclama messia.

Anche il partito liberal democratico al governo è scosso da polemiche, man mano che sono resi noti i rapporti con la chiesa e le storie delle vittime. Il premier ultraconservatore Fumio Kishida, riconfermato alle elezioni nel 2021, segue la scia di Abe, ritiratosi nel 2020 per motivi di salute. Con lo scandalo, Kishida affronta un calo di consensi preoccupante. Nega coinvolgimenti personali e avvia un’indagine nel partito. Viene fuori che su 379 eletti almeno 179 hanno rapporti con la chiesa dell’unificazione.

Diversi ministri si dimettono, Kishida fa un rimpasto. La chiesa di Moon è sotto torchio: il parlamento approva una legge che mette più vincoli sulle donazioni a chiese e associazioni, e prevede rimborsi per evitare che la gente si rovini. L’opposizione accusa il governo di lassismo e molti chiedono misure dure, compresa la revoca dello status di confessione religiosa – che garantisce privilegi fiscali – e la tutela dei minori dall’indottrinamento.

Sarebbe un duro colpo non solo per la chiesa ma un campanello d’allarme per altre confessioni che temono un restringimento della libertà religiosa. Le proteste dell’opinione pubblica spingono i conservatori a scrollarsi di dosso l’imbarazzante relazione con la chiesa di Moon, che dal canto suo denuncia un clima di caccia alle streghe. Il caso stimola l’opposizione ai funerali di stato per una figura comunque importante nel Giappone odierno come l’ex premier: si tengono solo il 27 settembre, contornati da molte proteste.

La morte di Shinzo Abe mette il Giappone di fronte alle sue ansie religiose postmoderne: una riedizione degli yokai, gli spettri che popolano il folklore nipponico.

Valentino Salvatore

 




Lasciare un commento