giovedì 10 novembre 2016 - soloparolesparse

Fai bei sogni, la vita di Gramellini diventa un film

Se avete voglia di un paio di ore di rilassamento al cinema girate alla larga da Fai bei sogni. L’ultimo lavoro di Marco Bellocchio è una delle storie più tristi viste in sala negli ultimi anni. Ovviamente la colpa è del libro di Massimo Gramellini da cui il film è tratto.


Il piccolo Massimo ha un rapporto molto stretto con la madre, che però ha evidentemente una tristezza di fondo (che ad inizio film non sappiamo a cosa sia dovuta). Così quando la madre muore (nel film è evidente come fin dall’inizio, anche se il protagonista lo scoprirà molto più avanti) per Massimo continuare la sua vita quotidiana non è facile, dato anche il rapporto fino a quel momento minimo col padre.

Bellocchio fa il suo lavoro con tutti i crismi disegnando la vicenda da par suo. Si salta dal Massimo del 1999 (interpretato da Valerio Mastrandrea) al Massimo bambino in una ricostruizione di una vita segnata profondamente da quella tragica perdita.

Siamo in sostanza di fronte all’autobiografia di Gramellini e viene da chiedersi il motivo per cui ci sia bisogno di un’autobiografia di Gramellini. Ovviamente però visto il successo del libro e l’interesse di un nome importante come Marco Bellocchio sulla vicenda è probabile che la domanda sia venuta in mente solo a me.


Dimenticandoci per un attimo di Gramellini, la storia in sè è quella di un uomo cresciuto con un dolore irrisolto, una perdita grave che gli ha sconvolto e segnato l’esistenza e della quale non è forse riuscito a liberarsi nemmeno grazie agli incontri (anche) con le figure femminili della sua vita.

Molte delle sequenze sono veri e propri simboli, momenti chiave, pietre fondamentali nella costruzione dell’anima del protagonista.

In mezzo alla vicenda principale ci sono un sacco di altre cose, tra le quali alcuni dei momenti importanti della storia del Paese, Tangentopoli su tutti, e del protagonista (e torniamo a Gramellini) con il Toro e quella risposta a quella lettera che è il vero momento di svolta del film e della vita (e della carriera) del buon Massimo.

Splendide (ma la nota è puramente estetica perchè i tre ruoli sono minimi) Bérénice Bejo, l’ormai onnipresente Miriam Leone e Emmanuelle Devos. Ruoli molto segnati invece per Guido Caprino e Fabrizio Gifuni.




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