mercoledì 28 novembre 2018 - UAAR - A ragion veduta

Eutanasia: tutte per una, una contro tutti

Una “Santa Alleanza” nel nome dei diritti negati. Potremmo definire così l’iniziativa della Commissione bilaterale tra cattolici ed ebrei, da estendere anche a una rappresentanza musulmana, finalizzata all’elaborazione di un testo che ribadisca un “no” condiviso su eutanasia e suicidio assistito. 

Del resto, come fu per la Santa Alleanza dell’inizio del diciannovesimo secolo, anche in questo caso gli obbiettivi alla base sono due: la reazione a una stagione di rivendicazione di diritti e l’affermazione dell’identità religiosa come elemento centrale e imprescindibile di ogni Stato.

L’idea è nata nel corso di una riunione della Commissione sul tema La dignità dell’essere umano: insegnamenti dell’ebraismo e del cattolicesimo riguardo ai bambini, dalle cui conclusioni già si evince, e non poteva essere diversamente, quanto siano distanti la visione laica e quella fondata sulla dottrina religiosa quanto a dignità umana. Infatti, dopo una serie di affermazioni ampiamente condivisibili — ma solo per via della loro genericità — sulla necessità di garantire ai bambini gli «strumenti per sviluppare le loro capacità di riflessione e di azione» e di fare in modo che «si sentano oggetto di attenzione appropriata e amorevole», si conclude che per la realizzazione di questi obbiettivi «è particolarmente importante renderli familiari con il patrimonio biblico che gli ebrei e i cristiani condividono». Inutile far notare che i cruenti racconti biblici siano quanto di più distante si possa concepire da un utile strumento pedagogico.

È chiaro che, date le premesse, dal futuro documento interreligioso sul fine vita non ci si potranno certo aspettare delle aperture nel riconoscimento dell’autodeterminazione dell’individuo. La posizione in merito di tutte e tre le religioni abramitiche converge su quasi tutti gli aspetti. Per gli ebraici è sempre sbagliata qualunque pratica abbia come fine quello di accelerare la morte. Già sul tenere in vita artificialmente sono più possibilisti, ma in realtà anche la Chiesa cattolica lo sarebbe; il punto è che non considera vita artificiale quella garantita da alimentazione e idratazione forzata. Il caso dell’islam poi è contraddittorio quanto il rapporto di quella religione con la morte in generale: da un lato l’omicidio e il suicidio sono considerati dei peccati, dall’altro la pena di morte è ampiamente accettata e praticata soprattutto nei confronti degli “infedeli”, e il martirio suicida per il jihad prevede pure un premio consistente in un aldilà con 72 vergini a disposizione. Sarà quindi interessante conoscere l’eventuale contributo dei rappresentanti musulmani al documento in questione.

In ogni caso, nella migliore delle ipotesi tale documento fornirà ai fedeli un precetto al quale attenersi, e fino a quel punto la questione non sarebbe di interesse per chi non basa la propria esistenza sulla religione, nella peggiore fornirà alla parte clericale del legislatore, purtroppo non trascurabile, indicazioni sull’indirizzo da seguire. Che chiaramente avrà ripercussioni su tutti, indistintamente. La posizione laica, in parti­colare di atei e agnostici, è esat­ta­men­te oppo­sta a quella reli­giosa della morale imposta erga omnes: è basata sull’autodeterminazione della persona. Non lesiva in alcun modo del diritto di compiere scelte sulla base del proprio sentimento religioso, perché anche questa è autodeterminazione. Chi vuole seguire i precetti religiosi, lo faccia. Chi vuole smettere di soffrire inutilmente, sia messo in condizione di farlo dalle leggi della Repubblica. E nel modo più dignitoso possibile.

Massimo Maiurana




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