mercoledì 10 aprile 2019 - Maddalena Celano

Erol Aydemir: rompere censura e omertà sulla questione curda

Erol Aydemir, un giovane curdo di circa trent’anni, originario della città curda di Muş, capitale provinciale della provincia di Mu in Turchia e attualmente residente nel Centro Culturale ARARAT di Roma, situato nel quartiere Testaccio, non tocca cibo da almeno 20 giorni (se non piú).

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I suoi compagni di lotta politica, del Centro Ararat, gli hanno offerto una stanza, nei paragi dell’ingresso del centro curdo a Testaccio, con letto, due tappeti, un comodino con libri e una bottiglia d’acqua, una stufetta elettrica.

Dal 21 marzo scorso, giorno del Newroz, il capodanno curdo, Erdol è in sciopero della fame contro l’isolamento che da vent’anni il governo turco impone al leader del PKK, Abdullah Ocalan, nell’isola-prigione di Imrali.
Dall’ultima visita medica, eseguita sul corpo di Erol Aydemir, risulta che la pressione sia scesa e il cuore indebolito. Ha scelto di iniziare lo sciopero della fame il giorno del Newroz, un giorno di festa ma anche di resistenza. E ha deciso di farlo dopo essere tornato, da quattro mesi, dal Rojava e da Sinjar: dove ha visto la rivoluzione e il confederalismo democratico che avevo letto e riletto nei libri di Ocalan. Voleva capire come fosse possibile realizzare una cosa del genere ed è difficile capirlo per chi vive immerso in una società capitalista. Come ha in precedenza scritto e più volte ribadito la giornalista Valentina Mira di Paese Sera, una giovane giornalista che segue attentamente la “questione curda”, la voce dei curdi è ancora troppo solitaria, come nello scenario internazionale. Tuttavia le loro richieste sono chiare: vogliono che il leader Ocalan, costretto all’ isolamento assoluto da ben 20 anni, venga liberato. Vogliono poter vivere in pace. Tra gli slogan che vengono portati avanti dal Centro Socioculturale ARARAT, ce n’è uno particolarmente significativo: «Siamo tutti Leyla». Il riferimento è alla deputata curda Leyla Guven, che è in sciopero della fame da 147 giorni.

A Diyarbakir, in Turchia, questo 25 gennaio 2019, il tribunale turco ha rilasciato la deputata curda Leyla Guven del Partito democratico filo-curdo (HDP) che fu incarcerata lo scorso anno per aver osato criticato l'operazione militare di Ankara in Siria, portando avanti uno sciopero della fame per quasi tre mesi. Leyla Guven deve ancora affrontare un processo ma è stata già condannata a trentuno anni di prigione con l'accusa di leadership e propaganda per il terrorismo, a causa della sua opposizione all'aggressione della Turchia nella regione nord-occidentale della Siria. Il giudice della città di Diyarbakir, città in gran parte curda, ha rilasciato Guven poiché era già stata detenuta per un anno. La salute della deputata si è deteriorata durante lo sciopero della fame di 79 giorni per protestare contro l'isolamento della prigionia del leader dei militanti curdi Abdullah Ocalan. Meral Danis Bestas, deputato del Partito Democratico del Popolo, o HDP, questo 9 gennaio 2019, affermò che la sua collega imprigionata, Leyla Guven, ha raggiunto "uno stadio critico" nel suo sciopero della fame e ha chiesto, al Comitato Investigativo sui diritti umani, del Parlamento Turco, di intervenire. Guven ha lanciato lo sciopero della fame e convocato tutte le autorità della stampa per consentire ai familiari e agli avvocati di visitare il capo dei ribelli curdi incarcerato, Abdullah Ocalan, che lei sostiene, essere detenuto “illegalmente” in uno stato d’isolamento assoluto, nella prigione-isola di Imrali. Nel frattempo, altri 162 prigionieri in 36 prigioni in tutta la Turchia – di cui 27 di loro sono donne – si sono uniti allo sciopero della fame.

Gli scioperanti della fame in Turchia, tradizionalmente, rifiutano il cibo ma prendono vitamine e acqua zuccherata.

Migliaia di persone hanno manifestato durante queste settimane, in maggioranza curde del sud-est della Turchia, per sostenere la parlamentare del partito filo-curdo che ha lanciato uno sciopero della fame lo scorso 8 novembre 2018. Ocalan è uno dei fondatori del PKK, che ha ingaggiato una sanguinosa insurrezione contro lo stato turco dal 1984 ma è stato inserito nella lista nera dei terroristi da Ankara e dai suoi alleati occidentali. Sta scontando l'ergastolo per separatismo (e presunto terrorismo) ad Imrali, dal giorno della sua cattura, nell’ Ambasciata Greca del Kenya, nel 1999. L'azione di Guven è mirata a spingere il governo a rilasciare Ocalan e a consentire, ad avvocati e familiari, di fargli visita. Fu arrestata nel gennaio 2018 per la sua opposizione all'operazione militare turca in Siria, contro le Unità di protezione del popolo curdo (YPG) di Afrin che Ankara considera una propaggine del PKK. L'HDP ha subito una severa repressione da parte delle autorità turche, che accusano il partito di legami con il PKK. Molti dei suoi parlamentari sono dietro le sbarre, tra cui l'ex leader del partito e candidato alla presidenza Selahattin Demirtas. La polizia turca bloccò brutalmente diverse dozzine di manifestanti, tra cui politici dell'HDP, che hanno inscenato una marcia verso la prigione in cui Guven fu detenuta a Diyarbakir. Nel 2012, centinaia di prigionieri curdi terminarono uno sciopero della fame di 68 giorni, dopo che Ocalan li aveva invitati a smettere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 




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