sabato 16 novembre 2013 - Terenzio Davino

Empowerment politico per l’Italia volta al dinamismo

Ci vorrebbe una forte coscienza responsabile e condivisa per uscire dalle secche dell’inefficienza e fare degli italiani un popolo di soggetti attivi partecipanti.

Il processo di avvicinamento all’empowerment richiede un cambiamento nel modo di pensare e agire del management e dei lavoratori, delegando e accrescendo i livelli di responsabilità nei singoli collaboratori, adottando strategie, atteggiamenti e modi di fare con coscienza responsabile. Obiettivo primario è riuscire a compiere il passaggio da soggetti passivi di un’organizzazione, ente o Paese in soggetti attivi partecipanti, partendo da se stessi, interfacciandosi meglio con gli altri, per giungere a un rapporto entusiasmante in grado di produrre dinamismo ed efficienza diffusa.

La filosofia dell’empowerment ruota attorno a gruppi che si distinguono per propositi comuni, gestione, relazioni e comunicazione, flessibilità, ottime performance, riconoscimenti e morale. I team sono incoraggiati in ogni occasione a estendere il loro ambito d’influenza. Nel gestire lo sviluppo in un ambiente di lavoro i leader riusciranno a dare le risposte opportune al desiderio dei lavoratori di ricevere informazione sul cambiamento deciso, l’impatto su di sé (in termini di sicurezza, sacrificio, guadagni, perdite, sforzi e rinunce, tempo), sui modi di attuazione, risultati da ottenere, collaborazione necessaria, miglioramento continuo.

Ci vorrebbe una stagione di empowerment politico nel quale condurre il morale del Paese a più alti regimi, l’economia a crescere con l’azione comune del popolo e la responsabilità condivisa dei risultati che si ottengono. Ci vuole l’empowerment per attivare tutta una serie di processi che dalla politica e dal basso, contemporaneamente, in modo deciso, fermo e coordinato avvenga la rivoluzione culturale dell’Italia, ancora ferma e ancorata a vecchie formule gerarchiche di risoluzione dei problemi.

Lamentarsi non serve e attivarsi secondo una logica di empowerment può voler dire ritrovare l’unità condivisa mancante, l’atteggiamento partecipativo e identitario smarrito, la forza e il coraggio di fare bene senza altri indugi, la voglia di eccellere abbandonando la mediocrità e la vuota apparenza. Con l’empowerment non sarebbero più tollerati sprechi e sensi contrari alla crescita collettiva e al rispetto di tutti i lavoratori. Non sarebbero tollerati particolarismi antieconomici e sovvenzioni morali ed economiche alle persone non collaborative.

La crisi italiana è innanzitutto crisi mentale per le troppe diserzioni di coscienza che sono state fatte rivolgendosi dall’altra parte per non vedere quello che accadeva di scomodo; è crisi di valori e di organizzazione iter-forze e multidisciplinare; è crisi di azione per i tanti rinvii perpetrati a danno della collettività, ed è la crisi condotta dall’egoismo con il quale spesso ci si è nascosti disinteressandosi di tutto il resto.

La crisi economica e finanziaria ha scoperto la “fragilità” italiana di riorganizzarsi in termini di riforme strutturali necessarie, riducendosi, invece, la capacità d’intervento del buon senso permanendo gli sprechi e continuando a fare danni. L’ottimismo si costruisce agendo nel senso degli obiettivi primari da raggiungere e conseguendo i successi di cui si ha bisogno, mentre le chiacchiere stanno a zero e non servono le rassicurazioni verbali quando il pensiero collettivo è di tutt’altro avviso.

 

Foto: Janos Palinkas/Flickr




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