venerdì 8 luglio 2011 - Ettore Scamarcia

Emergenza rifiuti a Napoli: l’anello mancante

Non si può prescindere dal presente senza collegare le vicende passate entro un filo logico. Perché comprendendo il passato è possibile farsi un'idea del presente e forse capirne i meccanismi, specie quando si parla di potere. 

Era novembre 2010: un impacciato Luigi Cesaro, deputato Pdl e presidente della giunta provinciale di Napoli, veniva ascoltato dalla commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Dal suo discorso tuttavia la commissione non cavava un ragno dal buco: al di là delle visibili carenze lessicali, il colloquio appariva più uno scialbo tentativo di discolpa da parte di Cesaro che non piuttosto una relazione sullo stato delle cose. Scaricabarile a iosa, approssimazioni a palate, omissioni a go go, ignoranza palese su diverse punti dell'argomento. Insomma, la commissione decideva di udirlo soltanto per un quarto d'ora e poi lasciarlo andare.

Eppure nel 2009 fu prodigo di promesse. Il Pdl, per festeggiare la sua vittoria alle elezioni provinciali, organizzò una festa pacchiana all'Arenile di Bagnoli; le televisioni lo intervistarono per chiedergli della sua prossima agenda politica. Subito dichiarò di voler formare una “squadra da mettere in campo” per risolvere i "problemi" e questa squadra doveva essere composta soprattutto di “giovani”. Sono passati due anni e la commissione, tornata in questi giorni sul luogo del delitto, ha trovato praticamente immutata la situazione. Di "squadre messe in campo" e di "giovani", ovviamente, nemmeno un rantolo lontano. In compenso, però, di "cose messe in campo" ce n'è in gran quantità tra rifiuti sparsi nelle strade e i soldi pubblici drenati nelle casse della società provinciale Sapna. Tramite questa ditta la Provincia esercita la sua competenza legislativa sullo smaltimento dei rifiuti, controllando gli impianti e i siti di stoccaggio sul territorio. In altri termini è l'ente a cui è demandata la responsabilità di gestire la filiera dei rifiuti.

La Sapna dunque è la società provinciale in cui si accentra il vero potere gestionale. Comuni e Regione, in realtà, hanno competenze abbastanza limitate rispetto al potere giuridico di quest'ente pubblico, che al momento è costato ai contribuenti 2 milioni e 400mila euro in un anno di perfetta inattività. Questa società è figlia della legge 123 del 2008 voluta da Berlusconi, la legge che impose l'apertura di dieci discariche militarizzate tra cui Chiaiano, oggetto di aspra battaglia tra la comunità locale e il Governo e oggi posta sotto sequestro dalla magistratura per sospette infiltrazioni del clan dei Casalesi nella gestione. 

I vecchi consorzi di rifiuti, quelli basati sulla formula mista pubblico-privato dove entravano in commistione clientelare interessi politici, imprenditoriali e camorristici (e in cui venne indagato Nicola Cosentino riguardo alla società Eco4, su cui pende tuttora un mandato di arresto bloccato dal Parlamento) vennero sciolti e riuniti nel Consorzio Unico di Bacino Napoli e Caserta, l'ultimo carrozzone clientelare prima della costituzione delle attuali società provinciali Sapna (Napoli) e Gisec (Caserta). Il Consorzio in via di liquidazione, che vanta crediti per svariate decine di milioni di euro verso i Comuni, gestisce oltre 2000 lavoratori in esubero tuttora "parcheggiati" nei capannoni a non fare nulla. Il lavoro che dovrebbero svolgere, come dimostrò la trasmissione Presa Diretta, viene affidato dalle società provinciali a ditte private molto probabilmente legate alla camorra.

L'anello mancante di Gomorra è sempre stato il quadro dettagliato dei rapporti tra politica, affaristi d'alto rango, massoneria e servizi segreti. Come nei molteplici capitoli oscuri di storia italiana, anche la vicenda dei rifiuti in Campania ha tutti i requisiti per entrare a farne parte, alla pari delle stragi terroristiche e mafiose degli anni passati e dei patti tra Stato e Cosa Nostra. Qualcuno in alto dovrà rispondere dei continui aumenti di morti per tumore dovuti a queste pratiche criminali. Per farlo occorre però raccontare.

L'inchiesta Eco4 sull'omonima ditta di smaltimento in capo ai fratelli Orsi stava cominciando a dipanare le ombre sul potere che aveva ridotto la Campania in un cumulo di rifiuti, tanto che gli inquirenti stavano cominciando a individuare i mandanti politici dei traffici di rifiuti illeciti. Tuttavia Michele Orsi, perno dell'inchiesta, venne ucciso a Casal di Principe il 2 giugno 2008 dal gruppo di fuoco capitanato da Giuseppe Setola, responsabile di lì a qualche mese della cosiddetta “Strage di Castelvolturno” in cui morirono sei africani e un italiano. Il giorno dopo Michele Orsi avrebbe dovuto essere ascoltato dagli inquirenti sui legami politica-camorra.

Un omicidio preciso e puntuale. Setola e i suoi uomini obbedivano agli ordini provenienti dall'alto e approfittavano del tempo messogli a disposizione per mietere vittime in tutto il casertano, ammazzando perlopiù estorsori infedeli e imprenditori la cui unica colpa era stata quella di denunciare. In poche settimane uccisero a colpi di kalashnikov decine di persone, nel silenzio totale delle istituzioni locali e nazionali e degli organi d'informazione. Fu soltanto con la strage degli africani e della successiva rivolta della comunità "nera" di Castelvolturno che concentrò l'attenzione dei mass media sul commando casalese, e obbligò di conseguenza il Governo ad azionare gli apparati repressivi. Ovvero lo Stato intervenne quando le azioni del commando divennero un mero problema di ordine pubblico, mentre non lo erano state affatto per la tutela della vita delle persone.

Fino alla strage, Setola e il suo gruppo di fuoco avevano fatto il bello e il cattivo tempo, coperti da una rete di fiancheggiatori, sgusciando tra covi e cunicoli e potendo usufruire di ampie risorse economiche e militari messe a disposizione dal clan (denaro e armi vennero sequestrati in gran quantità il giorno del suo arresto).

Setola godeva del lasciapassare di Antonio Iovine e Michele Zagaria, i boss dei Casalesi, i quali con tutta probabilità gli avevano offerto le giuste coperture e i mezzi necessari per commettere gli omicidi. Michele Orsi era senza dubbio l'obiettivo più importante. Dalle dichiarazioni rilasciate prima del suo assassinio, incrociate con quelle di altri pentiti, fu possibile ricostruire la piramide del sistema camorristico di smaltimento dei rifiuti fino ai livelli della politica nazionale. Il dominus politico fu identificato in Cosentino, ma furono lambiti anche i nomi di Bocchino, Coronella e Landolfi, non indagati.

Controllare l'Eco4 voleva dire controllare, direttamente o meno, tutte le fasi dello smaltimento dei rifiuti nel casertano: il servizio presso i Comuni, la raccolta differenziata, i trasporti, i siti di smaltimento e i futuri impianti di incenerimento. L'ambizione dei fratelli Orsi era quella di creare un sistema economico alternativo nel settore dei rifiuti urbani al monopolio di Impregilo. Volevano riunire i consorzi casertani e napoletani per formare un unico superconsorzio, ma il sogno rimase tale. Arrivarono le inchieste, gli arresti, i sequestri, poi le intimidazioni e gli agguati e il sistema dovette mutare nuovamente forma, trasformandosi in nuove società, nuovi capitali e forse nuovi uomini, senza mai scomparire.

Questo sistema oggi è dominato dalla figura delle società provinciali, il cui destino è forse legato a nuove indagini giudiziarie. La Procura di Napoli sta infatti lavorando su due ipotesi di reato in relazione ai trasporti fuori regione avvenuti prima dell'approvazione governativa del decreto legge di alcuni giorni fa, ovvero traffico illecito di rifiuti e truffa ai danni dello Stato. Secondo i sospetti di magistrati e carabinieri i traffici di rifiuti provenienti dalla Campania e diretti nelle cave di Taranto e di Messina sarebbero avvenuti in assenza di intese istituzionali, basati semplicemente su una serie di contratti privati stipulati tra alcune ditte, tra cui appunto la Sapna di Napoli e l'"Ecoambiente" di Salerno, l'”Italcave” pugliese e le siciliane P. e “Vincenzo d'Angelo”. Con questi traffici sarebbero stati stoccati illegalmente rifiuti speciali, in spregio alle normative ambientali e penali.

In conclusione, è chiaro che l'emergenza rifiuti continuerà per Napoli e la Campania fin quando non avverrà un completo ricambio della classe dirigente e terminerà quella sorta di complicità tra Stato e criminalità organizzata. Ma il ricambio dei vertici potrà avvenire soltanto se ci sarà una rivoluzione culturale da parte degli Italiani, a cui seguirà per forza di cose una rivoluzione politica. Se il giornalismo partecipativo, i blog e i siti di informazione libera sono una spia e una spinta verso questa direzione ben venga. E' pur sempre una speranza.


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