venerdì 17 marzo 2023 - Phastidio

Elly e il Movimento democratico delle tasse arcobaleno

Parola d'ordine: redistribuire. Un arcobaleno con forti tinte di rosso (antico) per la nuova segretaria di un partito nato da un equivoco che ora forse verrà risolto

 

Sul compimento della missione denominata OccupyPd da parte di Elly Schlein e del suo “popolo” silenzioso e invisibile, che ha scelto di materializzarsi ai gazebo di una fredda domenica d’inverno, lascio gli aspetti culturali, sociologici, antropologici e psicologici a chi di dovere. L’innovazione è interessante eppure stantia, nel senso che Schlein può fare molto, almeno per i diritti civili, oppure può generare slogan casuali in stile Baci Perugina, dove mi pare sia molto versata.

Ma è sull’aspetto di politica economica che c’è molto da dire, oppure poco e nulla. Lo so, siamo ancora nella fase della luna di miele mediatica, quella del disvelamento del personaggio, e bisogna attendere i dettagli. In realtà la mozione congressuale di Schlein è abbastanza completa, nel senso che è una lista della spesa (pubblica) piuttosto ben strutturata.

RADICALMENTE REDISTRIBUTIVA

Bisogna “cambiare il modello di sviluppo neoliberista, che si è rivelato assolutamente insostenibile, che si nutre dell’aumento delle diseguaglianze e che distrugge il pianeta”. E fin qui, inutile commentare questo vaste programme in un solo paese. Soprattutto dal paese che da sempre è un modello di socialismo surreale. Molto più interessante questo punto programmatico:

Non si può essere tutto e il contrario di tutto, altrimenti si finisce per non rappresentare più nessuno. È tempo di avere più coraggio. Nelle scelte, nelle proposte, nella visione, scegliendo chi vogliamo rappresentare.

Che pare indicare un posizionamento “radicale”. Occorre lavorare su diseguaglianze, clima, precarietà, attraverso (parola centrale) la redistribuzione. “Delle ricchezze, del sapere, del potere, del tempo”. Suggestivo senza dubbio e anche classico di una tradizione politica. Se vi dicessi che per redistribuire occorre produrre, sarei banale. In molti rispondereste che il prodotto c’è già ed è tesaurizzato dai soliti noti, sulle ali del liberismo. Ho qualche dubbio anche qui, visto che siamo un paese che non cresce dalla notte dei tempi. Al che mi verrebbe risposto che non cresciamo perché siamo un paese ossificato nelle oligarchie, dove i figli dei notai (anzi, notari) della Firenze medievale sono ancora notai, eccetera. E anche i figli dei balneari aspirano ad essere balneari, fatte le debite proporzioni. Ottimo, allora spezziamo le consorterie. È di destra o di sinistra? Ah, saperlo.

Prendiamo tuttavia per buona l’idea che la redistribuzione, da sola, rimetta in moto la crescita. Ipotesi piuttosto eroica ma concedo che posso considerarla tale perché questa è la mia visione del mondo. La lista della spesa pubblica di Schlein è imponente.

Welfare, sanità (che del primo è parte), istruzione, eccetera. Come finanziarlo? Con maggiore progressività, è la scontata risposta. Oltre a “spostare il carico fiscale dal lavoro e dall’impresa alle rendite e alle emissioni climalteranti”. Che, scritta così, è una cosa molto ganza ma poi arriva il fatale momento dell’applicazione sul terreno, dove opera la realtà col suo famoso bias neoliberista.

CHERRY PICKING DI TASSE EUROPEE

Mi colpisce, nell’elaborazione di Schlein, un topos comune a molti politici italiani, non necessariamente di sinistra: prendiamo esempio “dall’Europa”. Ad esempio,

In una riforma fiscale complessiva e progressiva anche il tema dei grandi patrimoni deve essere affrontato in un’ottica redistributiva, a partire dall’allineamento della tassa sulle donazioni e successioni al livello degli altri grandi Paesi europei, come propone il Forum Disuguaglianze e Diversità.

Come notate, nel caso della sinistra, ciò di solito vuol dire cherry picking sulle imposte e spese più elevate. In questo modo, fateci caso, arriveremmo ad una pressione fiscale del 70% e oltre, con esproprio sostanziale per alcuni fortunati. Il provincialismo italiano è ben radicato, a destra come a sinistra. C’è sempre un modello oltre confine a cui attingere. Soprattutto, questo livello di spesa immaginata non si gestisce a pressione fiscale invariata: toglietevelo dalla testa.

C’è tuttavia un passaggio, nelle tesi congressuali di Schlein, col quale posso essere d’accordo. “Superare la proliferazione di regimi speciali di favore“. Le varie flat tax ed imposte sostitutive, ad esempio, che nei lustri hanno demolito l’Irpef, rendendola un’imposta “di classe”, nel senso che ne vengono massacrati soprattutto alcuni soggetti, quelli “ricchi”.

Solo che, su questo punto, la mia visione prende a divergere da quella di Schlein. Nel senso che, come ho scritto parecchi anni addietro, posso essere favorevole a rimuovere le cosiddette flat tax e le imposte sostitutive, riportando tutto in Irpef, ma con la contropartita che i recuperi di gettito devono andare a ridurre le tasse. Schlein, invece, vuole destinare a spesa quei recuperi. In modo tale che, dopo qualche passaggio di questo tipo, avremmo pressione fiscale e spesa pubblica alle stelle e finiremmo col distruggere le basi imponibili (il perché ve lo lascio come compito a casa).

Qui avete un piccolo campionario di spese e (dis)incentivi economici:

Un nuovo contratto sociale vuol dire un sistema previdenziale che superi le rigidità della riforma Fornero, vuol dire lottare per ripristinare opzione donna, rendendola meno penalizzante, e introdurre una pensione di garanzia per i giovani che hanno avuto lavori intermittenti e precari. Vuol dire rimettere al centro della nostra azione politica il diritto fondamentale alla casa, rilanciando l’edilizia residenziale pubblica e rafforzando gli strumenti per chi è più in difficoltà a pagare l’affitto e per recuperare al mercato delle locazioni una parte delle abitazioni sfitte. 

Come potete intuire, si tratta di fare esplodere la fiscalità generale senza immaginare da dove proverrebbe la crescita necessaria a permettersi un sistema di welfare così scandinavo. Stesso discorso per altro feticcio della sinistra, sempre poco compreso nei suoi fondamentali:

Infine, è tempo di sperimentare la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. La settimana di 4 giorni lavorativi può migliorare la qualità del lavoro e il tasso di occupazione, restituire tempo di vita e benessere alle persone, stimolare la produttività e ridurre le emissioni climalteranti.

A parte queste “emissioni climalteranti” che sbucano da ogni parte, qui pare che Schlein pensi che la riduzione dell’orario di lavoro sia di per sé sufficiente a creare felicità nei lavoratori, mediante conciliazione dei tempi di vita e lavoro, e innescare in tal modo maggiore “produttività”.

A sinistra, e non solo, il concetto di produttività resta una massa oscura, tra il cottimo e il tempo libero. Direi che è disperante ma non vorrei essere troppo pessimista. Produttività è altro, come dimostra il troppo citato e poco compreso (da noi) esperimento della settimana lavorativa di quattro giorni e 32 ore, che è nei fatti un imponente tentativo di estrarre produttività dalla riorganizzazione del lavoro.

Segue il solito “facciamo come la Spagna”, cioè eliminiamo i contratti a termine, e mettiamo il salario minimo. C’è sempre qualche meraviglioso posto sulla terra da cui trarre spunti e imitazione. Sappiamo che introdurre il salario minimo avrebbe molti problemi, non ultimo il rischio di spossessare il sindacato della contrattazione. Temo che “qualcuno” arriverebbe a suggerire di integrare i salari mediante prelievo fiscale dai “ricchi”, la famosa redistribuzione. Sono pessimista? No, sento il mainstream culturale di questo paese.

RAPPORTI POLITICI INTERNI ED ESTERNI

Mi pare possiamo fermarci qui, per ora. Solo alcune considerazioni politiche. Ai gazebo, i voti sono andati a Schlein nel rapporto di 54 a 46. È stata una spettacolare corbynata, nel senso che le “masse popolari” hanno sovvertito l’oligarchia partitica (se vi sta bene questa plastica e un po’ ingenerosa lettura). Potrei tuttavia suggerire che non si tratta esattamente di un plebiscito e che c’è mezzo “elettorato di riferimento” che potrebbe dissentire dalle misure più “radicali”, ma il tempo dirà.

Devo confessarvi che sono lieto di questo esito perché forse, e sottolineo il forse, finirà l’ossessione per Matteo Renzi che ha accompagnato gli spasmi del Pd per lunghi anni. Ben oltre il limite della psicopatologia collettiva. Ho il sospetto che, se l'”altro Pd”, quello non di sinistra radicale, dovesse permanere nel nuovo partito-movimento schleiniano, finirebbe col diventare un perfetto capro espiatorio per tutte le musate contro la realtà che la nuova leader prenderà e le bamboline di Renzi da trafiggere con lo spillone resterebbero sul mercato.

E tuttavia, in caso di scissione, che poi sarebbe maxi, vorrei suggerire cautela ai fan del cosiddetto Terzo Polo. Fate un respiro profondo: non sta scritto da nessuna parte che le pecorelle smarrite accorrano all’ovile del pastore Carlo Calenda. Che mi pare invece leader destinato a una parabola piuttosto definita, e non credo in senso ascendente. Ma posso sbagliarmi. Solo, eviterei di applicare letture meccanicistiche ai flussi di transumanza, tutto lì.

E il rapporto con i culi di pietra che hanno entusiasticamente sostenuto Schlein, incluse le varie Ditte che ammorbano quel partito, da dentro e soprattutto da fuori? Arriveremo alla rottamazione oppure resteranno con le zampette sulle leve di comando? A me Schlein pare persona assertiva quindi penso possa cambiare, e anche molto. Sono troppo ottimista? Lo vedremo.

Riguardo al rapporto col M5S del camaleConte, qui sarà interessante. Ho il sospetto che all’Avvocato del Popolo avrebbe fatto assai comodo una vittoria di Stefano Bonaccini, per proseguire col tentativo di drenaggio dell’elettorato piddino. Ora credo sarà più difficile, il partito-movimento di Schlein potrebbe drenare le frange più radicali dell’elettorato pentastellato.

Ma occhio ai messaggi: come segnalo da sempre, Conte si tiene accuratamente lontano dalla parola d’ordine redistribuzione, preferendo l’avverbio gratuitamente. Schlein è l’opposto, e rivendica la leva fiscale come punto qualificante della redistribuzione, come è fisiologico che sia. Vedremo che accadrà, quando le prove di alleanza (che resta competizione) arriveranno al momento dirimente delle gabelle.

Se dovessi dare una lettura superficiale, oggi, direi che questo Md (movimento democratico) di Schlein appare dotato di robusta e orgogliosa vocazione minoritaria. Ma attenzione al jolly: se in questo paese continueremo a decrescere mediante misure di politica economica demenziali e ultracorporative, oppure vireremo ad aumentare la pressione fiscale col cherry picking che ha in mente Schlein, l’esito è scontato: evaporazione delle basi imponibili e crescita di poveri e impoveriti. Di conseguenza, forte ampliamento del bacino di elettori potenziali. I partiti si scanneranno per spartirsi la povertà, e a quel punto anche un Pd-Md a vocazione minoritaria potrebbe tornare in corsa come campione dell’autofagia di un paese fallito. Hasta la gabella siempre.

Mozione Schlein Def by Mario Seminerio on Scribd

 




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