giovedì 4 giugno 2015 - paolo

Elezioni regionali. Date al M5S quel che è del M5S

Passate le amministrative regionali, come da prassi consolidata per ogni tornata elettorale si assiste alla penosa diatriba su chi ha vinto e chi ha perso, che sarebbe meglio dire su chi ha meno perso visto che metà degli italiani ormai disertano stabilmente le urne.

Le due "vittorie" incontestabili sono quelle di Luca Zaia, governatore uscente del Veneto, unico a superare la soglia del 50%, e Michele Emiliano, sindaco di Bari, che in Puglia ha letteralmente stracciato una destra ormai marginalizzata in quella che una volta era considerata la "regione nera", ovvero la roccaforte elettorale dei voti di destra. Zaia è leghista ed Emiliano piddino, ma entrambi hanno corso con liste personali di apparentamento tra varie forze politiche e liste civiche.

Due "vittorie" invece risultano più risicate e sono quella in Liguria, dove Giovanni Toti ha sorprendentemente ma non troppo battuto la candidata del PD Raffaella Paita, e in Campania dove Vincenzo De Luca si impone sul governatore uscente di centrodestra Stefano Caldoro. Sia Toti (Forza Italia) che De Luca (PD) guidavano liste di apparentamento tra varie forze e liste civiche. Su De Luca grava il maglio imposto dalla legge Severino. Vedremo come va a finire ma è un nodo politico di non facile soluzione, dal momento che per effetto automatico della legge Severino il premier Matteo Renzi dovrà immediatamente sospenderlo per diciotto mesi. Come dire che colui che ha dato formale investitura a De Luca nella sua tornata elettorale, dichiandogli stima e vicinanza, dovrebbe essere lo stesso soggetto che lo sospende dall'incarico istituzionale. Una vicenda tutta italiana.

Nelle altre tre regioni, ovvero Toscana, Marche ed Umbria, pur con diversi livelli di sofferenza, si è imposto il PD. Risultato generale quindi 5 a 2 a favore del centrosinistra. Matteo Orfini, presidente del PD, e Barbara Serracchiani, vice segretario PD, hanno battezzato il tutto cavandosela con l'annuncio del 10 a 2 che complessivamente fotografa il rapporto tra le regioni amministrate dal centrosinistra e quelle amministrate dal centrodestra. Sono contenti e fingono di non vedere o cercano di minimizzare due aspetti politici che emergono dal voto,ovvero il sensibile arretramento dei consensi per il PD e la forte avanzata della Lega e, soprattutto, del M5S che consegue risultati eclatanti a livello nazionale, risultando il secondo partito più votato.

E qui casca l'asino perché, se è indubbio che il vero ed unico vincitore in termini numerici risulta il M5S che moltiplica i propri consensi rispetto alle precedenti amministrative, dove era risultato impalpabile, già si profila l'eterno dilemma della effettiva utilità nel votarlo. Quindi, a parte il generico auspicio che questa forza rimanga sufficientemente consistente da agire come pungolo critico specialmente sul governante di turno, ci si chiede se e quando questi diventeranno effettiva plausibile forza di Governo. Esattamente come per la Lega, un conto è raccogliere il malcontento e un conto è creare il consenso, con la differenza che la Lega crea intese per governare, mentre il M5S aspetta che chi governa converga sulle sue posizioni. Come dire pura utopia.

La prima risposta ce la fornisce Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera e membro del direttorio del M5S "Credevano fossimo un fuoco di paglia, ma il movimento è di sana e robusta costituzione". Il "movimento" appunto, ovvero una sorta di Meetup perpetuo che confida nell'Italicum per portare la sfida a Renzi, ovviamente correndo da soli e quindi non facendo intese anche di solo programma con nessuno. Siamo cioè ancora nella fase protopartitica nell'illusione di un collasso totale del sistema politico. Fa specie che non abbiano ancora preso coscienza che, rimanendo allo stato larvale di movimento di protesta antisistema, subiranno il pendolo oscillante dei voti a destra o a sinistra, senza mai intercettarli in guisa tale da diventare maggioranza assoluta del Paese. E' da sottolineare inoltre che la totale assenza di Grillo in questa campagna elettorale, svolta con ampio dispiegamento di presenze sui media nazionali, ha indubbiamente giovato al risultato. Grillo, altro imprinting che il M5S non riesce a scrollarsi di dosso per diventare una forza politica di governo del Paese.

Una conferma di questo perdurante e "ossessivo autoisolamento virtuoso" arriva dalla, a buon ragione esultante, candidata del M5S in Liguria che, alla domanda della giornalista de La7 se c'era in prospettiva una possibile intesa con Luca Pastorino (Cofferati -Civati) per fare un fronte unico, prima è sfuggita come una lepre, poi, incalzata, dopo un probabile contatto telefonico con Grillo, ha risposto con la solita litamia sulla convergenza voto per voto e solo sui punti del programma del M5S.

Infine, se ancora ci fossero dubbi sulla perdurante linea di rigore inconcludente del M5S, arriva notizia del rifiuto della candidata in Puglia Antonella Laricchia, fatta oggetto di una proposta di assessorato all'ambiente offertogli da Emiliano, senza l'obbligo di alleanze politiche, ma in uno "spirito di collaborazione fattiva" a favore della regione. L'assessorato ad un comparto critico come quello dell'ambiente in Puglia non è roba da ridere e Emiliano ha precisato in diretta televisiva "E' una apertura politica, voglio sfruttare la grande energia del M5S". Interesse, chiarisce Emiliano, ad una collaborazione visto che molti punti del mio programma coincidono con quelli del M5S. La risposta? Niet. Con l'aggiunta sprezzante "Si è già alla spartizione delle poltrone... siamo persone concrete e commentiamo solo dati concreti. Emiliano mi fa sorridere, non è ancora definitivo il dato (ma era già strachiaro -ndr) e già spartisce le poltrone". "Spartire le poltrone"! Questo è il mantra che suborna il loro stato di neurocoscienza vigile e li dirotta in automatico al rifiuto a prescindere. Una sorta di parola d'ordine che ingenera un impulso reattivo come quello del cane di Pavlov all'accendersi della luce rossa.

A parte il fatto che nessuno impedisce di andare a vedere l'offerta e poi eventualmente tirarsi indietro qualora contenesse altri intendimenti, ma qui siamo alla schizofrenia, ad una forma patologica di sacro furore mistico. Il terrore di essere contaminati nella loro "purezza" (presunta) li spinge a sputare su tutto e su tutti, anche sui voti che ricevono. A meno che la strategia non sia proprio quella di far sopravvivere il mito della loro incontaminata purezza, che mi sembra più un comportamento da setta religiosa che da forza politica responsabile.

Foto: Wikimedia ("Beppe Grillo 14 Aprile 2014 Roma" di Livioandronico2013 - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/F...)




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