giovedì 25 gennaio 2018 - Aldo Giannuli

Elezioni? Un esito vecchio prima di nascere

 

Che strane elezioni queste del 2018 con risultati che sanno di “vecchio” prima ancora che si voti: sembra il festival della minestra riscaldata.

 

Facciamo un esame rapido dell’offerta:

Il centro destra, che è quello che più probabilmente vincerà: già la ricomparsa del revenant Berlusconi, che, a paragone degli altri leader, sembra fresco come una rosa di maggio, la dice lunga sul grande futuro che abbiamo alle spalle. 82 anni, più volte Presidente del Consiglio, leader indiscusso della destra da 24 anni: vi pare una cosa nuova? Non abbiamo ancora visto le liste che, però, malgrado le promesse di cambiamento, non sembrano promettere nulla di eccitante: quando non si tratterà di altri revenant, si tratterà di nuovi cortigiani di Arcore: facce nuove, metodo stravecchio.

Hanno respinto anche quel poco di nuovo che poteva esserci come Parisi, o la lista Sgarbi Tremonti che sembra essersi dissolta; certo anche quelli non erano uova di giornata, ma, insomma, qualche idea più fresca e un po’ di facce nuove le avevano.

Non parliamo poi della quarta gamba che è un nobile esempio di cucina del riciclo (ti è avanzato l’arrosto? Tritalo e fanne polpette. Ti sono avanzate polpette: mettile nella pasta al forno…)

Lega e FdI danno qualche barlume di novità, ma si tratta di un venticello su una immensa palude che non dissipa i miasmi immobili.


Il Pd: è la rifrittura di un renzismo fuori tempo (Boschi, Pinotti, lo stesso Renzi…) per loro è come se ci si fosse fermati al 3 dicembre 2016. Idee nuove? Zero. Qualche nome nuovo scelto con il solito sistema della cooptazione, e poi deroghe a go go.
M5s: apparentemente la cosa più fresca, ma con un sentore di naftalina terribile. Non tanto per la riproposizione dei parlamentari uscenti (e non tutti l’avrebbero meritato) quanto per il metodo della scelta che tutto è stata meno che trasparente. Poi: anche il M5s ha fatto troppe concessioni al modello dell’uomo solo al comando, ha applicato uno statuto (regolamento o non statuto, fate voi) che nessuno ha votato ed è stato calato dall’alto (un modello di Costituzione ottriata), con l’esclusione di oltre mille (ma non si sa quanti) candidati alle parlamentarie e senza che nessuno ne spiegasse i motivi, salvo una generica qualifica di infiltrati o riciclati che non si capisce a chi è riferita e rischia di essere insultante per chi magari non lo è. Credo che andranno bene, ed anche io probabilmente li voterò, perché è l’unico strumento che ho per votare contro la classe politica Pd-Fi, ma, se nel 2013 il botto del M5s fu una novità assoluta che riuscì ad abbattere il bipolarismo, oggi siamo alle repliche. Idee? Poche e ben confuse ma ne riparleremo.

Liberi ed Eguali: qui la muffa diventa arte: un leader che più impettito ed istituzionale non si può (il De Gaulle della vucciria) che, come prima cosa si è preoccupato di piazzare un po’ di amichetti; una selezione di candidati senza neppure l’ombra di una consultazione democratica e tutto interno alle segrete stanze del gruppo dirigente, un discorso politico inesistente. Per il resto, il candidato più fresco che hanno è Massimo D’Alema (lo dico senza ironia, ma perché rispetto agli altri è uno dei pochissimi che ancora riesce a connettere neuroni). Invotabili. Farò eccezione alla Regione Lombardia dove si presenta Onorio Rosati che il voto se lo merita perché è una delle poche persone di sinistra del partito.
Questo è in parte il risultato di una legge elettorale ignobile che attraverso il meccanismo delle firme cerca di strangolare le poche novità possibili ed in parte è il frutto di venticinque anni di assenza di formazione politica, per cui non abbiamo ricambio. E i sondaggi promettono una sostanziale stasi tripolare salvo il collasso del Pd a beneficio del centro destra. Un risultato vecchio prima ancora di votare.
Speriamo che quelli di Potere al Popolo riescano ad offrire qualcosa di meglio, anche se mi pare un tentativo disperato, classico esempio di lista last minute votata all’insuccesso, ma, alla fine, non si sa mai.




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