martedì 18 luglio 2017 - Aldo Giannuli

Elezioni | Cosa ci aspetta dopo le politiche?

Premettiamo due cose: realisticamente andremo a votare con il Consultellum e nessuno prenderà il 40% necessario al premio di maggioranza. 

Voteremo con il Consultellum anche se, forse, potrebbero esserci i tempi, ancorché stretti, per un rabbercio di legge elettorale, perché non c’è maggioranza possibile: Renzi non è più interessato ad un maggioritario –anche se fa finta di credere che potrebbe prendere il 40%- perché sa che corre il serio rischio di arrivare secondo e, se dovesse esserci una nuova scissione, terzo. E non è interessato ad alcun tipo di coalizione (basta vedere come ha trattato Pisapia, Franceschini e Orlando) perché a lui interessa solo trasformare, anche nominalmente, il Pd nel suo partito personale e, siccome proprio scemo non è, ha interesse a gestire questo passaggio con un sistema proporzionale.

Berlusconi non ha alcun interesse al ritorno delle coalizioni perché tutto vuole meno che avere Salvini fra i piedi e vuole tenersi le mani libere. Per cui tira fuori il famigerato tedesco (che poi è un tedesco all’amatriciana) per dire qualcosa ma non credendoci. Al massimo gli andrebbe bene alzare la soglia di sbarramento, ma i centristi si imbestialiscono e anche Renzi non ha tutto questo interesse a concederglielo. La Lega sogna un qualche uninominale che si scontrerebbe con il veto di Forza Italia e, a questo punto, con la freddezza di Renzi. Il solo che potrebbe cedere alle malefiche sirene di una riforma che lo aiuti a prendere la maggioranza assoluta dei seggi (magari abbassando la soglia dal 40 al 35%) è il M5s che, da qualche tempo, prende sbandate su questo terreno, ma da solo non può far nulla e Renzi e Berlusconi sono su un’altra rotta.

Insomma, i numeri non ci sono perché manca una volontà politica di maggioranza. E quindi voteremo con il Consultellum, che è un sistema sostanzialmente proporzionale, dato che il 40% non lo prenderà nessuno. Dunque, la cosa più probabile è che avremo un Parlamento frammentato senza nessun vincitore assoluto, ma anche con scarse possibilità di maggioranze di coalizione.

Infatti:
a. il M5s dichiara di non volersi alleare con nessuno e deve tener fede questa promessa elettorale, potrebbe (forse e con molti dubbi) allearsi con la Lega ma al Senato, quasi certamente non avrebbero i voti. Esclusa invece in partenza ogni alleanza con Pd e Fi.
b. Il Pd molto difficilmente potrebbe allearsi tanto con la Lega quanto con il M5s sia per l’indisponibilità di essi ad accettare l’accordo, sia perché sarebbe una coalizione indigesta al proprio elettorato, mentre, forse potrebbe allearsi a Fi per fare un governo qualsiasi
c. Fi potrebbe allearsi con Lega e Fdi (coalizione di destra classica) ma è difficile che possano avere i numeri, ma anche con il Pd
d. La Lega potrebbe allearsi (e con molti litigi) con Fi nella solita coalizione di centro destra, ma, come si è detto, i voti difficilmente ci sarebbero.


e. Dunque, l’unica maggioranza possibile potrebbe essere un bicolore Pd-Fi, ma non è affatto detto che essa abbia in numeri necessari: se il Pd dovesse andare sotto il 30% (cosa molto probabile) e Fi attestarsi fra il 15 ed il 18%, difficilmente totalizzerebbero un numero di seggi sufficiente. Potrebbero farcela e di misura se ci fosse una o più formazioni centriste oltre il 3%. Ma ci sarebbero due difficoltà politiche: l’opposizione delle sinistre interne al Pd (qualora non fossero già uscite dal partito, ma in quel caso il partito di Renzi scenderebbe velocemente verso il 25%) e il costo politico dell’operazione. Infatti, la coalizione del governo Letta costò cara a Forza Italia il cui elettorato continua ad avere nel Pd la sua bestia nera e, questa volta, potrebbe costare cara anche a Renzi.

Dunque, anche l’unica formula di qualche praticabilità (Pd+Fi e forse centristi) ha poi scarse probabilità di affermarsi. Ed allora elezioni anticipate? A queste si opporrebbero tanto la volontà dei parlamentari appena seduti sui comodi scranni di Palazzo Madama e Montecitorio, le pressioni della Ue che vedrebbero con sfavore questa soluzione, ed il fatto che si dovrebbe ri votare dopo pochi mesi per poi votare di nuovo per le europee dopo un’altra manciata di mesi.

Dunque non è detto che l’alternativa sia questa, la storia ha più fantasia di quanto non si creda e, dunque, potrebbero esserci due soluzioni diverse: quella classica e quella spregiudicata.

Quella classica è la nomina di un “governo di decantazione” di nomina del Presidente, che si presenta alle camere con questo discorso: la situazione politica non è chiara, ma l’Europa ci chiede di operare subito degli intervento economici che non possono attendere, per cui vi chiediamo la fiducia per arrivare alle elezioni europee, dove le cose dovrebbero chiarirsi e dopo si vedrà.

Dopo di che alcuni partiti voterebbero a favore, altri astenersi, mentre inizierebbe il “calcio mercato” dei parlamentari “responsabili” (è un numero di varietà che abbiamo già visto, mi pare) e per un po’ si va avanti. Si tratterebbe di un governo di sostanziale ispirazione Ue, insomma un altro governo Monti a corse più breve. Di fatto a votare la fiducia resterebbero Fi e Pd (che eviterebbero i costi politici di una alleanza diretta) con centristi e “responsabili” vari, molto dipenderà da cosa potrà offrire il nuovo governo ai possibili transfughi della prima ora.

La soluzione è avventurosa soprattutto per i numeri da mettere insieme, ma è l’ “usato sicuro” della politica italiana.

La seconda soluzione è molto più spregiudicata. Immaginiamo che il M5s arrivi primo (cosa possibilissima, dato il logorio del Pd e le divisioni della destra), a quel punto il Presidente affida il mandato esplorativo al leader di quella formazione che, sulla carta, dovrebbe fallire nel tentativo. Ma, a quel punto: sorpresa! Il Pd (e magari anche altri9, offre la sua astensione o addirittura il voto favorevole, in nome del rispetto della volontà dell’elettorato che vuole sia data una occasione al M5s. Si forma il governo che, dal primo secondo, deve fronteggiare i diktat europei, la rivolta delle èlites amministrative, la guerriglia parlamentare dello stesso Pd, l’esplosione delle rivendicazioni di categoria che saranno fitte come non mai, la pressione dei mercati finanziari, soprattutto sul debito pubblico eccetera eccetera. Poi, quando il M5s dovesse essere decotto e l’indice di gradimento del governo dovesse risultare molto basso, il Pd sfilerebbe la sedia da sotto il sedere del governo, passando all’opposizione e si andrebbe al voto, ma con un M5s logorato e poco credibile. 
Manovra brillante ma pericolosa che potrebbe scontrarsi con non pochi ostacoli. In primo luogo occorre vedere se Mattarella ci sta e non è scontato che sia così.

Poi la Ue e la Bce potrebbero porre il veto. Infine, il M5s potrebbe giocare di anticipo, facendo immediatamente una serie di provvedimenti di largo favore popolare ed, alla prima grana seria, far cadere il governo per andare a nuove elezioni in posizione di vantaggio. E proprio per questa possibilità, l’eventuale manovra potrebbe infrangersi con una serie di veti e di opposizioni anche dei singoli parlamentari.

In ogni caso questa legislatura durerà poco ed occorre vedere come si rimescoleranno le carte dell’offerta politica. Voi che ne dite?

Aldo Giannuli




Lasciare un commento