lunedì 5 marzo 2018 - YouTrend

Elezioni | Affluenza e astensione: come leggere i dati sulla partecipazione

Il dato dell’affluenza sarà l’unico numero a cui daremo importanza fino alla chiusura dei seggi. Vediamo cosa ha significato in passato (e come possiamo leggerlo)

di Andrea Maccagno

 

Non sarà forse la percentuale che tutti aspettano con ansia. E appena arriveranno exit poll, proiezioni e voti reali tutti i ragionamenti fatti sull’astensione svaniranno nel nulla. Però. Però intanto il dato dell’affluenza accompagnerà tutta la giornata di domenica fino alla chiusura dei seggi. Pranzeremo con in testa il dato delle 12 e ceneremo pensando a quello delle 19, facendo tutti i confronti possibili con le scorse elezioni e immaginando proiezioni sul dato finale.

 

Tendenze di fondo

E allora andiamo a vedere la quota dei votanti alle tornate elettorali nazionali negli ultimi cinque anni, ossia Politiche 2013, Europee 2014 e Referendum 2016. Osservandole insieme, nel loro complesso, possiamo scorgere delle tendenze di fondo.

Primo: alle Politiche l’affluenza è sensibilmente più alta rispetto ad altre competizioni – nonostante vi sia un calo generalizzato. Così è capitato anche nel 2013, quando si recarono alle urne il 75,2% degli elettori. Un anno dopo, per le Europee, il tasso di affluenza scese fino al 58,7%. È andata meglio, invece, con il Referendum Costituzionale 2016: probabilmente il carattere decisivo di quella consultazione ha contribuito a far schizzare la percentuale al 68,5%.

Secondo: il Nord vota molto di più rispetto al Centro, che a sua volta vota più del Sud. Questo accade sempre, in tutte le occasioni analizzate e in tutti i momenti della giornata in cui il dato viene rilevato.

Terzo: vi sono regioni in cui tendenzialmente si vota in misura maggiore rispetto ad altre. Due su tutte: Emilia-Romagna e Veneto, che alle ultime Politiche hanno registrato tassi di partecipazione dell’82%. L’Emilia-Romagna, poi, ha condotto la classifica degli elettori più “affezionati” al voto in tutte e quattro le rilevazioni effettuate. Solo la Circoscrizione Veneto 1 ha fatto registrare un dato definitivo migliore nel 2013, che però è stato ridimensionato regionalmente dalla Circoscrizione 2.

Veneto 1, inoltre, è stata anche la circoscrizione con il più alto tasso di votanti in occasione del Referendum 2016, mentre per le Europee del 2014 la medaglia d’oro è andata all’Umbria.

A chiudere questa classifica la Calabria, sempre ultima in tutte le rilevazioni per le Politiche, e ultima anche al Referendum 2016. Alle Europee 2014, invece, Sicilia e Sardegna fecero peggio.

Le Politiche 2014

Aprendo invece un focus sui dati delle Politiche 2013, è interessante l’evoluzione dell’affluenza nel corso delle giornate di votazione. Così, si scopre che le province con l’affluenza più alta sono sempre cambiate nell’arco della domenica: alle 12 Ferrara, alle 19 Bologna, alle 22 Reggio nell’Emilia: infine, il dato definitivo ci dice che la città con il tasso di partecipazione più elevato sia stata Padova.

Al contrario, la provincia con il dato peggiore è sempre stata la stessa, in tutte le rilevazioni: stiamo parlando di Reggio Calabria, dove alle 12 della domenica votò solo il 6,5% e alla chiusura dei seggi furono appena il 59,7%: un dato veramente basso per l’elezione più importante che ci possa essere.

Ad ogni modo, per ciò che riguarda il 2013 vi è da registrare che l’affluenza fu più bassa rispetto alle Politiche del 2008, quando la partecipazione fu dell’80,5% (-5,3%).

Il voto degli italiani all’estero

E per quanto riguarda il voto all’estero? Quanti partecipano alle consultazioni che riguardano il nostro paese? In generale pochi, meno di un terzo degli aventi diritto. Sono stati il 31,6% nel 2013 e il 30,8% per il Referendum 2016. Per quanto riguarda le Europee, invece, non si possono fare paragoni perché gli elettori residenti in paesi non europei non potevano votare. In quell’occasione, nonostante Veneto ed Emilia-Romagna facessero parte della circoscrizione Nord-Est, la circoscrizione con il più alto tasso di partecipazione fu quella del Nord-Ovest (66%).

Tornando all’Estero, nel 2013 la ripartizione che partecipò maggiormente fu quella dell’America Meridionale, mentre in quella Settentrionale e Centrale il tasso di astensione fu più elevato. In occasione del Referendum del 2016, invece, i nostri connazionali residenti in America Meridionale non si recarono con grande entusiasmo alle urne (25,45%), mentre quelli residenti nella ripartizione Europa parteciparono maggiormente al voto.

 

 

E quest’anno cosa dovremmo aspettarci? A giudizio di molti, è verosimile un calo generale dell’affluenza sul piano nazionale. Questo perché la tendenza negli ultimi anni è andata in quella direzione, e il sentimento verso la politica non sembra migliorato. Ma probabilmente non ci sarà un tracollo, visto che la ribalta nazionale generalmente ha sempre portato un numero maggiore di elettori alle urne.

Cosa guardare (e come interpretare i primi dati)

Cosa dobbiamo guardare? Senz’altro il Sud rimane la parte del Paese su cui puntare maggiormente l’attenzione. Il Nord vota e, in generale, le partite nei collegi dovrebbero regalare poche sorprese. Eccetto che nelle grandi città, in provincia pochi collegi sono davvero contendibili. Da non sottovalutare comunque il dato proveniente dai grandi centri urbani: da capire se sarà confermata la tendenza che vede un centrosinistra più forte nei centri urbani e un Movimento 5 Stelle più competitivo nelle periferie.

Ad ogni modo, è al Sud che si gioca la partita decisiva. Molti collegi sono in bilico e una tenuta o aumento della partecipazione potrebbe favorire un campo rispetto a un altro. Per cui da Roma in giù è opportuno guardare con maggiore attenzione fin da subito, dai primi dati sull’affluenza.

Chi potrebbe favorire un aumento della partecipazione? Questa è una domanda a cui è difficile rispondere. Probabilmente dopo il voto si potrebbe ricostruire questo tipo di nesso, ma oggi è possibile solo fare ipotesi.

In passato, un’alta affluenza significava spesso un risultato peggiore per il centrosinistra. Infatti, questo schieramento poteva contare su un elettorato molto militante, che difficilmente disertava le urne. Dunque, all’aumentare dell’affluenza tendenzialmente aumentava la base elettorale degli avversari di centrodestra.

Ma oggi il discorso potrebbe essere inverso. L’elettorato di centrosinistra è molto cambiato e si è decisamente ridotto numericamente. È il campo forse che più di tutti soffre di smottamenti interni e di una marcata divisione interna. Al contrario, è il Movimento 5 Stelle che oggi sembra godere di una base elettorale particolarmente motivata, e sarà interessante capire quanto questa possa ampliarsi all’aumentare della partecipazione. Ad esempio, alcuni esperti affermano che un’alta astensione possa avvantaggiare il M5S.

Ma l’incognita maggiore resta, ed è quella che riguarda gli orientamenti degli elettori più indecisi e border line.

 

(Mappa interattiva realizzata da Silvio Pili)




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