Egitto: la beffa militare della “nuova” costituzione islamica
La turbolenta situazione egiziana, dopo settimane di scontri e violenze, rischia di tornare al punto di partenza. Dopo le imponenti manifestazioni di protesta da parte dei tamarrod contro il regime confessionalista del presidente Muhamed Morsi, i militari hanno destituito lui e arrestato moltissimi dirigenti dei Fratelli Musulmani. Un golpe che ha suscitato le proteste della comunità internazionale, visto il rischio di una deriva militare. Gli scontri sanguinosi tra soldati e i Fratelli Musulmani scesi in piazza contro il colpo di mano, dove centinaia di manifestanti e decine di poliziotti sono rimasti uccisi, hanno reso ancora meno difendibile la posizione dei militari.
La repressione voluta dal generale Abdel Fatah al-Sissi ha colpito in maniera pesante non solo i Fratelli Musulmani, di cui ha di fatto smantellato la struttura con centinaia di arresti, tra cui quello recente della guida suprema Mohammed Badie. Ma anche gli stessi attivisti dei movimenti che hanno portato alla cacciata dell’ex presidente Hosni Mubarak e hanno protestato contro Morsi, proprio quelli che in un primo momento lo avevano elogiato come il “nuovo Nasser”.
A finire in carcere diversi democratici, laici e liberali, come Hazem Abdel Azim. Persino il premio Nobel per la pace Muhammad el Baradei, una figura autorevole a livello internazionale con incarichi nell’Onu, che aveva cercato di dare il suo contributo nel governo ad interim del dopo-Morsi come vicepresidente ma si è presto dissociato mentre infuriavano le violenze. Per le sue dimissioni è stato formalmente accusato di tradimento e finirà a processo.
Nell’esecutivo ora guidato dal presidente Adly Mansour il generale Al Sissi, già capo delle forze armate, è anche ministro della Difesa e successore di el Baradei, con una concentrazione di potere preoccupante per la tenuta della democrazia in Egitto. Nuovi equilibri si stanno ridefinendo in Egitto ed è per questo impreciso tratteggiare la situazione egiziana come una spaccatura secca tra laici e islamisti, con i militari schierati dalla parte dei primi.
Non è un caso infatti che i salafiti di Al Nour, concorrenti di Libertà e Giustizia, stiano collaborando coi militari. In realtà l’esercito per decenni è stato un potere molto influente e autonomo, tanto che dai suoi ranghi sono usciti due presidenti, Nasser e poi Mubarak. Sembra ripetersi oggi lo schema che nel 1954 portò al potere Nasser.
Il fatto che l’esercito sia ostile ai Fratelli Musulmani e ostenti meno il suo confessionalismo non significa affatto che sia laico, quanto piuttosto che nella lotta per il potere sia interessato piuttosto a liquidare la concorrenza dei più integralisti, regolare i conti con i nemici storici e puntare a una pacificazione in chiave nazionalista e islamico-conservatrice.
Lo dimostra non solo l’ondata di arresti contro attivisti laici e democratici prima, durante e dopo Morsi, ma anche la stesura dell’ennesima bozza di Costituzione supervisionata dal nuovo governo. Intanto dieci esperti nominati dal governo hanno steso il progetto, che dovrà essere discusso da un’altra commissione formata da 50 personalità di spicco e quindi sottoposto a referendum.
La proposta che ha fatto più rumore è la messa al bando dei partiti di ispirazione religiosa (e contro l’ordine costituito), volta a colpire la Fratellanza, ma non sfugge a un’analisi più approfondita come permangano ancora pesanti limitazioni su diritti umani e sulla laicità. La sharia, sulla base dell’art. 2 che rimane tale e quale alla Costituzione precedente, è sempre dichiarata come base della giurisprudenza. La legge religiosa quindi è bene in sella: quello che viene espunto è l’art. 219, che consentiva l’utilizzo di diverse interpretazioni della legge islamica. L’università di Al Azhar, custode dell’ortodossia sunnita e propensa alla normalizzazione veicolata dall’esercito come dichiarato dal grande imam Ahmed Al Tayyeb, non sarà più legata a doppio filo con lo stato per dare pareri sull’applicazione della sharia, come voleva la precedente Costituzione. Ma rimarrà comunque un punto di riferimento e ne viene garantita l’indipendenza.
Rispetto al testo del 2012 viene concessa maggiore libertà religiosa (art. 47) non solo a ebrei e cristiani, con la facilitazione per la costruzione di edifici di culto, ma potenzialmente anche alle altre fedi. Inoltre vengono cassate la disposizioni (art. 44) che punivano le “offese” a “messaggeri e profeti” e le violazioni della morale (art. 10 e 11) volute dai Fratelli Musulmani, che hanno portato a svariati processi e condanne per blasfemia. Le violenze dei Fratelli Musulmani, anche contro le chiese cristiane, hanno isolato gli integralisti islamici. Non è stato modificato il comma che pone le donne in uno stato di minorità, limitandone i diritti sulla base della sharia. I nuovi art. 10 e 11 proclamano però lo Stato “protettore dei valori originari della famiglia” e promettono alle donne sostegno “affinché adempiano i loro diritti verso la famiglia e la società” (visto l’andazzo, temiamo starsene a casa a fare figli per la patria).
L’impressione generale è che si siano volute arginare le esagerazioni integraliste dell’ultima Costituzione, per tornare alla situazione pre-Morsi, ma in senso conservatore e non tanto liberal-democratico. Non a caso dai commentatori progressisti arrivano giudizi negativi. Per Zaid Al-Ali, consulente di Constitution Building for Idea interpellato da Il Fatto Quotidiano, “l’essenza del documento non è affatto diversa da quella precedente” e rimane “l’impronta antimoderna” visto che “pochissime richieste della società civile sono state accolte”.
La strada per un Egitto davvero laico, democratico e liberale è ancora lunga e tortuosa, con l’occhiuta sorveglianza dei militari al potere che stanno procedendo al loro regolamento di conti.