mercoledì 27 novembre 2013 - Orizzontenergia.it

Efficienza energetica: recepimento della nuova direttiva UE

EFFICIENZA ENERGETICA: manca meno di un anno al recepimento della nuova direttiva europea.

Opportunità e sfide per l'Italia: intervista a Marcello Capra - Dipartimento per l'Energia, MISE

Ing. Capra, cosa tratta la nuova direttiva europea 27/2012?

Per dare un inquadramento generale della direttiva inizierei dicendo che è stata concepita a seguito di una verifica effettuata nel 2011 dalla Commissione europea circa il raggiungimento degli obiettivi 20-20-20 del cosiddetto pacchetto clima-energia su emissioni, rinnovabili ed efficienza energetica.

Da tale verifica emerse che stando al trend di allora non saremmo riusciti a ridurre del 20% i consumi di energia al 2020.

Questo è stato quindi il driver che ha dato luogo alla stesura di questa nuova direttiva, sicuramente molto incisiva dal momento abbraccia tutta la filiera energetica, ma anche molto complessa, data la difficile interpretazione di alcuni articoli chiave.

Per far fronte alle difficoltà interpretative note sin da subito, sia alla Commissione, che al comitato incaricato di sovraintendere il recepimento della direttiva - al quale appartengo, si è quindi evidenziata l’opportunità di definire linee guida atte a fornire chiavi di interpretazione più approfondite per il recepimento da parte degli stati membri dei più importanti articoli della direttiva: ristrutturazione degli immobili pubblici, regimi obbligatori di efficienza, audit energetici, riscaldamento-raffreddamento, trasformazione e distribuzione dell’energia.

Queste linee guida sono state da pochi giorni rese ufficiali dalla Commissione e si può quindi procedere al recepimento della direttiva, che dovrà avvenire entro il 5 giugno del 2014. In seguito al recepimento della direttiva da parte degli stati membri ed alla stesura dei primi Piani d’azione nazionali sull’efficienza previsti entro il primo semestre del 2014, la Commissione si riserverà inoltre la possibilità di fissare obiettivi nazionali vincolanti qualora l’obiettivo di efficienza del 20% al 2020 non dovesse risultare raggiungibile, proprio come già avviene per emissioni e rinnovabili.

Ad oggi infatti sull’efficienza sono vincolanti solo le misure da intraprendere, ma non i target da rispettare a livello nazionale.

Quali potrebbero essere le ricadute e gli impatti della direttiva sul sistema energetico nazionale?

Il potenziale della direttiva è molto elevato. La direttiva infatti è trasversale in quanto abbraccia tutti i settori più importanti della nostra filiera energetica. In teoria il suo impatto potrebbe quindi essere molto elevato. L’esperienza ci insegna però che tutto dipende da come uno stato membro recepisce il provvedimento - in genere attraverso un decreto legislativo - ma soprattutto da come esso viene messo in pratica.

Anche in Italia, come negli altri stati membri, il potenziale di efficientamento è ancora elevato e nonostante molto sia già stato fatto (soprattutto nel settore industriale e residenziale), i potenziali da aggredire sono ancora elevati, soprattutto nel settore dei trasporti e nell’edilizia. Ad un buon decreto bisogna quindi affiancare strumenti attuativi efficaci che siano in grado di produrre nel concreto il risparmio energetico auspicato.

In tal senso vorrei citare la nostra normativa nazionale sull’efficienza, ripresa in molti casi come best practice anche a livello comunitario. Si pensi ad esempio al meccanismo dei certificati bianchi, introdotto dal nostro Paese nel 2004, o all’introduzione nel 2007 dei cosiddetti Ecobonus sugli interventi di efficientamento degli edifici, prorogati dal Governo anche per il prossimo anno data la loro importante funzione di rilancio dell’economia e di un settore così importante come quello dell’edilizia. Pensiamo poi all’introduzione del Conto Termico, un nuovo strumento che consente anche alle pubbliche amministrazioni - escluse dal sistema degli Ecobonus destinati ai soli privati - di effettuare interventi di efficientamento. Sulla scia di quanto già fatto, ci auguriamo che il recepimento di questa nuova direttiva faccia da volano per il potenziamento degli strumenti attuativi già esistenti e l’introduzione di nuovi.

In particolare quali sono gli strumenti di sviluppo ed i target previsti dalla direttiva per le tecnologie del teleriscaldamento e della cogenerazione?

Nella direttiva c’è un forte accento sui sistemi di produzione dell’energia in maniera efficiente. Come si evince dagli articoli 14 - “Riscaldamento e raffreddamento” e 15 - “Trasformazione, trasmissione e distribuzione”, la direttiva da una notevole importanza al potenziale della cogenerazione ad alto rendimento, del teleriscaldamento e del teleraffreddamento considerando la produzione combinata di energia e calore una priorità assoluta.

Non bisogna infatti prestare attenzione solo all’efficienza della produzione elettrica, ma anche a quella della produzione termica combinata a quella elettrica. In tal senso, tra le principali novità che verranno introdotte dalla direttiva vi sarà l’obbligo per tutti gli stati membri di effettuare, a partire dal 5 giugno 2014, una valutazione del potenziale nazionale di cogenerazione ad altro rendimento, teleriscaldamento e teleraffreddamento.

Ogni Paese dovrà quindi determinare l’effettiva diffusione di queste tecnologie, incrociare domanda ed offerta, nonché stabilire se vi sono bacini sfruttabili di utenza del calore a ridosso di insediamenti industriali, di siti scelti per l’installazione di nuovi impianti, oppure di impianti esistenti da rinnovare o potenziare. Il passo successivo che ogni stato membro dovrà compiere sarà effettuare una valutazione costo/benefici perché la direttiva non impone solo di recuperare il calore a qualunque costo, ma richiede che venga rispettato un criterio di cost effective procedure, che valuti anche la convenienza tecnico-economica.

I vari governi dovranno quindi fare una valutazione di tipo economica che presti attenzione a diverse variabili tra cui anche quelle sociali ed ambientali, la cosiddetta ambientalizzazione dei costi. Mentre agli operatori spetterà il compito di effettuare un’analisi finanziaria e qui veniamo al secondo aspetto innovativo della direttiva.

Dal 5 giugno 2014, ogni nuovo impianto di produzione di energia termica con potenza superiore a 20 Megawatt (od anche in caso di rifacimento di impianti esistenti di medesima potenza), sarà sottoposto ad un’analisi costo/benefici da parte degli operatori al fine di determinare se in quel sito il calore residuo generato dall’impianto possa essere utilmente recuperato o meno. Il risultato sarà quindi vincolante ai fini dell’autorizzazione da parte dell’autorità preposta.

Si tratta quindi di una grossa sfida per tutti, che mira ad incrociare i dati prodotti dalla valutazione del potenziale nazionale fatta da un organismo pubblico con l’analisi costo/benefici a carico degli operatori propedeutica all’installazione di nuovi impianti o all’ammodernamento degli esistenti.

Ad accrescere ulteriormente la centralità che la direttiva da al calore residuo vi è infine un terzo aspetto innovativo che impone l’obbligo di assimilare l’energia elettrica prodotta dagli impianti di cogenerazione a quella prodotta da fonti rinnovabili garantendo quindi all’energia prodotta un dispacciamento prioritario al pari delle fonti rinnovabili, fatte salve le esigenze di sicurezza del sistema elettrico nazionale.

In che modo le future innovazioni nel teleriscaldamento, pensiamo ad esempio all’impiego integrato di pompe di calore e cogenerazione, potranno influenzare lo sviluppo delle Smart City?

A livello nazionale sappiamo che la climatizzazione invernale assorbe quasi un terzo dei consumi totali di gas: è quindi evidente che il teleriscaldamento sia uno strumento fondamentale per poter avere efficienza energetica, soprattutto negli ambiti urbani che assorbono ben due terzi dei consumi energetici totali.

Per l’evoluzione di una città in un’ottica smart il passaggio ad una rete di teleriscaldamento sembrerebbe essere una necessità, anche al fine di poter utilizzare fonti rinnovabili il cui calore residuo verrebbe altrimenti disperso, pensiamo ad esempio ai rifiuti solidi urbani ed alle biomasse. Il paradigma città più smart + reti di teleriscaldamento alimentate da fonti rinnovabili sarebbe quindi un'ottima linea di intervento soprattutto se si pensa che ad oggi nelle città la maggior parte del calore di riscaldamento viene erogato tramite caldaie o mono utente o mono edificio con un impatto non positivo sull’efficienza energetica.

Bisogna però considerare che la creazione di una rete di teleriscaldamento prevede una pianificazione urbana complessa ed importanti impatti sulle infrastrutture urbane. Non è quindi un’operazione che si possa realizzare in breve tempo. Proprio per questo la direttiva reputa essenziale il peso delle città nella valutazione del potenziale nazionale della tecnologia del teleriscaldamento. Tale potenziale andrà quindi intersecato con i dati del territorio per verificare effettivamente la possibilità concreta di realizzare delle reti alimentate da impianti di teleriscaldamento cha garantiscano anche efficacia economica ed infrastrutturale.

Marcello Capra
Dipartimento per l’Energia del Ministero dello Sviluppo Economico

Fonte: www.orizzontenergia.it




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