martedì 13 luglio 2021 - Alberto SIGONA

EURO 2020: l’Italia Campione d’Europa dopo 53 anni

Dopo 53 lunghi anni l'Italcalcio ritorna Campione d'Europa. Nella Finale di Londra gli azzurri hanno superato ai rigori il temibilissimo ostacolo Inghilterra.

Annuntio vobis gaudium magnum

 HABEMUS EUROPAEUS

È stato il trionfo di una Nazionale sobria e concreta che il ct R. Mancini, nel volgere di soli 4 anni, è riuscito a far rinascere dalle proprie ceneri.

Quando nel 2017 l'Italia perse il treno per il Campionato del Mondo di Russia, tornando mestamente a piedi verso il covo della ignominia, un po' tutti fummo concordi nell'attribuire a quel fallimento epocale il sinistro presagio di un lungo periodo lugubre che avrebbe dovuto vedere la nostra Nazionale cadere nel precipizio della propria storia. La sensazione comune era che avremmo impiegato un bel po' di tempo (magari qualche era!) prima di rivedere il calcio azzurro sull'arena della beatitudine. Del resto quando si tocca il fondo delle proprie facoltà, il rientro in auge in genere richiede un lungo e paziente processo di rinnovamento, e l'intero movimento calcistico nostrano sembrava zeppo sino al midollo di deficienze di vario genere, sì tanto da richiedere un'elaborazione approfondita ed estenuante di tutto il sistema. Forse, alla luce di quanto avvenuto oggi, il nostro calcio non era messo poi così male, ma di certo occorreva qualcosa e qualcuno che lo rimettesse in sesto. Quando Roberto Mancini arrivò al timone dell'Italia, trovò un transatlantico malmesso, idoneo non più alle grandi traversate oceaniche bensì a qualche limitata navigazione, di quelle che tuttalpiù possono costeggiare le terre della mediocrità, e l'equipaggio appariva quanto mai disorientato ed impaurito. Nel volgere di pochi mesi l'ex fantasista della Sampdoria è riuscito a riportare agli antichi fasti quello che a tutti gli effetti sembrava non tanto una nave transoceanica ma una mini imbarcazione da diporto. E lo ha fatto in maniera discreta, senza rivoluzioni particolari o mutamenti drastici, direi in modalità silenziosa, apportando giusto qualche miglioria qua e là, guardandosi bene dal prodigarsi in certi repentini stravolgimenti, che avrebbero potuto innescare traumi dagli effetti a lungo termine. Mediante una sorta di “rivoluzione della semplicità” (in proposito amo citare che Fabrizio Caramagna un giorno asserì che “la semplicità è una ricerca dell’essenza, e l’essenza non è mai banale”), la Nazionale è così diventata una compagine dal gioco essenziale, semplice (ma non semplicistico) ma efficace, una squadra bella a vedersi nel senso più genuino ed elementare del termine. Zero tatticismi esasperati (ed esasperanti, per lo spettatore s'intende), zero ossessioni da prestazione, zero stress da risultato, zero paure. Soltanto tanta umiltà, tanto impegno, tanta abnegazione ed una dose considerevole di passione.

Sicchè il trionfo azzurro che attendevamo da ben 53 anni (l'ultima apoteosi europea fu ottenuta nel remoto 1968: era l'anno della scomparsa del cosmonauta sovietico Jury Gagarin e della morte di San Pio da Pietrelcina) non è riconducibile a chissà quali alchimie o ad occulte pratiche esoteriche. No e poi no. Il secondo Titolo Europeo della nostra storia (che poi sarebbero 4 se conteggiassimo - non vedo perché dovremmo ignorarli - i due successi in Coppa Internazionale del 1930 e 1935: il tempo se ne va ma gli allori restano al loro posto...) è stato l'elogio della naturalezza, della sobrietà e dell'audacia, per delle qualità che non sono mai mancate, nemmeno nei momenti più delicati del torneo, permettendoci di disputare una manifestazione quasi perfetta. Blindati in difesa, con Leonardo Bonucci e nonno Giorgio Chiellini (per il capitano è stato un Europeo da Pallone d'Oro) che hanno toccato l'acme delle proprie attitudini, consacrando agli dei (quasi fuori tempo massimo, per via dell'età anagrafica) una carriera sontuosa, a cui però sin qui era mancato l'acuto più vibrante (sia col proprio club che con la Nazionale); encomiabile anche il giovane portiere Gigio Donnarumma, che con i 2 rigori parati in Finale nella lotteria conclusiva è già diventato una divinità da contemplare ed adorare. Non proprio trascendentali gli altri due reparti, in cui se non altro siamo stati laboriosi ed instancabili. E pazienza se in creatività e lungimiranza tattica non siamo stati dei mostri, e se F. Chiesa è risultato l'unico artista in gruppo di onesti artigiani. Nonostante i nostri comprensibili limiti abbiamo disputato sin dal principio un signor Europeo (il cui livello generale, è giusto ricordarlo, non è stato però dei migliori, e gli exploit di outsider come Danimarca e Svizzera - quest'ultima capace addirittura di abbattere le aspirazioni dei campioni del mondo francesi - lo testimoniano...), superando agevolmente il girone eliminatorio (3 vittorie su 3), quindi agli Ottavi abbiamo fatto fuori, pur soffrendo, le velleità austriache, per poi, ai Quarti, avere ragione, non senza patemi, del Belgio di Lukaku, che alla vigilia della kermesse veniva dato tra i favoriti per il successo finale. Ma la vittoria più faticosa sarebbe arrivata contro la solida Spagna, eliminata soltanto ai rigori (fermando a 13 le nostre vittorie consecutive - un record -, che duravano dal rotondo 4-0 rifilato in amichevole all'Estonia), dopo l'1-1 maturato in 120 minuti interminabili.

 

I LEONI INGLESI DOMATI

In Finale contro l'Inghilterra, dopo lo shock iniziale del gol subito da Shaw (è il caso di dire che... the Shaw must go on) dopo appena due minuti dal via (causato da disattenzione del napoletano Di Lorenzo, anello “debole” della difesa: ma anche il suo rimane un torneo di alto livello, anche se non equiparabile ai suoi colleghi divini Bonucci e Chiellini), siamo riusciti subito a ricomporci, emergendo lentamente dai tentacoli inglesi, prendendo le misure ad un team che giocava coi favori del pubblico di casa...e dei pronostici (quasi tutti per Kane e compagni). Quindi nel 2° tempo abbiamo iniziato a tessere una manovra lunga ed avvolgente, senza strafare, ma garantendoci perlomeno il prezioso possesso del pallone, con qualche sporadica escursione offensiva. Poi, dopo il pari di Bonucci (lesto in mischia a raccogliere il rimpallo del palo colpito da Verratti) – il primo giocatore in questa rassegna a violare su azione l'ermetica retroguardia britannica – l'Italia ha decisamente preso il sopravvento, mantenendo la supremazia territoriale per quasi l'intero prosieguo del match, sino ai fatidici tiri dal dischetto. E lì, dagli 11 metri, si sarebbe consumata la “tragedia” inglese, che avrebbe ispirato William Shakespeare (l'astinenza dell'Inghilterra dall'empireo del football si sta facendo imbarazzante). È lì, dagli 11 metri, dopo aver sperato, trepidato e temuto, che siamo riusciti a domare i leoni. È li che siamo rientrati nella storia, proiettandoci nella beatitudine eterna.

 

Fra i giocatori messisi particolarmente in luce in questo torneo, a parte le già incensate superstar italiane Donnarumma, Bonucci e Chiellini (candidati a salire agli onori dell'altare), non possiamo non citare il bomber per antonomasia, quel Cristiano Ronaldo che a 36 anni non vuole saperne dal divorziare dalla gloria. CR7 non è riuscito nel bis europeo ma il lusitano si può comunque consolare per esser diventato il leader storico dei marcatori del Campionato d'Europa (14 reti, sorpassato M. Platini); per esser diventato il primo giocatore a segnarvi in 5 differenti edizioni; per esser diventato il principe dei golaedor fra Europei e Mondiali (21 centri, superato M. Klose); per esser diventato il più prolifico cannoniere al Mondo di una Nazionale (109 marcature, ex aequo con l'iraniano Alì Daei); per aver sfondato il muro degli 800 gol in carriera (gli ultimi 3 primati li ha stabiliti in un unico match, quello pareggiato 2-2 con la Francia). Direi che come premi di consolazione non c'è male. Infine un pensiero va rivolto al centrocampista della Danimarca (e dell'Inter) C. Eriksen, che a momenti nella partita d'esordio della sua Nazionale (contro la Finlandia) ci lasciava le penne, per una disavventura che ha commosso il Mondo, facendo passare in secondo piano gol, vittorie e quant'altro...

 

Alberto Sigona




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