venerdì 31 dicembre 2010 - Trilussa

E quella bambina che a Babbo Natale ha chiesto un lavoro per i genitori

Auguri di un buon 2011.

Mi sono domandato cosa poter chiedere all’anno nuovo, quel 2011 che sembrava così lontano nel tempo e che veniva spesso scelto nei vecchi film di fantascienza come immagine del futuro.

Un futuro che immaginavamo colmo di benessere per tutti, con auto che viaggiavano silenziose e non inquinanti su belle strade sopraelevate, trasportando passeggeri senza dover ricorrere alla guida, volteggiando fra grattacieli abitati da famiglie felici, fra gli agi di case riscaldate, silenziose e tranquille, con tutti quei comfort moderni e sofisticati che si stanno piano piano già fin da ora accumulando nei nostri privilegiati salotti.

Un mondo quindi popolato da individui che vivevano felici e in pace e dove naturalmente, per necessità di racconto, succedeva sempre qualcosa che lo metteva in crisi ma l’eroe di turno con grande coraggio e grandi rischi personali (e grandi effetti speciali) riusciva fortunatamente a difendere quel mondo dorato, sconfiggere il criminale e ripristinare la pace e la concordia mondiale.

Ecco, ora nel 2011 ci siamo ma di tutto quello promesso si vede ben poco.

Le strade, ad esempio, sono rimaste a piano terra e sono sempre più ingombre di auto.

A Palermo, la città che compete sempre con altre città del Sud per i peggiori primati, sono state calcolate 100 auto per 100 abitanti, una auto a testa, anche per i neonati, e chi ha guidato l’auto a Palermo se lo poteva anche immaginare. I sistemi di guida sono rimasti manuali ed il rischio di incidenti mortali, pur con il costante miglioramento della sicurezza delle automobili, è aumentato di molto a causa della presenza sempre più frequente sulle strade di ubriachi e drogati che dopo ogni strage se la cavano ancora con pochi mesi di galera o con una semplice condizionale e sospensione della patente.

I grattacieli esistono, e ne vengono progettati anche di nuovi, per quella idea dello sviluppo abitativo delle città dove sono inopportunamente concentrati tutti i servizi pubblici, mentre alle campagne prossime alle città vengono lasciati i Centri Commerciali. Centri sempre più numerosi e sempre più grandi, che oramai prendono il nome di Cittadelle a causa della loro grandezza, e che trasformano il territorio, un tempo ambiente privilegiato per una fiorente vita di relazione, in un ammasso informe di edifici anonimi per anonimi cittadini oramai rinchiusi e prigionieri delle loro trasmissioni televisive preferite.

Le famiglie felici come in quella ideale rappresentazione del futuro invece esistono.

Da noi, in Italia sono facilmente identificabili: fanno parte di quel 10% di italiani che detiene il 45% della ricchezza nazionale. Oltre che vivere felici vivono anche tranquille perché al momento pare che nessuno abbia intenzione di tassare in un modo almeno congruo le loro rendite e i loro capitali. Le risorse della nazione rimangono ancora saldamente in mano, (se si può dire cosi!) ai lavoratori a reddito fisso e ai pensionati il cui contributo, tratto alla fonte, non può sfuggire alle maglie del Fisco.

Per altre felicità ho invece i miei dubbi.

Felici sembrano con tutti quei sorrisi da gossip le divette, attricette, letterine, tronisti e simili che pullulano nelle nostri reti televisive, ma un sorriso davanti alla telecamera non fa primavera. L’enorme quantità di interventi di chirurgia estetica a cui si sottopongono oramai tutte le dive, e a tutte le età, anche quando la bellezza si identifica ancora con la giovinezza, la dice lunga sulle difficoltà a rimanere in quel mondo solo apparentemente dorato. Un mondo spietato e arido dove non contano amicizia e stima ma solo raccomandazioni, compagni di letto e amicizie politiche.

Lo testimoniano anche le cadute in depressione e in abuso di sostanze di molti di questi personaggi che in apparenza dovrebbero condurre vite felici e assai lontane dai problemi che attanagliano giornalmente i comuni cittadini.

Felici non possono esser nemmeno le tante famiglie in difficoltà economiche perché magari improvvisamente il babbo o la mamma si sono trovati senza lavoro, o sono stati posti in cassa integrazione. C’è un esempio di questa estrema difficoltà, un esempio tenero e allarmante insieme, una vicenda reale accaduta giorni fa.

Sul palco si alternano i bambini di una scuola a leggere la letterina in cui chiedono doni a Babbo Natale: la bambolina, il giochino elettronico, la maglia dell’Inter. Poi tocca alla bambina, che io immagino carina nel suo bel vestitino azzurro, che si avvicina al microfono e con la sua vocina da bimba chiede non un giocattolo per se, come gli altri, ma un lavoro per mamma e papà!

Cosa chiedere quindi a questo anno che doveva esser futuro e che invece non sembra altro che un brutto prolungamento del vecchio presente?

C’è forse speranza nella politica?

L’anno si è chiuso con risse, accuse, scontri e dissapori in entrambi gli schieramenti. Il paese è sconcertato, i cittadini si allontanano a frotte dalla politica, il qualunquismo sta tornando a valori allarmanti ed è sempre più difficile non solo scegliere ma soltanto partecipare.

Forse la cosa sensata da chiedere per il nuovo anno è semplicemente che i nostri rappresentanti si dimentichino almeno per un anno dei loro partiti, interessi, correnti e prendano finalmente coscienza della gravità, della drammaticità della situazione del nostro Paese, della difficoltà delle famiglie, del disagio dei nostri giovani. Che in qualche modo cerchino di colmare la distanza sempre crescente che si frappone fra loro e il popolo che dovrebbero rappresentare. Che smettano finalmente di occuparsi degli affari propri per affrontare finalmente gli affari di tutti.

Secondo il grande poeta Esiodo, Zeus aveva affidato a Pandora, la prima donna forgiata da Vulcano, un otre che non doveva essere aperto perché conteneva tutti i mali. Ma Pandora, per troppa curiosità, lo scoperchiò e i mali si diffusero sulla terra.

Nel vaso, e quindi fra gli uomini, rimase solo un ultima dea: la Speranza, appunto.

 

 




Lasciare un commento