venerdì 25 marzo 2011 - alfadixit

E le stelle stanno a guardare

Non è purtroppo solo il titolo di un film ma anche il triste riassunto della situazione industriale di un paese lasciato alla deriva. Il nostro.

Egr. Sig. Carlo Chionna

Ho atteso qualche giorno affinché calasse il polverone mediatico sollevato da quanto pubblicato sul Corriere, prima di inviarle questa mia, così tanto per scambiare qualche opinione da uomo della strada, quale sono.

Innanzitutto la ringrazio di cuore per l’urlo di dolore, finalmente reso pubblico, per una situazione di inaccettabile incuria in cui versa, non solo il settore della moda, ma l’industria italiana intera. Grazie per il coraggio della provocazione e per la passione alla vicenda che traspare da tutti i pori della pagina. Devo dirle che, pur essendo completamente d’accordo con l’analisi, non ne condivido la prognosi ed i rimedi, benché espressi in tono volutamente enfatico.

Il mercato, oggi più che mai di dimensioni mondiali, premia, infatti, i prodotti che offrono un vantaggio competitivo tangibile, in qualità, prezzo, immagine, più difficilmente per provenienza. La globalizzazione è ormai una declinazione obbligatoria della nostra società e, se ben utilizzata, ne rappresenta anche una portentosa risorsa. Questo mi dice la quotidiana esperienza di lavoro. Il problema vero è che non siamo assolutamente in grado di approfittarne in termini di sistema paese. L’industria italiana contiene in sé un mare di eccellenze in cui siamo maestri indiscussi; tutto il vasto settore della moda e del lusso, certamente, ma, ad esempio, penso anche all’alimentare, alla componentistica meccanica, alle macchine utensili e automazione, al turismo, le imbarcazioni, all’industria dell’arredamento. Ma ha anche un enorme problema legato alle frammentazione e alla dimensione medio piccola delle aziende che, per questa ragione, hanno profonde difficoltà a competere su scala maggiore, a crearsi un’immagine, ad accedere alle risorse finanziarie e alle competenze manageriali, a trovare nel mondo gli spazi che meriterebbero insomma.

Saranno quindi facile preda di coloro che tutto questo lo sanno fare, e molto bene, saranno depauperate le competenze progettuali, creative, produttive, ne verranno cioè decise le sorti secondo interessi diversi, lasciandoci le briciole, anzi le rovine. Non le sarà certamente sfuggito come in questi giorni la maison italiana Bulgari sia stata assorbita dal gruppo francese LVMH, dopo Gucci, Bottega Veneta, e solo per fare un esempio. Il tutto nell’indifferenza più assordante, nonostante, secondo le dichiarazioni dell’AD Trapani, ci sia stato il tentativo di formare un “sistema Italia” del lusso. Sempre secondo Trapani, sia da parte degli industriali del settore, sia da parte delle istituzioni, non vi è stata alcuna manifestazione di interesse. E, caro sig. Chionna, se c’è indifferenza per i nomi di tale calibro, figuriamoci per i piccoli. Per non parlare di Parmalat. Non stiamo parlando di nazionalismo o chiusura preconcetta, stiamo parlando di settori che sono la “punta di diamante” del paese, “il nostro pane” e quello dei nostri figli, settori cioè sui quali dobbiamo puntare con grinta e determinazione, così come altri paesi hanno già fatto nei campi di loro interesse. La sua lettera e la questione Bulgari, Edison, BNL, ecc.. sono due facce della stessa medaglia.

L’incuria, il disinteresse, l’indifferenza, l’incapacità di curare i propri interessi, di coagularsi attorno a linee guida sicure, il tutto nascosto dietro fumose filosofie del libero mercato. La nostra sonnacchiosa società è ormai ripiegata su se stessa, tutta presa da problemi di gossip, di lottizzazione dei media, di giustizia pilotata o di referendum piuttosto che stimolare la ricerca, il business, il lavoro, la cultura, i giovani, piuttosto che sviluppare le enormi potenzialità che ci sono proprie, in altre parole, il sistema paese. Del resto siamo rimasti per mesi senza un ministro dello sviluppo economico, abbiamo una Confindustria debole che non si indigna neppure di fronte alla trascuratezza più sfacciata, cosa potremo mai pretendere? Siamo, purtroppo, passivi osservatori degli eventi, come le stelle appunto, finchè ci rimarrà qualche bagliore da spendere.

Intanto, come sul Titanic, la invito ad un brindisi consolatorio e la saluto con sincera simpatia e cordialità. Arrivederci, o meglio, au revoir.

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Fonti. Milano Finanza 8/3/2011 e intervista del 16/3/2011 a radio24 del Dr. Trapani

Testo del documento del Sig. Carlo Chionna pubblicato su Corriere della Sera del 17 Marzo 2011.

Stiamo demolendo giorno dopo giorno quello che tutto il mondo ci invidia: la moda italiana. Senza l’autentico Made in Italy si parlerà di noi italiani solo per la mafia, la pizza e gli spaghetti. E’ un’offesa alla nostra cultura, alle nostre eccellenze, alla nostra ormai residua credibilità. E’ importante prima di acquistare un capo verificare che sia prodotto interamente in Italia.




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