mercoledì 14 settembre 2011 - alfadixit

E io voglio la Merkel

Un paese, il nostro, bloccato da una politica schiava degli interessi personali, di classe, di partito e dove il grande assente è proprio il cittadino. Uscire da questo vicolo ceco si può, anzi si deve, per la sopravvivenza stessa della democrazia.

Ormai è chiaro a tutti: per il nostro paese ci vuole un papa straniero. Il pantano in cui ci dibattiamo è figlio di una politica bassa, ipocrita, volta esclusivamente all’interesse di partito, non certo a quello del paese. Nessuno vuole sacrificare la popolarità, sull’altare dell’interesse comune. Non si vuole correre il rischio di perdere voti insomma, questo il punto. E’ sotto gli occhi di tutti il parossismo

raggiunto in questi ultimi anni e, per finire, con la recente manovra finanziaria. In questi ultimi anni, si diceva, con un governo intriso come non mai di corruzione e interessi economici, che ha varato provvedimenti “ad personam”, provvedimenti per favorire i ricchi e l’immensa ruberia sociale dell’evasione fiscale. Ne sono la prova l’abolizione dell’ICI sulle prime case, ville e castelli compresi, gli scudi fiscali e i condoni volti a favorire l’occultamento di patrimoni anche all’estero, la depenalizzazione del falso in bilancio, la riduzione delle detrazioni dai redditi da lavoro, l’abolizione della tassa di successione sopra il milione di euro, la strenua difesa dei grandi capitali da una qualsiasi patrimoniale, l’assoluta tutela della “casta”, compresi tangentisti e mafiosi, sono solo alcuni di una serie di provvedimenti iniqui e antidemocratici, fortemente nocivi per la collettività, ma autentico ossigeno per l’elettorato di una parte politica e cioè per piccoli imprenditori, lavoratori autonomi, artigiani, professionisti, faccendieri. Non parliamo poi del processo breve, e questo solo per fare qualche esempio.

E poi l’incredibile balletto della manovra economica, fatta, rifatta, cambiata, risistemata, perfino stravolta varie volte con retromarce e accelerazioni apparentemente senza una logica ma in realtà piegata dalla necessità di accontentare le varie anime della coalizione e il populismo infinito della Lega. Una destra quindi ormai delegittimata, anche a livello internazionale, complice di un governo che, per non danneggiare il Premier, non riesce neppure a dimettersi devastando il paese, una destra sporcata da una pesante questione morale e in preda ad una evidente paralisi.

Per contro la sinistra è fortemente contraria a rimuovere gli atavici vincoli sul lavoro, di produttività e flessibilità in primis, che ci relegano ad essere i peggiori fra i paesi industrializzati, sia nel settore privato, dove lavoriamo in media 1600 ore all’anno contro 2000 negli Usa e con il triplo di assenteismo per giunta, ma soprattutto in quello pubblico. Una sinistra che avrà difficoltà a rimuovere i vincoli sulle pensioni che vedono il nostro paese come il più generoso del globo e per giunta con la più bassa percentuale di popolazione attiva dell’occidente, circa il 6% sotto la media dice Eurostat, giusto per dare qualche numero. Riforme cruciali per riportarci al passo con il resto del mondo, riforme da fare velocemente per giunta, qui ed ora. Una politica, in definitiva, che sembra obbiettivamente incapace di uscire dall’impasse e non si vedono al momento scenari futuri diversi.

Un governo di coalizione che faccia le riforme, quelle vere, è la sola via per un paese che, nella sua storia, nessuno ha mai guidato con autorevolezza e la necessaria decisione, come invece è accaduto in quasi tutti gli altri paesi Europei, e non solo. De Gaulle per la Francia, Koll per la Germania, la Thatcher per L’Inghilterra. A noi è toccato Berlusconi, purtroppo, con tutta la squallida realtà in cui ci dibattiamo. La nostra storia è piuttosto quella di una democrazia fatta certamente di grandi personaggi, ma piena della drammatica assenza di un autentico leader carismatico, permeato dal senso dello stato e sufficientemente incisivo da istradare il paese sui binari corretti. E’ forse per questo che ci siamo ormai definitivamente adagiati sui compromessi, sulle mezze decisioni, sulle non soluzioni, su un equilibrismo di interessi insomma che ci sta portando alla rovina.

Cercasi papa straniero dunque, disperatamente, capace di scelte impopolari ma necessarie, dure ma salvifiche, rapide ma inderogabili. Si vocifera negli eleganti corridoi dei palazzi, si fanno nomi a mezza voce, Mario Monti, Giuliano Amato, il banchiere Alessandro Profumo, Luca Cordero di Montezemolo o addirittura Giorgio Napolitano. E io propongo la Merkel, prossimamente libera da impegni ci costerà meno, ma molto meno di Pato. Non sarà forse la Carfagna, e neppure la Minetti, per fortuna nostra, ma in quanto a risultati non ho dubbio alcuno.




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