venerdì 10 luglio 2015 - angelo umana

E’ arrivata mia figlia

Letto da qualche parte: “L’idea che una persona benestante debba vivere secondo i canoni tradizionali attribuiti dalla nostra società è veramente indecente”. Tutta l’indecenza di vivere così è mostrata nel film E’ arrivata mia figlia o, titolo originale, Que Horas Ela volta?: la regìa ha reso perfettamente odiosi i genitori ricchi di Fabinho, cresciuto in casa sua da Val, la governante al loro servizio da tanti anni. Vieni a sparecchiarePuoi portarmi un bicchiere d’acqua?, Voglio un guaranà, Mi porti il mio gelato per favore?, Accendi le luci della piscina, Val: è indecente in effetti che persone agiate si disabituino a fare le cose più umili e elementari.

L’apparentemente amata protagonista Val, è trattata da quei due, Barbara – donna in non meglio specificata carriera che tiene molto alle apparenze e allo scintillìo del mondo dei media – e Carlos – ricco ereditiero che ha abbandonato l’arte della pittura e vive una “non vita” silenziosa e reclusa in casa propria, senza desideri né sprazzi – è trattata da persona di seconda classe come si confà ai servi, finché servono e non travalicano il proprio ruolo. Questi canoni arriva ad abbattere Jessica, la figlia che Val non vede da dieci anni e che improvvisamente le piomba nella casa dei padroni, a Sao Paulo, decisa a iscriversi con successo alla facoltà di architettura.

Diventa un elemento d’interesse in quella casa, sovverte i ruoli: il circa cinquantenne Carlos sembra rianimarsi. Con lei si confida, Tutti mi dicevano che ero qualcuno (nella pittura), Ho smesso di dipingere quando ho smesso di fumare (e fuma di nascosto dalla moglie) e, ancora, Tutti ballano qui ma sono io il dj (colui che sostiene quel benessere). Fatale è che Fabinho cerchi di avvicinarsi a lei, è un coetaneo e vorrebbe pure perdere la sua verginità. La figlia della cameriera che si siede al tavolo dei padroni, a questo invitata da Carlos, o che si fa il bagno nella loro piscina, inaudito per mamma Val, la quale pensa sia inevitabile che Quando nasci sai già quello che puoi e non puoi fare (stare al posto assegnato alla nascita). Quella ragazza molto attenta e sicura di sé ha semplicemente abbattuto le barriere. Tutto avviene sotto gli occhi gelosi dell’isterica Barbara, che in realtà non ha mai comunicato molto né col marito né col figlio.

Fin qui la commediola della regista Anna Muylaert, pluripremiata e divertente, molto semplice, con conclusione finale amorevole e di giuste soluzioni che prescindono dalle convenienze economiche. L’eterno confronto tra classi - tipo Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto della nostra Lina Wertmüller con la Melato e Giannini, era solo il 1974 - e l’insulsaggine delle barriere sociali. Non si smette mai di meravigliarsi che persone più povere vivano sorridendo e persone che invece sembrano aver soddisfatto tutti i bisogni primari siano eternamente tristi e ansiose, ma Dio scrive dritto con righe storte. Le interpretazioni sono perfette, ne è prova che ogni personaggio risulta ben caratterizzato e che lo spettatore si immerga nella storia decidendo subito per chi simpatizzare. Impròvvida e fuori luogo è solo la dichiarazione che l’uomo di mezza età Carlos fa a Jessica, la sposerebbe addirittura, ma è più un’invocazione d’aiuto per essere portato via da quella ricca piattezza.




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